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Incontri del Sabato ciclo B-C
Condotti da Luigi
Bracco
Gv XVII,26:
“Ed io ho fatto loro conoscere il tuo nome e lo farò
conoscere ancora affinché l’amore con cui mi hai amato sia in essi e io in loro”
ciclo B - presso Casa di Preghiera:
(04.06.1988)
Nino:
Penso che Lui dica “lo farò conoscere” perché è
una cosa che va in crescendo.
Luigi:
E intanto fa capire che l’amore dipende dalla conoscenza, perché c’è quell’affinché.
Nino:
Qui dice anche il fine a cui dobbiamo giungere. Ad un certo punto identifica la
conoscenza con l’amore, la conoscenza diventa amore; fino a che noi arriviamo a
vedere l’amore con il quale Lui ama suo Figlio, cioè ci vediamo amati nello
stesso modo.
Paola:
Quando Gesù dice “Vi riconosceranno
nell’amore”, vuol dire “vi riconosceranno per la
conoscenza”?
Luigi:
Dalla conoscenza che uno ha. L’amore vero è conoscenza. Tu non puoi amare una
persona o una cosa che non conosci. Nello spirito la conoscenza della verità è
amore. Lo Spirito Santo, che è Spirito di verità, è Spirito d’amore. L’amore
è permanenza in una conoscenza, infatti si ama per permanere con-.
Conosco una certa persona,
voglio restare con quella persona. Ecco, l’amore è desiderio di restare in un
conosciuto.
Delfina:
Conoscere il nome non è solo la distinzione tra una persona e l’altra?
Luigi:
Per quello basta andare all’anagrafe.
Delfina:
E’ penetrazione dell’esistenza, qualcosa che richiede un approfondimento
continuo.
Luigi:
Il nome è soltanto un segno, bisogna arrivare alla realtà, a quello che un
essere è. Noi non siamo, Dio è. Noi siamo nella misura in cui
partecipiamo a quello che Dio è, e noi partecipiamo nella misura in cui
conosciamo.
Se tu vuoi essere devi
conoscere Dio, perché Dio solo è. Nella misura in cui conosci Dio partecipi e
quindi anche tu sei. Noi non dobbiamo mai dire: “io sono”. Noi non siamo,
solo Dio è. Dobbiamo sempre partire da “Dio è - Tu sei” e dobbiamo
ringraziare il Signore che ci dà la possibilità di dire: “Tu sei”, perché è una
grazia immensa il poter dire “Tu sei”, anche se non ce ne rendiamo conto. “Noi
siamo” nel momento in cui diciamo “Tu sei” e allora dovremmo dirlo dalla
mattina alla sera questo “Tu sei”. Più diciamo “Tu sei” e più partecipiamo
di quello che Lui è.
Rina:
“L’amore
con cui mi ami sia in essi ed io in loro”,
c’è lo Spirito Santo.
Luigi:
Lo Spirito Santo è spirito di Verità e qui Lui annuncia, promette questo
Spirito. Ma lo Spirito si riceve solo quando noi siamo là dove il Figlio è,
perché lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. Quindi bisogna
arrivare al Padre, al Figlio e poi dal Padre e dal Figlio si riceve lo Spirito
Santo.
Rina:
Un’unione di pensiero con Gesù.
Luigi:
Sì, perché noi non possiamo pensare al Padre se non siamo uniti al Figlio,
perché se pensiamo al Padre, lo pensiamo con il pensiero del Padre e il
pensiero del Padre è il Figlio. Da questa unione tra il Padre e il
Figlio procede lo Spirito Santo.
Rina:
L’unione di pensiero con Gesù significa pensare a quello che Lui pensa?
Luigi:
Si. Se, ad esempio, vogliamo essere con la Madonna, dobbiamo essere con il
Figlio, cioè là dove la Madonna ha il pensiero, e il pensiero della Madonna
è il Figlio. Se noi diciamo di amare e pensare la Madonna, ma non pensiamo
a ciò cui pensa la Madonna, è tutto un fatto sentimentale: non siamo né con la
Madonna, né con il Cristo. Se vogliamo essere con una persona dobbiamo essere
là dove quella persona ha il pensiero, dove vive con il pensiero; altrimenti
siamo con l’abito della persona e non con lei.
Rina:
Il pensiero di Gesù è il Padre.
Luigi:
Soltanto se noi siamo con il Padre, siamo anche con Gesù; altrimenti è un
rapporto sentimentale.
Pinuccia
A: Il progetto che Dio ha per la creatura è immenso, e noi tante volte non lo
consideriamo.
Luigi:
Tutti i guai derivano da questo: noi andiamo ad elemosinare i soldini e abbiamo
i miliardi a disposizione, in quel tesoro che Dio ci dà, nel suo Pensiero.
Giovanna:
L’amore è una conseguenza della conoscenza, però per impegnarsi nella
conoscenza deve già esserci un certo interesse.
Luigi:
L’iniziativa è sempre di Dio, se Dio per primo non ci pensa, noi non
possiamo pensarlo. Se tu pensi Dio è perché Dio per primo ha pensato te, se
tu sei attratta da Dio è perché Dio per primo si è reso presente, si è fatto
conoscere in qualche modo; se tu ami è perché Lui per primo ti ha amata,
altrimenti non potresti.
Noi siamo creature e come
tali possiamo soltanto fare in base a quello che riceviamo. Se ci accorgiamo di
non essere capaci d’amare, è inutile provare a fare ginnastica o allenarci per
imparare ad amare, dobbiamo conoscere di più. La conoscenza viene per un atto
di giustizia, perché Lui è il Creatore. Dobbiamo aumentare la conoscenza di
Dio, e la conoscenza ce l’abbiamo, perché Lui ha parlato. Dobbiamo imparare
tutte le sue parole; meditarle e custodirle: più le meditiamo e le custodiamo,
più conosceremo Dio e più saremo entrati nell’amore.
Giovanna:
Lui mi dà già un amore gratuito.
Luigi:
Tutto è gratuito, però richiede la partecipazione da parte nostra. Tutto è gratuito
perché quando arriviamo a conoscere Dio per grazia di Dio è un dono gratuito,
non è per merito, perché magari uno è intelligente e l’altro no.
Amalia:
“Il tuo
nome” sarebbe l’Essere?
Luigi:
Si, quello che il Padre è. Il nome è un segno di quello che l’altro è. Il nome
ce lo dà l’anagrafe, ma è un fatto convenzionale. Il vero nostro nome è la
conoscenza che abbiamo di Dio. Ognuno sarà conosciuto per quel tanto di Dio
che conosce, quindi è il pensiero che portiamo in noi.
Ognuno sarà conosciuto per il
pensiero di Dio che porta in sé; è quello che ci caratterizza: uno trenta,
l’altro sessanta, l’altro novanta, l’altro cento.
Siccome c’è questa partecipazione, questa dedizione, ognuno avrà questo nome.
