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Incontri del Sabato ciclo B-C

Condotti da Luigi Bracco

 

 

Gv XVII,23-I: “Io in essi e tu in me, affinché siano consumanti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me”.

 

 

ciclo B - presso Casa di Preghiera:

 

 (28.05.1988)

 

Delfina: Essere consumati nell’unità è un completamento dell’essere nel pensiero?

Luigi: Noi siamo fatti proprio per essere consumati nell’unità di Dio.

 

Delfina: La parola “consumazione” cosa vuol dire?

Luigi: Tutto assorbito in-. Per cui tutto di te, e soprattutto il tuo io, viene consumato, perché fai una cosa sola con Dio, cioè nasci da Dio come creatura nuova. C’è tutto un mondo vecchio che deve sparire, che deve essere consumato, perché c’è una creatura nuova che nasce. “Non puoi rattoppare un abito vecchio con una pezza di un abito nuovo perché rovini uno e rovini l’altro”: è una vita nuova, è cosa nuova, il vino nuovo messo in otri nuovi, un abito nuovo. Tutto quello che è vecchio deve sparire. C’è questa consumazione del vecchio: tutto il mondo che per te attualmente è vita deve essere consumato nello Spirito di Dio. Come il sole assorbe i colori, li stinge, praticamente trasforma tutto in luce, così fa la luce di Dio. La luce dello Spirito ti consuma tutto, tutta la materia, tutto quello che non è Dio lo assorbe in Dio.

 

Delfina: Nell’unità sarebbe nel tutto?

Luigi: E’ l’unità di Dio che si riflette in tutto e su tutti.

 

(?): Non ho capito “Li hai amati”, sembra un passato?

Luigi: Sì, è passato; però quando Dio parla in futuro: “conoscerete, farete una cosa sola”, va ritradotto tutto in presente, perché in Dio non c’è il tempo. E’ un linguaggio per noi. Siccome Dio anticipa (l’iniziativa è di Dio), ci troviamo con un mondo che è fatto. Non l’abbiamo fatto noi, quindi diciamo che la cosa è già fatta. Se partiamo da Dio, ci accorgiamo che tutto quello che è passato è anche presente, è recuperato in presenza; così anche il futuro è recuperato in presenza; e tutto diventa presente.

 

Giovanna: Noi siamo già amati.

Luigi: Se Dio non ci avesse amati… Noi siamo amati da Dio in quanto siamo pensati da Dio. Chi ama si rende presente. Uno che dice di amare e poi rimane lontano, in realtà non ama. Dio si è reso presente per primo, ci ha amati prima che noi fossimo capaci di amare, perché soltanto ricevendo amore siamo capaci di amare. Quindi è necessario che ci sia uno che lo faccia per primo. Se la mamma per prima non ama il bambino, lui non riceve amore e quindi non ama; è lei che per prima deve amare.

San Giovanni della Croce diceva: “Dove non c’è amore, metti l’amore se vuoi ottenere l’amore”. La creatura può soltanto amare nella misura in cui riceve. Dio per primo rischia, quindi ama prima che la creatura ami.

Può esserci la creatura che è amata e non ama, però se vuoi ottenere l’amore devi senz’altro mettere prima l’amore; altrimenti la creatura assolutamente non può amare. Anche gli uomini (infatti tutto è segno), se vogliono essere amati devono prima amare: “Fa agli altri quello che vorresti gli altri facessero a te”. Non pretendere che gli altri facciano a te, fai tu per primo, perché se tu non fai per primo, l’altro non può ricevere. Quando gli apostoli dicono: “Mandali a comprarsi il pane”, Gesù risponde: “Date voi da mangiare”.

Soltanto donando dai la possibilità all’altro di donare; altrimenti l’altro diventa un centro di egoismo e assolutamente non può uscirne.

 

(?): Quando si realizza in noi questa percezione di unità, questa consumazione, ci deve essere fede.

Luigi: E’ Dio che ti consuma. La verità di Dio ti assorbe, perché ad un certo momento diventa una cosa essenziale e necessaria; ti consuma perché certe cose non le fai più e ti accorgi che vivi solo per quello.

 

(?): Io in loro e tu in me, la consapevolezza di essere in Cristo, come scelta libera, come atto di amore da parte della creatura. E tu in me è la presa di coscienza della presenza in Cristo del Padre.