Il nome sarà Dio che lo dà. Il nome è la pietruzza bianca (dell’Apocalisse), che
viene data ad ognuno personalmente nel segreto.
Alle vergini stolte Lui dice:
“non vi conosco”, a
coloro che gli dicono: “abbiamo mangiato alla tua
mensa, ti abbiamo ascoltato parlare e predicare nelle piazze”,
risponde: “non vi conosco”.
Ognuno sarà conosciuto per quello che avrà conosciuto, e quello sarà il
vero nome. Ma se noi non avremo conosciuto, Lui non ci conoscerà. Il Padre ci
conosce soltanto nella misura in cui siamo in suo Figlio.
Franca: ”Ho fatto conoscere il tuo nome”, corrisponde al fatto che Lui ci ha
dato la possibilità di conoscere il Padre?
Luigi:
No, corrisponde al suo parlare. Lui parla solo del Padre. Lui in tutto parla
del Padre: “Padre
ho glorificato il tuo nome”, dice a
conclusione della sua vita. Ha fatto “solo” quello.
Franca:
Qui non si può parlare al presente.
Luigi:
Nel pensiero del nostro io c’è il passato. Noi non siamo il presente, Dio è
il presente, noi siamo passato e futuro.
Franca:
Gesù ha detto: “ho fatto conoscere il tuo nome e lo farò conoscere ancora”.
La prima conoscenza è quella per fede?
Luigi:
No, è per farci capire che soltanto nella conoscenza c’è l’amore. L’amore è
effetto della conoscenza. “Lo farò conoscere affinché”,
il problema è tutto quell’affinché.
La conoscenza ci viene soltanto per mezzo del Figlio perché soltanto Colui che
conosce ci fa conoscere, se non conosciamo il tedesco, non possiamo farti
conoscere il tedesco.
Ognuno può comunicare
soltanto quello che conosce. La conoscenza del Padre ce
l’ha soltanto il Figlio, quindi solo il Figlio ci può far conoscere; e man mano
che ci fa conoscere aumenta in noi l’amore, altrimenti si resta tagliati fuori,
chiusi fuori a fare la lagna, “Signore aprici”.
Franca:
“Affinché
l’amore…” è il rapporto tra Padre e
Figlio, quindi lo Spirito Santo. Il fatto che conosceremo in base alla nostra
dedizione, trenta, sessanta, novanta, non mi piace perché sa di misura…
Luigi:
Hai mai letto la parabola del seminatore?
Franca:
Ma lì parlava in parabole, qui parla apertamente.
Luigi:
Guarda che qui parla ancora in parabole. La verità non dipende da quello che ti
piace.
Pinuccia
B: “Affinché
l’amore con cui mi hai amato sia in essi”;
questo “sia
in essi” si può intendere che
conoscano l’amore con cui Dio li ha amati?
Luigi:
“Sia in essi” è Lui, l’amore è Lui,
l’amore è la presenza. Chi ama è presente, si rende
presente. “Il
Padre vi ama”: cosa vuol dire? Che si
rende presente, si fa pensare, si lascia pensare; una persona che si lascia
pensare da me: lì è l’amore.
Pensieri
conclusivi:
(?): La vita
eterna inizia qui?
Luigi:
Se non inizia qui, non inizia più. La vita eterna è conoscere Dio: o comincia
oggi o non si entra più, si resta fuori, ci si trova a bussare ad una porta
chiusa.
Pinuccia
A: L’unico amore che dobbiamo cercare è quello che Dio ci può dare.
Luigi:
Che ci ha già dato, perché noi non potremmo amare se Lui per primo non ci
avesse amato.
(?):
Siamo fatti per conoscere Dio.
Luigi:
La vita eterna sta lì, la vita eterna è la vita vera, autentica, mentre la
nostra è vita fasulla.
Amalia:
Saremo conosciuti nel Figlio.
Luigi:
Nella misura in cui saremo nel Figlio.
Silvana:
Dio mi invita oggi ad entrare nella vita eterna.
Luigi:
Si, sforzati di entrare!
Franca:
Tutto quello che Gesù fa e dice è perché abbiamo in noi stessi la pienezza
della gioia.
Luigi:
Lui lo fa per questo: “Perché abbiate la vita e
una sovrabbondanza di vita”, Lui non misura i doni,
Lui abbonda come la primavera con i fiori.
* *
*
ciclo C - presso Casa di Preghiera:
Gv XVII,26-I:
“E io ho fatto loro conoscere il tuo nome e lo farò
conoscere ancora affinché l’amore con cui mi hai amato sia in essi e io in
loro”
(20min 57sec)
(05.06.1993)
“E io ho fatto conoscere loro il tuo nome”
Nino: Gesù
ha fatto conoscere il segno di quello che Dio è, perché la conoscenza intera
c'è solo con lo Spirito Santo, e non è ancora arrivata.
Luigi: Ci ha
fatto conoscere il Padre; dice: “Ho fatto
conoscere il tuo nome” non dice “Ho fatto conoscere Te”.
Delfina:
Prima di tutto bisogna conoscere il valore di un nome.
Luigi: Cos’è
un nome?
Delfina: Il
nome è ciò che manifesta una persona.
Luigi: Anche
una cosa, ad esempio una margherita. Il nome sarà un fatto convenzionale, però il
nome è un segno con cui uno distingue una cosa da un’altra. Tutti i nomi
sono convenzionali, ma usandoli distinguiamo uno dall’altro. Il nome di Dio è
il nome che caratterizza Dio e che lo distingue da tutti gli altri esistenti.
Delfina: Ci
fa conoscere il suo Essere.
Luigi: Come
Padre. Solo il Figlio può far conoscere il Padre perché “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me”, il che vuol dire
che anche a livello di nome è solo il Figlio che può comunicare a noi la
caratteristica, il nome del Padre.
Giovanna:
Dicendo “questi” dice “a loro ho fatto conoscere il tuo nome”.
Luigi: Noi
dobbiamo tenere presente che è il Figlio che dice: “Ho fatto loro conoscere il tuo nome”, il che fa pensare che il
Padre non può far conoscere personalmente a noi il suo nome. Il Figlio può far
conoscere, il Padre non può far conoscere. Allora dobbiamo cercare di capire
perché al Figlio è data la possibilità di far conoscere a noi il nome del
Padre.
Giovanna:
Perché Lui è cielo e terra.
Luigi: Il
Padre poi rivelerà se stesso, ma rivelerà se stesso solo là dove c'è suo
Figlio, perché il Padre si rivela solo a suo Figlio. Allora il Figlio forma
in noi quella capacità tale di ricevere dal Padre quello che Lui riceve. “Solo il Figlio conosce il Padre” forma
in noi la capacità di ricevere anche noi la rivelazione dal Padre. Formare
in noi la capacità vuol dire che forma in noi se stesso, in modo che in noi c'è
questa presenza del Figlio; ci siamo noi ma c'è anche la presenza del
Figlio, ed è attraverso questa presenza del Figlio, portata a compimento dal
Figlio in noi, per cui diventa “tutto Pensiero del Padre”, che c'è la
possibilità di ricevere la conoscenza dal Padre del Padre (il Padre solo è
rivelatore di Sé).
Giovanna:
Quindi “Ho fatto conoscere loro il tuo
nome” vuol dire che forma in noi questo Pensiero.
Luigi: Il Pensiero
c'è già, però lo purifica in modo che diventi noi…
Giovanna: …consapevole.
Luigi: No,
la consapevolezza è un’altra cosa. Lo purifica in modo che questo Pensiero in
noi diventi una cosa sola, pensiero unico. In noi c'è il Pensiero di Dio ma ci
sono anche tanti altri pensieri. Ora, questa molteplicità di pensieri rende noi
deficienti. Non possiamo ricevere la conoscenza di Dio nella molteplicità,
perché nella molteplicità c'è la finitezza. Non si può passare dal finito
all’infinito. Però per opera del Figlio, e solo per opera del Figlio, perché
solo il Figlio può dare la vita, si passa dalla molteplicità all’unità.
L’Uno, pensiero
in noi, infinito, perché l’Uno è infinito, mentre la molteplicità è finita. Per
cui tu più aumenti i pensieri e più precipiti nel finito. Più riduci i tuoi
pensieri ad un pensiero unico più vai verso l’infinito, più ti apri
all’infinito. Pensiero unico è pensiero infinito. Pensiero infinito nell’unità
che è infinita, c'è la trasparenza e lì c'è la comunicazione, la possibilità di
conoscere. “Soltanto il Figlio conosce il
Padre”, perché soltanto il Figlio? Perché il Figlio è unigenito, è uno
solo. È necessaria questa unità. Noi siamo figli di tanti, quando uno è figlio
di tanti non può conoscere il Padre.
Antonio: Il
nome indica la persona.
Luigi: Il
nome indica la singolarità; è quello che distingue un esistente da un altro
esistente.
Antonio: Per
quanto riguarda il Signore: “Ho fatto
loro conoscere il tuo nome”, cosa significa?
Luigi: Ho
fatto conoscere loro quello che lo caratterizza, quello che caratterizza il
Padre da tutti gli altri.
Antonio: Si,
ma ha fatto conoscere anche la sua volontà, i suoi desideri, le sue cose, cioè
tutto quello che c'è nel Vangelo. Quello che c'è nel Vangelo non è altro
che…
Luigi: …conoscenza
del Padre, cioè comunicazione del nome del Padre.
Antonio: Il
Signore ha voluto farci conoscere quella parte di sé che riguarda noi.
Luigi:
Attraverso suo Figlio si è fatto conoscere.
Antonio:
Loro non lo sapevano prima che Gesù glielo dicesse, e adesso si è rivelato. Si
è rivelato vuol dire che prima non si sapeva.
Luigi: Dio
come Creatore è l’Essere che nessuno può ignorare, tutti lo conoscono, tutti
sanno, e quello è il tuo tormento.
Silvana:
Gesù ci ha fatto conoscere il suo nome, non Lui stesso. Quindi c'è differenza
per noi tra conoscere il nome e conoscere Dio.
Luigi: Si,
c'è differenza per noi tra dire “Silvana” e trovarti con Silvana. Uno può dire:
“Oggi ho trovato Silvana”, però Silvana non c'è; dicendo il nome, l’altro
capisce di chi sto parlando. Il nome è una significazione di un esistente in
altro, lontano, da sé.
Ogni
esistente ha il suo nome, come ogni esistente ha la sua voce. Abbiamo fatto
l’esempio dell’acqua: c'è l’acqua e c'è la voce dell’acqua. Cos’è questa voce,
che è poi il nome dell’acqua, è il segno che l’acqua lascia in altro da sé.
Cioè, quando tu senti la voce dell’acqua, non vedi l’acqua, non ce l’hai l’acqua,
però ne senti la voce. Quindi la voce dell’acqua la senti là dove non c'è
l’acqua. Allora vuol dire che ci sono altri corpi, altri esistenti che ricevono
questo rumore, questa voce, e te la ripetono. Tu sentendo la voce dici: “Ah qui
c'è dell’acqua”.
Silvana:
Quindi diciamo che il Figlio ci fa conoscere il nome del Padre in tutto.
Luigi: In
tutto!
Silvana: Ci
fa conoscere che Dio c'è, che opera come Padre.
Luigi: Come Essere
assoluto, come Essere che ha in sé la ragione di tutto, quindi come principio
di ogni luce. L’Essere che ha in Sé la ragione di tutto, l’Essere Assoluto, è
luce perché è principio della ragione, quindi è luce. Per cui ti fa capire che
fintanto che tu non arrivi al Padre, navigherai sempre nelle tenebre, nella
notte, perché navigherai tra cose di cui non vedi il principio. Il Principio è
il Padre, quindi è soltanto presso il Padre. Per cui il Figlio parlando
glorifica il Padre, perché ti riporta tutto al Padre; quindi glorifica il
Padre. Si glorifica un essere in quanto si attribuiscono tante cose a quell’essere;
allora quell’essere è importante perché tante cose dipendono da Lui. Il
Figlio fa dipendere tutto dal Padre e allora glorifica il Padre.
Pinuccia A.:
“Ho fatto loro conoscere il Padre”
questi “loro” sarebbe riferito a “quelli che hanno conosciuto Colui che tu
hai mandato”.
Luigi: Si,
sono coloro che lo hanno seguito. Non ha fatto conoscere al mondo; il mondo non può ricevere.
Pinuccia A.:
Sono coloro che hanno capito che Gesù parlava facendo riferimento al Padre.
Luigi: Certo,
e quello è il nome del Padre.
Domenico: In
questo “Ho fatto loro conoscere il tuo
nome” è già compresa la conoscenza come deduzione, “che tu mi hai mandato”, a cui hai accennato prima?
Luigi: Si,
anche la deduzione “che tu mi hai
mandato” fa parte di questo...
Domenico: …“di aver fatto conoscere il suo nome”.
Luigi:
Perché il Figlio predica il nome. E per intenderci il nome è come la voce di un
essere. La voce di un essere arriva là dove quell’essere non c'è. Ecco il
Figlio, facendo conoscere il nome del Padre, lo porta là dove il Padre non è
presente, non c’è. Quindi chi ascolta il Figlio riferisce tutte le cose al
Padre, perché il Figlio riferisce tutte le cose al Padre. Quindi anche il
Figlio stesso lo riferisce al Padre. Questo è il nome del Padre. Però conoscere
il nome del Padre è come sentire la voce dell’acqua: non è che sentendo la voce
dell’acqua tu ti disseti, in quanto non hai ancora trovato l’acqua. Tu non hai
ancora trovato l’acqua, però sai distinguere la voce
dell’acqua da ogni altro essere.