Luigi: In quel giorno voi conoscerete che io sono nel Padre e voi in me, però la realtà c’è già, non è che in quel giorno succederà. Tu prenderai coscienza di una realtà che già c’è. Dio non è uno che si sposta o si modifica, non sei tu che fai Dio. Tu prendi coscienza di una verità, constati, ma è il Cristo che ti porta a questa constatazione.

 

Silvana: Qui dice di nuovo come prima: Il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.

Luigi: Uno sapendo di essere amato diventa poi capace di amare.

 

Pinuccia A: Essere amati da Dio allora vuol dire essere pensati da Dio? L’amore di Dio si manifesta in questo modo? Nel suo Pensiero?

Luigi: Si, direi che essere pensati è essere amati. La realtà è il pensiero, quindi essere pensati è constatare di essere amati. Se uno dicesse di amarmi ma non mi pensasse, capirei che quello non è amore; perché dice di amare ma il suo pensiero è altrove. Noi andiamo sempre a cercare il pensiero. “Dimmi dov’è il tuo pensiero e ti dirò dov’è il tuo amore”. Noi scopriamo se veramente amiamo Dio solo se pensiamo Dio, non in quanto diciamo di amarlo a parole o perché ci inginocchiamo o andiamo in chiesa.

 

Pinuccia A: Il suo amore si manifesta attraverso i suoi doni?

Luigi: Tutto è suo pensiero e soprattutto dà a noi la possibilità di pensarlo. Quindi il grande atto d’amore è che dà a noi, che siamo niente, che ieri eravamo niente, la possibilità di pensare Lui. La meraviglia per noi è questa: possiamo fermarci e pensare Dio. Noi non ci rendiamo conto di cosa vuol dire pensare Dio; ma è una meraviglia immensa, tanto è vero che quando uno scopre questo, va e vende tutto quello che ha per pensare Dio, perché ha capito che tesoro enorme è il pensare Dio.

I padri che andavano nel deserto e vivevano di cipolle, di fili d’erba e vivevano fino a centoquaranta, centocinquant’anni (e noi senza l’arrosto non possiamo vivereJ), perché lo facevano? Per pensare Dio! avevano capito l’importanza di pensare Dio, questo è il suo grande dono d’amore. Certo, tutto l’universo è opera d’amore di Dio per noi, perché tutto è fatto per le creature, ma il Pensiero di Dio è infinitamente superiore a tutto l’universo, a tutte le creature di Dio; è un salto di qualità nel dono d’amore.

Se ci rendessimo conto della meraviglia d’amore nel dare a noi la possibilità di pensare a Lui (possiamo pensare il nostro Dio) lo penseremmo quarantotto ore su ventiquattro!

Rita: E’ il nostro corpo che ci impedisce di essere perfettamente in questa unità di pensiero, altrimenti potremmo dire di essere già in Paradiso. Ecco la consumazione che deve avvenire di noi: dobbiamo diventare tutto pensiero.

Luigi: Certo, Lui ci ha creati per diventare tutto pensiero di Dio.

 

Pinuccia B: In questo versetto: Io in essi e tu in me come nell’altro: In quel giorno capirete che io sono nel Padre e voi in me ed io in voi, dice la stessa cosa. Non riesco a capire la differenza.

 

 

Pensieri conclusivi:

 

Giovanna: Dio è già presente altrimenti non potremmo né pensarlo né cercarlo.

Luigi: Nemmeno desiderarlo. Se tu lo desideri è perché già Lui per primo si fa desiderare.

 

Silvana: Restando in queste parole abbiamo la possibilità di essere tutti raccolti in Dio.

Luigi: Lui parla per raccoglierci. “Io sono venuto per raccogliere”. Quindi noi dobbiamo lasciarci raccogliere, ma l’opera è sua.

 

Pinuccia A: E’ un bel traguardo pensare solo e sempre Dio.

Luigi: Meraviglioso, infinito, eterno, assoluto.

Pinuccia A: Si può solo sognare.

Luigi: Incominciamo a sognare, man mano che sogniamo le cose diventano più leggere.

 

Franca: Queste parole ci dicono una realtà profonda che è già dentro di noi.

Luigi: La cosa difficile è arrivare a prenderne coscienza.