Domenico:
Però se comprendi questa conoscenza del versetto precedente, “hanno conosciuto che tu mi hai mandato”,
e questi erano coloro che avevano sottomesso tutto al Figlio, certamente
l’acqua in sé non la conoscono ancora, però …
Luigi:
…conoscono il nome! Il nome del Padre non è “Padre nostro”. L’essere del Figlio
glorifica il Padre perché riferisce tutte le cose al Padre, attribuisce tutto
al Padre, anche se stesso; quindi Lui è mandato.
Rita: Il
nome di uno è ciò a cui uno guarda, quindi il Figlio è il nome del Padre.
Luigi: Si,
il Figlio è il nome del Padre.
Pinuccia B.:
Quindi noi possiamo dire di conoscere il nome del Padre nella misura in cui
abbiamo solo il Pensiero di Dio in noi e riferiamo tutto a Dio.
Luigi: In
quanto riferisci tutto a Dio. Il nome del Padre è in quanto tu riferisci
tutto al Padre. Il Figlio glorifica in quanto riferisce tutto al Padre.
Quindi, mentre noi riferiamo tutte le cose alle creature, all’autorità, alle
istituzioni, alla legge, agli uomini, invece il Figlio, in tutto, riferisce al
Padre. È questo il glorificare; perché attribuisce tutto al Padre come in
realtà è, perché tutto viene dal Padre e tutto ritorna al Padre. Tutto! Dicendo
tutto si intende niente escluso.
Pinuccia B.:
Cioè il nome noi lo conosciamo per fede, perché Lui ce lo dice.
Luigi: Non
perché Lui te lo dice. Perché tu lo puoi dire ad un cane, ma il cane non
conosce per fede, quindi non basta dire. Il problema non è dire. “Perché me
l’ha detto io ci credo”, no! Tu prova a dirlo ad un cane, vedrai che il cane
non fa l’atto di fede. E perché non fa l’atto di fede? Non basta che tu glielo
dica al cane! Quindi non basta che ci sia uno che parli, ci vuole ben altro.
Pinuccia B.:
Si, dobbiamo avere il Pensiero di Dio in noi.
Luigi: Porti
già Dio! Cioè, la realtà tu la devi già portare in te per poterla credere,
altrimenti non puoi credere. Infatti se ti parlano di una cosa che tu non puoi
concepire, non puoi crederla, non puoi nemmeno concepirla.
Pinuccia B.:
Il nome del Padre, possiamo dire che è ciò che caratterizza il Padre; ciò che
caratterizza il Padre è “colui che fa tutto”.
Luigi:
Quindi l’Essere che ha in sé il principio di tutto e al quale tutto ha un
ritorno, perché tutto viene da- e tutto ritorna a-. Per cui è Principio ed è
Fine. Il Padre è Principio ed è Fine. Allora vuol dire che ha in sé la ragione
di tutto.
Quindi se tu
vedi un avvenimento, un fatto, generalmente cosa fai? Attribuisci
quell’avvenimento, quel fatto o ad una legge o al caso oppure agli uomini; ma
sono tutte attribuzioni parziali, che tengono fino ad un certo punto; perché
uno si domanda: “Ma perché c'è quel caso? Perché c'è quella legge? Perché
l’uomo ha fatto questo piuttosto che quell’altro? Perché l’uomo è un
delinquente anziché essere un santo?”. E’ tutto un perché al quale non sai dare
una risposta. Invece in Dio c'è il compimento di tutto, c'è la ragione di
tutto, lì c'è il punto luce.
Pinuccia B.:
Quindi è importante riconoscere il suo nome.
Hai detto
che il Figlio può far conoscere il nome del Padre mentre il Padre non può farcelo
conoscere. È semplicemente perché il Padre è totalmente altro, è trascendente,
cioè non si è incarnato, che non può farcelo conoscere?
Luigi: Ma
no! Usi delle parole che non sai nemmeno tu cosa
vogliono dire. Il Padre rivela se stesso
solo a suo Figlio, solo, esclusivo.
Sandra: Nel
nome del Padre, nel nome del Figlio, nel nome dello Spirito Santo. Il nome è
uno oppure sono tre nomi?
Luigi: Ogni
esistente ha il suo nome. Quindi quando dobbiamo distinguere usiamo il
nome, perché il nome serve per distinguere un esistente da tutti gli altri
esistenti. Se dico Sandra, evidentemente non la confondo con Giovanna; sono
nomi convenzionali, perché domani, in cielo, non ti chiameranno Sandra.
Attualmente tu all’anagrafe hai il nome Sandra, se tu dicessi “io sono un
angelo di Dio” non ti capirebbero.
Antonio: In
cielo noi saremo trasformati, spiritualizzati…
Luigi: Si,
però non ti chiameranno Antonio, ti conosceranno per quanto tu conosci di Dio; ognuno
sarà conosciuto per ciò che conosce di Dio.
Antonio:
Però io sarò sempre quell’Antonio, però sarò spiritualizzato.
Luigi: Si,
però cosa vuol dire Antonio? È un nome convenzionale. Ti potevano chiamare
Luigi, Giovanni, è una convenzione tra noi, per renderci facili i contatti, i
rapporti. Ma sostanzialmente tu come ti differenzi da Lui? Il principio di
differenziazione nel cielo di Dio è Dio. Qui ti differenzi da un altro in
quanto hai la barba e lui no, in cielo il principio di lettura, di distinzione
dall’altro è Dio. Allora è solo Dio il punto fisso di riferimento, tu ti
distinguerai da lui per la quantità di conoscenza che hai di Dio. Ognuno ha una
conoscenza che è essenzialmente personale: e quello sarà il tuo nome. È la
capacità di penetrare nel mistero, nella verità, nella gloria di Dio, diversa
da uno all’altro.
Sandra: Il
Figlio ci fa conoscere il nome del Padre.
Luigi: Si,
perché solo il Figlio conosce il Padre. E Lui, il Figlio ha la possibilità
di farlo conoscere a chi vuole. Tu non puoi andare dal Figlio e pretendere:
“Fammi conoscere il nome del Padre!”
no! Il Figlio è libero: fa conoscere il nome del Padre a chi vuole. È
perfettamente libero, per cui ci vuole massimo rispetto, perché sono doni
d’amore. Tu non puoi andare da uno e dirgli: “Tu mi devi amare”, l’altro si mette a ridere. Il Figlio lo può fare,
perché la meraviglia è: chi conosce può far conoscere, può estendere la sua
conoscenza. Però soltanto il Figlio conosce il Padre e il Padre si fa
conoscere soltanto da suo Figlio. Allora, se il Padre si fa conoscere soltanto
da suo Figlio, vuol dire che il Figlio per far conoscere il Padre a te, ti deve
trasformare in figlio come Lui è: pensiero puro del Padre. Lì c'è la
trasparenza.