Franca: Ma se ascoltiamo il Cristo, Lui ci conduce.

Luigi: E’ venuto per questo.

 

 

* * *


ciclo C - presso Casa di Preghiera:

 

Gv XVII,23-I: “Io in essi e tu in me, affinché siano consumanti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me”.

(26min 16sec)

(17.04.1993)

 

 “Io in essi”

 

Nino: E’ la scoperta del Pensiero di Dio in noi; il quale, prima si fa oggetto del nostro pensiero, e poi arriva a farsi conoscere come soggetto del nostro pensiero.

 

Franca: Nel versetto precedente ha detto “Quanto a me ho dato loro la gloria che tu mi hai dato affinché siano uno come noi siamo uno”. Qui c'è la spiegazione di come si fa ad essere “uno”: dice “io in essi”.

Luigi: Lui dice “io in essi”.

Franca: Gesù aveva detto: “La conoscenza che tu hai dato a me io l’ho data a loro”.

Luigi: Gesù aveva detto: “Dove io sono voi non potete venire”. Adesso dice: “Io in essi”, ma Lui non è in noi, Lui è nel Padre e forma una cosa sola col Padre. Adesso come fa a dire “io in essi”? Cosa vuol dire a noi questo? Lui è nel Padre, come fa ad essere in noi? Può essere in noi mentre è nel Padre?

Franca: Ma si può vedere un collegamento con “Affinché siano uno”?

Luigi: Dobbiamo vederlo!

Franca: Abbiamo detto che solo conoscendo come il Figlio è nel Padre, noi facciamo una cosa sola con Lui.

Luigi: Ma adesso il problema non è “noi in Lui”, ma dice “io in loro”.

Franca: Solo attraverso il Pensiero noi arriviamo alla conoscenza. Non avessimo il Pensiero non potremmo, saremmo esclusi. Noi siamo costituiti dal Pensiero di Dio.

Luigi: Certo. Ma come fa, Lui che è nel Padre, ad essere in noi?

Franca: E’ come quando abbiamo approfondito “come” fa Dio a darci il suo Pensiero.

Luigi: Lui si fa oggetto del nostro pensiero. Ma adesso ci dice che Lui è in noi, dopo aver detto che ha dato la gloria del Padre, cioè la conoscenza del Padre, ci dà la possibilità di essere Lui in noi.

 

Delfina: Se la sua parola non ci viene svelata, non possiamo entrare in questa unità di pensiero.

Luigi: Ma Lui parla a noi (questa è una parola: “Io in essi”), e parlando ci fa prendere consapevolezza di una realtà che portiamo, ma di cui non possiamo prendere consapevolezza se non la vediamo dal principio. Cioè, ci fa vedere che dandoci la consapevolezza del Padre, la sua gloria, la gloria del Figlio, ci dà la possibilità di scoprire; perché Lui è nella gloria del Padre. Soltanto conoscendo la gloria del Padre scopriamo che Lui è in noi.

 

Domenico: Viene l’ora in cui Lui ci fa pensiero unico, perché dandoci la gloria del Padre per sentito dire forma in noi l’unicità di pensiero. In questa unicità di pensiero Lui fa già una cosa sola con noi, ma noi non lo sappiamo, perché in quel momento siamo tutto pensiero rivolto a ciò di cui Lui mi ha parlato. Per cui noi siamo il pensiero del Padre, quindi siamo figli senza saperlo. Per questo Lui dice che è in noi.

Luigi: Certo. Ma Lui lo dice dopo aver detto: “Ho dato a loro la gloria che tu mi hai dato”. Cioè ci fa capire che dandoci…

Domenico: Parlandoci del Padre Lui entra in noi, in quanto parlandoci di-, ci fa pensiero di-.

Luigi: Lui è già in noi, ma parlandoci del Padre ci fa prendere consapevolezza di una realtà che portiamo già in noi, perché altrimenti non potremmo capire. Se Lui non fosse in noi non potremmo capire il suo parlare del Padre.

Per capire una cosa tu devi già averla dentro di te; se tu non l’hai dentro di te, l’altro ti parla e tu non capisci niente.

Allora, Lui è già in noi, è una realtà in noi, noi portiamo il Pensiero di Dio in noi, ma non ne abbiamo consapevolezza. Quindi ci sta facendo maturare alla consapevolezza, alla presa di coscienza di una realtà che portiamo in noi, perché Dio opera convincendo.

Ora, per convincerci, ci deve far constatare dal principio la realtà che abbiamo già davanti ma che non vediamo, perché non abbiamo la possibilità di vedere.

 

Domenico: Nel momento in cui Lui ci dà la gloria del Padre per sentito dire, c'è già una certa consapevolezza di colui che ci sta parlando, no?!

Luigi: Noi abbiamo la consapevolezza di quello di cui ci parla: ci parla del Padre; ma non ci può far capire che Lui è in noi. Parlandoci della gloria del Padre, comunicandola a noi ci fa prendere consapevolezza. Lui parlandoci, dicendoci “io sono in te” (“come?”, “Perché ti parlo nel Padre”), fa maturare in noi la consapevolezza di una realtà che portiamo già in noi. Cioè, per sentito dire possiamo anche credere (d’altronde Dio è già in noi, non lo possiamo smentire), ma una cosa è credere per sentito dire che Dio è in noi, altra cosa è capire “come” Dio è in noi. Perché veramente Dio è in noi!

Ora, il capire si forma in noi in quanto vediamo le cose dal principio; invece il sentito dire non lo vediamo dal principio.

Domenico: Scoprendo come Dio si fa oggetto del mio pensiero, mi convoca con le sue parole a pensare quello che pensa Lui. Lì si è pensiero unico, lì si fa già una cosa sola con Figlio, si capisce che cos’è questo principio.

Luigi: No! Lui ci fa capire, a questo punto, che parlandoci del Padre, cioè comunicandoci quello che Lui conosce del Padre, rivela in noi la sua Presenza. Lui è Pensiero del Padre. Comunicando a noi il Padre, rivela in noi la sua presenza come Pensiero del Padre; lì ci fa pensiero del Padre.

 

Osvaldo: Se non parlasse nel Padre noi non capiremmo che Lui come pensiero è già in noi.

Luigi: E già! Tu capisci di essere pensiero, e pensiero di una cosa. Ora, chi ti rivela una cosa ti dà la possibilità di essere pensiero di quella cosa. Però non sei pensiero di quella cosa; tu non sei quella cosa ma hai il pensiero di te in quella cosa in te. Prima che ti parlassero di quella cosa, tu non avevi in te il pensiero di quella cosa. Noi siamo pensiero in quanto quella cosa ci viene presentata, tanto è vero che anche il desiderio è già conseguenza di una cosa che ci viene presentata. Tu non puoi desiderare una cosa che non ti sia presentata. Allora, tu vedi che il pensiero, il desiderio (il desiderio che è poi effetto del pensiero) sono conseguenze della presentazione di una cosa; tutta la pubblicità è fondata lì sopra: ti presentano una cosa affinché tu l’abbia a pensare e quindi a desiderare e poi a comperarla. Ma se non ti presentano la cosa…; nessuno ti può obbligare a comprare una cosa che non conosci. Quindi, la cosa ti viene presentata per darti la possibilità di avere in te il pensiero della cosa. Quando tu hai il pensiero della cosa, desideri realizzare, perché il nostro pensiero desidera realizzare la cosa che gli viene presentata.

Ora: pensiero della cosa = Pensiero del Padre. Il Pensiero del Padre è il Figlio, perché adesso Lui ti dichiara che Lui è in noi (avendoci parlato del Padre), perché ha formato in noi il pensiero del Padre. Per cui, dichiarandosi ci dà la possibilità di prendere consapevolezza che abbiamo in noi il Pensiero del Padre.

Osvaldo: “che noi abbiamo il Pensiero del Padre”, equivale a dire “che noi siamo costituzionalmente fatti dal tu di Dio”.

Luigi: Si capisce! Questo “Tu”.

 

Antonio: ___________?_____________

Franco: “Io in loro” significa “Io sono in loro”.

Luigi: Si, “Io presente in loro”.

 

Franco: Gesù dice: “Io sono nel Padre”; allora “Io sono nel Padre” oppure “Io sono in loro”?

Luigi: Eh già! Noi non siamo il Padre! Prima dice: “Io sono nel Padre” e poi dice “Io sono in loro”; allora, noi siamo il Padre? No, è da capire! Lui lo dice perché abbiamo a capire. No?!