Pinuccia B.:
Far conoscere il nome del Padre è una cosa, mentre far conoscere il Padre è
un’altra?
Luigi: E lo
credo bene!
Pinuccia:
Allora il Figlio fa conoscere il nome del Padre o fa conoscere il Padre?
Luigi: “Ho fatto loro conoscere il tuo nome”.
Pinuccia B.:
Poco fa hai detto che è il Figlio che fa conoscere il Padre.
Luigi: Sì,
perché dopo dirà: “Viene un momento in
cui apertamente vi parlerò del Padre”.
Franca:
Facendoci conoscere il Padre forma in noi Se stesso?
Luigi: No, forma
in noi se stesso per farci conoscere il Padre, per farci conoscere il
nome del Padre. Se tu prendi un cane e gli parli del Padre, non capisce
niente. Prendi un bambino e gli parli di Dio, capisce qualche cosa. Che
differenza c'è tra il bambino e il cane? La differenza non sta in te che parli,
perché sei sempre tu a parlare. Chi riceve è molto diverso: il cane non riceve,
non può ricevere, il bambino riceve. Dove sta la differenza? Cosa ci deve
essere per poter ricevere? Il Figlio, con l’uomo, ha la possibilità di portarlo
a livello tale da diventare figli di Dio, tutto pensiero del Padre. Parlando a
noi del nome, perché è il nome che caratterizza. Per cui ciò di cui Lui mi
parla, diventa inconfondibile con ogni altro essere, con ogni altro esistente
per cui non lo confondo più.
Franca: La
gloria è ciò che uno è, anche il nome è ciò che uno è?
Luigi: Il
nome è un segno, è ciò che distingue. Dicendo Franca, Sandra, non presenti le
persone, dici i nomi; però già dicendo Franca tu dici un nome che distingue
questa creatura da ogni altra creatura. Se tu senti la voce dell’acqua non la
confondi con lo strofinio delle fronde. Ogni esistente ha il suo nome, come ha
una sua voce. Quel nome, ovunque si dica, caratterizza quella persona, per cui
non la confondi.
Delfina: E
Dio come ci chiama?
Luigi: Dio
ci darà un nome e sarà il vero nome. Dio non ti chiamerà Delfina, non ti
chiamerà Antonio, Dio ti darà il vero nome, e il vero nome che viene da Lui “…ad ognuno Dio darà una pietruzza bianca su
cui sarà segnato un nome che Lui solo conosce” che è quella conoscenza
per cui tu ti senti conosciuta da Dio e ti conosci come Lui ti conosce: quello
è il tuo nome!
Delfina:
Quel nome fin d’ora posso riceverlo attraverso la conoscenza.
Luigi: E lo
ricevi soltanto da Dio, conoscendo Dio tu lo ricevi. È soltanto attraverso un
rapporto personale con Dio che tu puoi conoscere da Dio. Perché si conosce da
Dio. Non puoi riceverlo per battesimo da un altro, non è il battesimo che ti dà
il nome.
Antonio: Tra
gli uomini il nome è ciò che ci distingue.
Luigi:
Certo, se tu dici a Domenico di aver incontrato Franco, lui ti risponde: “E chi
è Franco?”, cioè non può immaginarsi Franco.
Antonio: Ma
se io glielo descrivo può immaginarselo.
Luigi: Hai
voglia! Tu prova a cercare di descrivere un elefante a uno che non ha mai visto
un elefante.
Antonio:
Volevo arrivare a dire questo: il nome di Dio è una fotocopia del Signore,
oppure è una porzione dell’Essere stesso del Signore?
Luigi: No,
non è porzione, perché dell’Infinito non si può fare porzioni.
Antonio: Ma
io mi esprimo in questi termini.
Luigi: In
termini tuoi, se tu dici “Franco”, dicendo “Franco” cosa fai? Fai un rumore, apri
la bocca, muovi l’aria, queste onde dell’aria arrivano al suo orecchio,
provocano altro rumore e lui capisce “Franco”. Ma questo è solo rumore, non è
la persona; però questo rumore, arrivando al suo orecchio, se lui ha presente
Franco, e se la parola “Franco” è associata ad una presenza che lui ha avuto, capisce
di chi stai parlando. Ma la presenza l’ha avuta in quanto lui ha avuto un
rapporto personale con Franco, non perché tu gli hai detto “Franco”. Perché se
tu dici “Franco” ma lui non sa chi è Franco, puoi dire Franco da mattina a sera
e lui non capisce niente. Quello che gli fa capire è quello che lui, Domenico,
personalmente ha avuto di rapporto personale con Franco, non secondo quello che
gli hai detto.
Antonio:
Questo è a livello umano. Però con il Signore secondo me è un po’ diverso. Se
noi siamo riuniti nel nome del Padre, Gesù è in mezzo a noi, cioè essere uniti
nel nome significa essere con la presenza del Signore (c'è la chaquiage); il nome vuol dire qualche cosa della presenza
del Signore, non solo l’immagine.
Luigi: Sì,
tu vuoi dire che in quanto tu pensi c'è già la presenza?!
Antonio: E’
una porzione del Signore.
Luigi: Non
dire porzione, perché questo termine si usa per dire una porzione di arrosto.
Antonio: E’
una partecipazione parziale del Signore.
Luigi: Tu
partecipi al Signore nella misura in cui lo conosci, per cui la tua
partecipazione è sempre personale, tua, differente da quella di un altro.
Perché nel campo della verità, ognuno partecipa per quello che conosce. La
capacità di partecipazione è il vero nome di ognuno. Se in ufficio tu hai
la possibilità di metterci le mani, è quello che ti caratterizza, rispetto ad
un altro che invece è lì ma non sa come muoversi.
“e lo farò conoscere ancora”
Nino: Evidentemente c'è una evoluzione in questa
conoscenza, una crescita.
Luigi: Fino ad un certo livello…
Nino: Fino a quel punto in cui Dio sarà
diventato il più importante; qua avremo già lasciato il nostro io. Però prima
di arrivare a quel punto c'è tanto cammino da fare.
Luigi: Certo, certo! E’ tutto uno sviluppo. È
un esistente che cresce: “E’ necessario che Lui
cresca e che io diminuisca”.
Nino: Pur sempre nella fede.
Luigi: Certo, pur sempre nella fede,
è necessario che Lui cresca e che tutto il nostro mondo diminuisca, non
soltanto il pensiero del nostro io; in modo da vedere Lui in tutto e in tutti,
Lui che parla in tutto e che opera in tutto.
Maria: Ce lo
farà conoscere ancora, poco per volta, se seguiamo Lui.
Luigi:
Certo, se restiamo con Lui, Lui ce lo fa conoscere e ce lo farà conoscere,
perché Lui parla solo del Padre. Quindi è una progressione crescente
all’infinito che diventa vita eterna.
Delfina: Si,
questa continuazione la troviamo nel Vangelo, perché ogni volta, la stessa
frase, ha un significato diverso, più profondo.
Luigi: Cioè,
più tu approfondisci e più ti accorgi che riesci ad approfondire.
Delfina: E’
una cosa infinita, perché nella conoscenza di Dio c'è solo la partenza...
Luigi:
Certo, il resto va all’infinito.
Nino: Quando
hai risposto a me hai detto che è una crescita in proporzione, fino ad un certo
punto; invece adesso hai detto che è una crescita in proporzione fino
all’infinito. Mi puoi spiegare la differenza?
Luigi: Con
te intendevo conoscenza come capacità; perché si forma in noi una capacità che abbiamo
di offrire, per cui abbiamo un nome diverso dagli altri. E questo determina un
certo limite; in quel limite c'è la vita all’infinito, cioè c'è una
comunicazione all’infinito. Una comunicazione che è relativa alla capacità
che si è formata.
Franca: Si
può dire che nel primo “conoscere” ci ha preparati a ricevere la rivelazione
del Padre, poi quando il Padre si rivela, Lui ce lo farà conoscere ancora,
perché il Padre si rivela solo a suo Figlio e in noi ha formato se stesso.
Luigi: Sì,
comunque il fatto è questo: nel cielo di Dio, tutta la conoscenza del Padre
si ha nel Pensiero del Padre, cioè nel Figlio; perché c'è Padre, Figlio e
Spirito Santo. Tutto si conosce nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo.
Franca:
Questo “ancora” vuol dire che è una novità continua che va all’infinito?
Luigi: Sì.
Sandra: Fino
a quando sarà l’unica voce.
Luigi: Si,
fino a quando sarà l’ultima voce, perché in realtà è Lui che parla in tutto e
in tutti. Per cui noi dobbiamo aspettarci che un giorno vedremo il volto di
Dio in tutti. Tutti sono mezzi però è Lui che è in tutto e in tutti, quindi
vedremo il suo volto in tutto e in tutti. Il nostro mondo, il nostro
universo sta progredendo verso questa grande conclusione, “Casa di Dio”, “Città
di Dio”, “Regno di Dio”, Lui che è presente, che parla in tutto; senza
annullare le singole persone, perché Dio non annulla le singole persone.
Giovanna:
Hai detto che per conoscere il suo nome deve essersi formato questo pensiero
unico.
Luigi: Lui
forma in noi il pensiero unico, perché soltanto nel pensiero unico c'è la
possibilità di conoscere l’Essere. Il nome te lo annuncia a tutti i livelli. Tu
puoi parlare di Dio Padre anche ad un cane, il cane sente la voce ma non
capisce niente. Per cui chi dice la parola la può dire a tutti, a tutte le creature,
però la capacità di ricevere è relativa allo spirito che uno porta dentro di
sé. Per cui se uno è un uomo, una creatura umana, ha la presenza
dell’Assoluto in sé, ha la presenza di Dio, allora può ricevere il nome di Dio;
se invece uno non ha la presenza di Dio non può ricevere il nome di Dio. Tu gli
puoi dire il nome di Dio, però l’altro non lo può ricevere, non capisce. Se io
ti dico una parola straniere che tu non capisci, non puoi ricevere, perché non
puoi pensare a cosa vuol dire quella parola. Soltanto colui che ha quella
parola dentro di sé, se la sente dire, la capisce, ma deve averla dentro. Vedi
allora che tutto è relativo a quello che uno ha dentro? Quindi l’importante è
formare questo dentro, in modo che quando si parla di Dio, noi possiamo capire
cosa si dice di Dio; altrimenti non capiamo niente. Per noi sono astrazioni,
non afferriamo, perché non ce l’abbiamo dentro. Ecco perché la comunione è
essenzialmente personale. Per cui ognuno avrà un nome diverso dall’altro,
perché ognuno è fatto capace di capire a seconda di quello che ha
interiorizzato.
Giovanna: Hai
portato ad esempio il cane che non può capire
Luigi: Ho
portato il cane perché è una creatura di Dio, ed essendo una creatura di Dio, e
se Dio ce la presenta, deve servire a qualche cosa. Ed io me ne servo.
Giovanna:
Si, ma adesso, a parte il cane.
Luigi:
Perché? Serve molto il cane.
Giovanna: Il
cane non può proprio capire.
Luigi: Si,
ma il fatto che non possa capire, ci insegna tante cose. Qui abbiamo un cane e
qui abbiamo un uomo; se al cane parlo di Dio, lui non capisce e muove la coda,
perché gli ho rivolto la parola, ma altro non può capire. L’uomo invece capisce
qualche cosa, cosa c'è di diverso? L’uomo deve portare in sé ciò di cui io sto
parlando, perché se l’uomo non lo porta in sé, non può capire ciò di cui sto
parlando.
Giovanna: Ma
tutti gli uomini che portano in sé il Pensiero di Dio, ognuno capisce.
Luigi: A
livello in cui ha interiorizzato.
Giovanna:
Tutti hanno la possibilità di capire.
Luigi: Certo.
Ad esempio: Dio dal suo cielo convoca a sé il demonio dall’inferno, lo convoca.
Se lo convoca vuol dire che il demonio capisce quello che Dio gli dice, che gli
manda a dire. E corre. Se corre vuol dire che capisce, altrimenti non
correrebbe. Quindi, nel demonio c'è la presenza di Dio; Dio si può far sentire
o può comunicare se stesso al demonio e il demonio ubbidisce; “corre” appunto
perché capisce quello che Dio gli dice a quel livello. Se invece lo dicesse ad
un cane, il cane non capirebbe e non potrebbe correre. Al limite può fare un
fischio e allora il cane corre; altrimenti non corre.
Giovanna: Però
questa conoscenza è di chi ha già formato il Pensiero di Dio, no?!
Luigi: Non
“formato”, il Pensiero di Dio c'è, perché se non ci fosse, noi non potremmo
ricevere niente di Dio. Dio formando l’uomo ha posto in noi il suo Spirito. E’
per questa presenza dello Spirito di Dio che è nell’uomo, che l’uomo può
ricevere le comunicazioni di Dio. Quindi c'è una dato iniziale: Dio è
presente nell’uomo; se togliamo Dio dall’uomo abbiamo l’animale, e con
l’animale non si può comunicare.
Giovanna: Sì,
però nell’uomo ci sono anche tanti altri pensieri, e il Figlio di Dio opera per
formare in noi questo pensiero unico.
Luigi: Si
capisce! Quindi nell’uomo abbiamo il Pensiero di Dio, perché è soltanto questa
presenza che lo rende capace Dio di capire il parlare di Dio; e poi ci sono
tanti altri pensieri.