Franco: Ci sono due modi: Lui è nel Padre in quanto riceve l’Essere.

Luigi: Lui è nel Padre in quanto riceve l’Essere dal Padre, conosce il Padre. Lui è nel Padre perché conosce il Padre; conoscendo il Padre riceve l’Essere dal Padre, e quindi è nel Padre. Adesso però fa questo salto: “Io sono in loro!”.

Franco: Lui è in noi come manifestazione di questo Essere dal Padre.

Luigi: In quanto ha fatto conoscere a noi il Padre, cioè ha fatto conoscere a noi quello che Lui conosce. Allora, attraverso la conoscenza ci fa capire che c'è una comunicazione di essere. Altrimenti non potremmo minimamente capirlo. Quindi, comunicandoci quello che Lui conosce, ci comunica se stesso. Comunicandoci se stesso ecco che Lui è in noi. Perché chi ci fa conoscere quello che conosce… Infatti “Io ho dato loro tutto quello che ho ricevuto dal Padre”, ma dandoci quello che ha ricevuto dà se stesso! È per farci capire che dice queste cose!

Franco: Come metafora, la luce che arriva a noi, comunica a noi la luce stessa, fa da ponte, ma la luce, come è nella sua sorgente, è diversa…

Luigi: Certo.

 

Giovanna: Lui è in noi in quanto si fa oggetto del nostro pensiero, ma Lui è in noi anche se non lo pensiamo.

Luigi: Si, Lui è in noi anche se non lo pensiamo. Qui però è un passo molto più avanti. Qui ci dà la possibilità di renderci conto, di prendere consapevolezza di come Lui è in noi. Lui è in noi in quanto ci comunica quello che ha presente. Il più grande dono che una creatura ti possa fare è quello di comunicarti quello che conosce.

Noi abbiamo comunicazioni sentimentali, comunicazioni di affetto; ma non sono mai complete come è completa quella comunicazione di uno che ti fa conoscere quello che conosce. Lì abbiamo la pienezza della comunicazione, perché quello che unisce è la comunicazione della conoscenza che l’altro ha. E’ per questo che Lui ci dice queste cose: per farci capire come avviene questa presenza, questo dono della sua presenza in noi; in quanto Lui ci comunica quello che Lui conosce. Lui conosce il suo Principio.

Giovanna: Quindi è il “lumen gloriae?

Luigi: E’ la presenza del Pensiero del Padre in noi che diventa lumen gloriae, perché ci dà la possibilità di conoscere.

Giovanna: Quindi queste parole mi dicono che Lui mi fa conoscere quello che conosce Lui.

Luigi: Perché solo facendomi conoscere quello che conosce Lui, mi comunica il suo essere. Il suo essere è dato dalla conoscenza. Noi riteniamo di essere anche se non conosciamo, invece nel campo dello spirito si è in quanto si conosce e per quello che si conosce.

Giovanna: E’ la conoscenza che mi fa essere.

Luigi: Si, perché è presso la conoscenza che si riceve l’essere; per cui, meno si conosce e meno si riceve l’essere. Ecco l’importanza della conoscenza. Addirittura la vita eterna è conoscenza, perché nella conoscenza c'è la comunicazione dell’Essere, quindi c'è la comunione; dalla comunicazione c'è la comunione.

 

Domenico: Il Figlio è la conoscenza del Padre per cui parlandomi del Padre, mi porta ad essere conoscenza del Padre.

Luigi: Siamo ancora nel campo della fede. L’abbiamo già detto prima.

 

Pinuccia A.: Dando a noi quello che Lui riceve, dona a noi se stesso; quello che Lui può dare a noi è la conoscenza.

Luigi: Il più grande dono che uno possa farti è donarti quello che Lui conosce.

Pinuccia A.: Ma quello che Lui conosce è quello che Lui è?

Luigi: Lui è quello che conosce.

Pinuccia A.: Quindi comunicandoci quello che Lui conosce dona a noi Se stesso?!

Luigi: Si, nel campo dell’Assoluto, nel campo della Verità, ognuno di noi è per quello che conosce; per cui non impegnandoci a conoscere Dio, ci priviamo di essere. Noi attualmente non ci rendiamo conto e diciamo: “io sono!”, anche se non conosciamo; un giorno scopriremo che siamo per quello che conosciamo. Per cui se tu trascuri la conoscenza di Dio, tu trascuri l’essere; il che vuol dire che tu perdi l’essere, vai verso il nulla.

Pinuccia A.: Invece in campo umano, dare ad un altro quello che si conosce, non è la stessa cosa, non è dare se stessi.

Luigi: Il dono più grande che tu possa fare è comunicare all’altro, se lui accoglie, quello che tu conosci, perché comunicando quello che tu conosci, dai te stesso, dai la vita, dai la tua vita. Tu vivi di ciò che conosci. Se tu dai ad un altro quello che tu conosci, dai la vita. La tua vita la dai all’altro: “Non c'è amore più grande di chi dà la sua vita”. “Dare la vita” non fisicamente, perché quello ti può fare fresco! Tu puoi dare del denaro ad un altro, l’affetto ad un altro. Ma non c'è amore più grande di chi dà all’altro ciò che conosce, perché lì c'è la vera ricchezza, la vera comunicazione dell’essere.

 

Sandra: Lui è da sempre che bussa, per darci.

Luigi: Per aprirci, perché Lui, che crea noi senza di noi, non può dare se stesso a noi senza di noi. Per cui abbiamo tutta questa grande opera di Dio che tende a formare in noi interesse, quindi dedizione a Lui, perché soltanto attraverso questa dedizione, questa apertura, cioè questo interesse per conoscere, Lui ha la possibilità di comunicarsi; altrimenti non ha la possibilità di comunicarsi. Quindi abbiamo questi due grandi tempi: in un primo tempo Dio opera per formare in noi interesse, quindi dedizione; quindi Lui si dedica a noi affinché noi abbiamo a dedicarci a Lui, perché attraverso la dedizione ci può comunicare la conoscenza. La conoscenza non si può comunicare dove non c'è interesse per ascoltarla. Non può comunicarla; la premessa è quella dell’interesse.

 

Pinuccia A.: I tempi sono di Dio, ma se ho qualcosa da comunicare e non lo comunico, non do la vita. Io vorrei comunicare la vita a coloro che mi vivono intorno.

Luigi: Si, ma ho detto che non puoi comunicare se l’altro non ha fame. Tu non puoi far mangiare uno che non ha fame, lo fai arrabbiare e ad un certo momento ti morde. E siccome la fame noi sei tu che puoi farla venire, perché è Dio che manda la fame, bisogna aspettare che Dio mandi la fame. E allora tu ti arrabbi dentro di te, tu sei triste, perché non riesci a comunicare. Ecco perché bisogna rispettare l’opera di Dio; devi pregare Dio: “Dio manda la fame! Perché se Tu non mandi la fame io non posso parlare!”.

 

Rita: Natale è Dio dato a noi senza di noi; Pasqua è Dio dato a noi con noi: consapevolezza di Lui con noi. Questa consapevolezza ce la può dare solo Lui.

Luigi: In quanto ha fatto maturare in noi il bisogno, la fame.

 

Pinuccia B.: Questo “Io in essi” va visto in collegamento con il versetto precedente, che Lui ci ha dato la gloria; perché se non lo vediamo con il versetto precedente, allora è il punto di partenza: è il dono del Pensiero di Dio che è dato a noi senza di noi. Invece qui è chiaro: “Io in essi” è chiaro perché intende dire: “perché abbiano questa consapevolezza”.

Luigi: Qui c'è la conoscenza. Invece il dono di sé senza di noi, non possiamo ignorarlo però non sappiamo che cos’è; perché tutto quello che riceviamo senza di noi, noi non possiamo ignorarlo ma non sappiamo che cos’è.

 

Pinuccia B.: Qui è chiaro che la vita del Figlio è la conoscenza del Padre. Dando a noi la sua gloria, dà Se stesso.

Luigi: Dà la sua vita, dà il suo essere; ecco per cui il grande dono! L’Essere si comunica soltanto attraverso la conoscenza e se uno non conosce, non può dartela.

 

Pinuccia B.: Prima ha detto: “Ho dato ad essi la gloria che mia hai dato.. attraverso la conoscenza del Padre, dona Se stesso.