Il Figlio di
Dio parlandoti ti convoca da tutte le tue dispersioni, dai tuoi pensieri
molteplici, che ti impediscono di conoscere Dio, ti convoca e ti raccoglie in
un unico Pensiero di Dio. Man mano che ti raccoglie in questo unico Pensiero,
ti rende molto intelligente nelle cose di Dio; più ti raccoglie più diventi
intelligente.
Antonio: Ha
fatto conoscere il suo nome e ancora lo farà conoscere.
Luigi: L’ha
fatto conoscere e lo farà conoscere: lo promette, è una promessa crescente.
Infatti ti fa capire che la conoscenza di Dio non è finita, è una
conoscenza che cresce, è una progressione che va all’infinito.
Antonio: “Lo
rivelerò” vuol dire che ripete quello di prima?!
Luigi: No,
non ripete. Dio non ripete mai! Noi ripetiamo, Dio non ripete. Dio
integra. Oltre quello che ha detto, dirà dell’altro. Più noi stiamo con il
Figlio di Dio e più riceviamo conoscenza di Dio. Conoscenza crescente, non
ripetuta.
Antonio: Lui
quando dice “cento”, noi afferriamo “dieci”; poi ci ripete “cento” e noi
capiamo “venti”, Lui dice sempre “cento” siamo noi che apprendiamo poco per
volta.
Luigi:
J
noi
apprendiamo poco per volta…
Silvana: Qui
si riferisce alla parola “Apertamente vi
parlerò del Padre”?
Luigi: No,
non ci siamo ancora. Qui parla del nome; c'è differenza tra il nome e il
“parlare aperto”. Perché Gesù dice: “Finora
vi ho parlato in parabole”. Quando dice: “Ho fatto conoscere loro il tuo nome” è ancora un parlare in
parabole. Il termine “Padre” per noi
è parabola. Perché è parabola? Perché sentendo la parola “Padre” tu concepisci
il termine in rapporto alla creatura “padre – figlio”; qui siamo nel campo
della parabola non nel campo dell’Essere Assoluto.
Nel campo
dell’Essere Assoluto, non c'è quella conoscenza che c'è tra Padre e Figlio come
c'è tra noi terreni.
Quindi, quando si passa da una presenza terrena e la si trasferisce nel cielo
di Dio, abbiamo la parabola. “Il
seminatore uscì a seminare…” il seminatore rappresenta Dio, il seme è la
parola di Dio: siamo nel campo delle parabole in quanto si adoperano fatti
terreni che noi vediamo, tocchiamo e sperimentiamo, per significare cose di
Dio; non è conoscenza di Dio. Quindi Lui dice: “Finora vi ho parlato in parabole ma viene l’ora in cui non vi parlerò
più in parabole ma apertamente vi farò conoscere il Padre”. Quel “apertamente” già ci fa intuire, pensare,
che Lui vuole condurci a quella conoscenza che passa tra Padre e Figlio, senza
parole. Perché tra Padre e Figlio non ci sono parole; come tra la realtà e
colui che la guarda non ci sono più parole. Le parole ci sono prima di arrivare
alla realtà. Se ti parlano di un certo albero, c'è la parola in mezzo; ma
quando vieni condotto alla presenza di quell’albero, le parole cessano, resta
la realtà: vedi, constati. Dio ti vuole portare a questa realtà; qui non ci
sono più parole in mezzo, c'è constatazione. E questo avviene soltanto tra il
Pensiero e l’Essere di questo Pensiero, cioè tra Figlio e Padre.
Silvana:
Quindi qui: “Ho fatto conoscere loro il
tuo nome e lo farò conoscere” si riferisce quando la creatura è tutta
Pensiero di Dio.
Luigi: E’
Lui che lo sta formando in noi.
Pinuccia A.:
Più interiorizziamo, più siamo fatti capaci di capire.
Luigi: Certo,
se tu studi tanto Van Gogh, quando vedi un quadro capisci tanto; mentre uno che
non ha mai visto niente, resta sorpreso.
Pinuccia A.:
Si però l’interiorizzazione avviene ascoltando il Figlio che parla del Padre.
Luigi: Si.
Pinuccia A.:
In questo sta la progressione della conoscenza perché più Lo ascolti, più
interiorizzi e più diventi capace di ascoltare.
Luigi: Si,
perché tu ascoltando formi un’associazione dentro di te tra ciò che hai
presente e la parola che ti è arrivata; più queste associazioni si
approfondiscono più è immediata la comprensione. I tempi si accorciano, per
cui mentre l’altro ti parla, tu immediatamente capisci. Mentre se tu hai
pensato poco, e hai interiorizzato poco, i tempi sono molto lunghi, tra la
parola e l’intelligenza di quello che ti viene detto; fai molta fatica quindi
il tempo si allunga, diventa un’agonia.
Domenico:
Per far rientrare tutte le parole di Cristo nel concetto che si era sviluppato
sabato: se “io ho fatto conoscere loro il
tuo nome” comprendeva quella conoscenza del tutto sottomesso che diventa
deduzione dal Padre (soggetto), su quel limite in cui la creatura, per opera
del Figlio, capisce dal Padre il significato (e siamo nella fede) di queste due
deduzioni; capito questo, il Figlio continua a dire “e ancora lo farò conoscere”? Nella fede? Continua ancora a
parlare?
Luigi: Si,
fintanto che non abbia formato in noi Se stesso; perché è il Figlio che
parlando forma in noi Se stesso.
Franca:
Dicendo “lo farò conoscere ancora” intende
dire quando ha finito di formare in noi questa capacità di ricevere la
rivelazione del Padre?
Luigi: Restiamo
in quello che Lui dice: “L’ho fatto
conoscere e lo farò conoscere…”, ti fa una promessa. Ti ha fatto conoscere
tanto e ti promette che ti farà conoscere tanto. Resta lì.
Franca: Ci
farà conoscere tanto del nome del Padre.
Luigi: Si,
del nome del Padre.
Domenico:
Puoi farmi vedere il collegamento che c'è tra il versetto prima che dice: “Questi hanno conosciuto che Tu mi hai
mandato”, in cui eravamo arrivati a dire che solo questi sono coloro che
hanno sottomesso tutto e solo questi possono conoscere come il Padre manda il
Figlio, e questo versetto: “Ho fatto loro
conoscere il tuo nome e ancora lo farò conoscere”. Queste affermazioni di
che aiuto sono e come si accordano con il versetto precedente?
Luigi: Per
farti conoscere maggiormente il Padre. Ad esempio, tu parlando con me, capisci
che vengo da Pinco Pallino; se io continuo a parlarti, conoscerai tante altre
cose di me. È una progressione di conoscenza. Prima ti aveva detto: “hanno conosciuto, hanno capito che Tu mi
hai mandato”, “gliel’ho fatto
conoscere, e glielo farò ancora conoscere”.
Domenico: Ci
sono ancora tante cose da conoscere dal momento in cui si capisce che il Padre
manda il Figlio nella fede.
Luigi: Si,
hai voglia!
Rita: Il
Figlio opera per fare di noi quello che Lui è.
Luigi:
Certo, Lui ha detto: “Io vado a
prepararvi un posto, affinché dove Io sono siano anche loro affinché possano
vedere quello che vedo io”; Lui prepara, forma in noi quel posto, quella
purezza di pensiero tale per cui si vede.
Rita: A quel
punto noi stessi diventiamo lo stesso nome del Figlio. A quel punto non ci sono
più parole, c'è solo più il pensiero.
Luigi: Là
dove è tutto pensiero del Padre non ci sono più parole, tra il Pensiero del
Padre e il Padre non ci sono più parole, c'è Presenza.
Pinuccia B.:
Una cosa è far conoscere il nome del Padre e un’altra cosa è far conoscere il
Padre.
Luigi:
Certo.
Pinuccia:
Poi c'è ancora un’altra differenza tra: il far conoscere il Padre per fede (che
è opera del Figlio) e far conoscere il Padre per quello che Lui è; la
rivelazione di Sé, è il Padre stesso che la fa. Ho capito bene?
Luigi:
Certo.
Pinuccia B.:
Allora questo “Lo farò conoscere ancora”
è il completamento dell’opera del Figlio, fino a trasformarci in tutto Pensiero
di Dio, un altro se stesso, in modo da poter ricevere la rivelazione che il
Padre vuole fare di sé.
Luigi: Certo.
È quello il luogo in cui si vede quello che Lui vede. Quando Lui dice: “Io vado a prepararvi un posto” qual è
quel posto? Non prenota un posto sull’aereo. Quel posto è Lui stesso.
Cioè è necessario che Lui vada per formare in noi se stesso, quella purezza di
pensiero.
Pinuccia B.:
Senza questa capacità il Padre non può rivelare Se stesso.
Luigi: Il
Padre rivela Se stesso solo a suo Figlio, perché soltanto nel Figlio c'è il Padre.
Pinuccia B.:
Quindi deve vederci una cosa sola con il Figlio.
Luigi:
Allora puoi capire perché il Figlio si è incarnato, puoi capire perché il
Figlio è intermediario.
Pinuccia B.:
Che differenza c'è tra far conoscere il nome e far conoscere il Padre per fede.
Far conoscere il nome è riferire tutto al Padre, perché il Padre è il Principio
di tutto e ha in sé la ragione di tutto. Far conoscere il Padre per fede è far
conoscere qualcosa di più del nome; cioè mi fa conoscere per fede quello che il
Padre è?
Luigi: Si, fa
già conoscere per fede quello che il Padre è. La conoscenza per fede non è
ancora la vera conoscenza, è la premessa per poter arrivare ad essere affidati
al Padre. Una cosa è che tu conosca una persona perché un altro ti ha parlato
di essa, è un sentito dire, altra cosa è conoscerla personalmente. C'è un
abisso tra la conoscenza per sentito dire e la conoscenza vera, per la quale è
richiesto un rapporto personale.
Pinuccia B.:
Possiamo dire che “Ho fatto conoscere il
tuo nome” vuol dire “Ho fatto conoscere loro che tu sei il Principio di
tutto, che hai in Te la ragione di tutto” e che “Lo farò conoscere ancora” è già la conoscenza di quello che il
Padre è in sé (sempre per fede)?
Luigi: Si
parla sempre di “nome”, qui siamo nel
campo del nome: “Ho fatto conoscere il
tuo nome e lo farò conoscere ancora”; cosa? Il nome! Quindi siamo sempre
nel campo del nome. Il nome è una cosa molto importante, perché ti fa
distinguere una persona da un’altra. Noi oggi facciamo una grande confusione
perché una parola di uomo la confondiamo come parola di Dio. Quante volte
diciamo: “Qui è Dio che parla”, e poi magari è un uomo. Noi facciamo confusione
tra parole di uomini e parole di Dio. Invece una delle prime cose che la
parola di Dio raccomanda è quella: non creare confusione tra la parola degli
uomini (perché tutti parlano) e Dio che parla. Tu devi essere intelligente,
non devi confondere la parola dell’uomo con la parola di Dio. Se tu senti una
parola dell’Autorità e dici che è parola di Dio, sbagli. Questo non è Dio. Questo
è uomo che parla, anche se è un’autorità, è comunque uomo. La parola di Dio ha
un suo sigillo. Allora devi imparare a distinguere la parola di Dio dalla parola
degli angeli e dalla parola di uomo. Ogni esistente ha una sua voce; tu puoi
confondere la voce dell’acqua con la voce dell’automobile, ma ti troverai con
delle sorprese.
Pensieri
conclusivi:
Nino:
Attraverso il nome Cristo ci fa conoscere, con le sue parole, quello che il Padre
è, nella fede. Quando viene lo Spirito, cessano le parole e c'è
Luigi:
Constati.
Franca:
Il nome è ciò che mi distingue da un altro. L’importante è ascoltare il Figlio
che mi fa conoscere il nome del Padre...
Luigi:
…in modo da non confonderlo con altro. Tu puoi vedere un fantasma e dire che è
Dio; prenderesti delle cantonate solenni.
Sandra:
Qui sulla terra posso sentire tante volte il nome di Franco, però è solo quando
lo incontro che posso capire chi è Franco.
Luigi:
Altrimenti lavori di fantasia.
Antonio:
Gesù ci rivela il volto del Padre. E noi quante volte abbiamo l’orecchio
distratto, per cui quante cose vanno perse.
Luigi:
E’ per quello che noi piangeremo quando Lui si presenterà. Tutte le genti piangeranno.
Franco:
“Dalla sua pienezza abbiamo ricevuto e
grazia su grazia”.
Luigi:
E ancora ne riceveremo.
Silvana:
Il Figlio ci fa conoscere il nome del Padre perché ci collega tutto con il
Padre.
Luigi:
Parla a noi il Principio: “Io sono Colui
che parlo a voi il Principio”. Quello che deve fare ognuno di noi.
Zina:
Gesù è il tramite che ci porta al Padre.
Luigi:
Si, perché “Nessuno può salire al cielo
se non Colui che discende dal cielo”, quindi solo Colui che discende dal
cielo, cioè che conosce la verità, può farci conoscere la verità.
Pinuccia
B.: Il Figlio opera per formare in noi se stesso, in fondo è per farci una cosa
sola con Lui. È il Padre che ci farà una cosa sola, però intanto il Figlio sta
operando per le premesse.
Luigi: “Il Padre ha il potere di dare la vita,
anche il Figlio ha il potere di dare la vita”, questo potere di dare la
vita, che vuol poi dire unificare, è il potere di unificare tutti i nostri
pensieri dispersi in un unico pensiero. Solo che unificando in un unico
pensiero ci fa infiniti come Lui è.
* * *
N.B.:
Il testo, tratto da registrazione,
non è stato
rivisto dall'autore e mantiene lo stile discorsivo.