Luigi: Lui dà Se stesso, dona Se stesso.

Pinuccia B.: Quindi Lui è in noi.

Luigi: Lui parla per farci maturare in questa grande realtà.

Pinuccia B.: In fondo ci fa un altro se stesso, ci fa puro pensiero.

 

 

e Tu in Me”

 

Luigi: “E Tu in Me”; “Io in essi e Tu in Me”.

Nino: Lui si conosce nel suo Pensiero.

Luigi: No, qui dice: “Io in essi e Tu in me”, cioè il Padre è nel Figlio e il Figlio è in noi; perché nel Figlio che è in noi c'è anche il Padre; ci sta comunicando che nel Pensiero di Dio che è in noi c'è il Padre.

 

Franca: Il Figlio vuole farci prendere consapevolezza

Luigi: Sta parlando per farci prendere consapevolezza, per farci maturare ad una realtà che portiamo in noi. Quindi tu partecipi in quanto conosci; non puoi partecipare ad una cosa che non conosci. L’altro parla ma tu non capisci, quindi non partecipi. Se non conosci non partecipi. Se conosci invece partecipi.

Franca: Tutto è in noi, questa realtà divina è in noi; noi abbiamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Luigi: Si, però corriamo il rischio di avere tutto in noi e andare all’inferno, se non conosciamo. È la conoscenza che ci porta nel Paradiso. Il Paradiso è caratterizzato dal fatto che conosciamo la realtà in cui ci troviamo. L’inferno è caratterizzato dal fatto che non conosciamo, noi possiamo conoscere.

 

Franca: Perché prima Gesù aveva detto: “Come noi siamo uno”?

Luigi: Contemplando “come” loro sono uno, abbiamo la possibilità. Gesù ci fa capire “come” avviene la comunicazione dell’Essere: attraverso la conoscenza. Quindi ci fa capire che è attraverso la conoscenza che c'è la comunicazione dell’Essere. Quindi c'è la comunione con l’essere. La comunione è la conseguenza della comunicazione; comunicazione in quanto Lui ci fa conoscere quello che Lui conosce.

Franca: Quindi qui ci viene spiegato quello che aveva detto prima.

Luigi: Quello che ci aveva “annunciato” prima… è tutta annunciazione per farti desiderare di capire; il fatto è che annunziandotelo, ti dà la possibilità di impegnarti e quindi di capire. Se Lui non parla, tu non ti impegni in una cosa che non conosci. Non ti impegni, perché tu per impegnarti devi conoscere, allora, Lui parlando, te lo annuncia affinché tu ti possa dedicare e dedicandoti, tu possa giungere a capire.

Franca: Ma un’immanenza in Dio… c'è una compenetrazione di persone.

Luigi: Noi non siamo persone isolate, come se fossimo delle isole; no! C'è una compenetrazione, altrimenti non ci sarebbe la comunicazione.

Franca: Siamo un tutt’uno, ma se non prendiamo consapevolezza, siamo come delle isole.

Luigi: Si, siamo delle isole.

 

Delfina: Fino a che punto il Figlio fa parte del Padre.

Luigi: No! Lui essendo Figlio, riceve tutto dal Padre; essendo Figlio riceve tutto dal Padre. Se Lui avesse un pensiero solo, una conoscenza sola che non avesse ricevuto dal Padre, non sarebbe più Figlio. La caratteristica del Figlio è questa: Lui riceve tutto dal Padre, anche la conoscenza, anche la conoscenza di Sé la riceve dal Padre: tutto riceve dal Padre. Dà a noi la possibilità di ricevere “come” Lui riceve, per poter fare anche noi una cosa sola come Lui forma una cosa sola col Padre.

Delfina: Allora quella uguaglianza tra Padre e Figlio può venire anche in noi.

Luigi: Certo! Lui opera tutto per formare questo, per darci la possibilità di conoscere come Lui conosce, in modo da non sentirci fuori.

 

Domenico: Faccio un esempio..

Luigi: Qui gli esempi servono a ben poco.

Domenico: Tu mi parli del Monviso che io non ho mai visto, poi ad un certo punto le tue parole mi convocano, mi fanno capace di-.

Luigi: La prima collina che vedi tu la scambi per il Monviso, invece è il Montrucco!

Domenico: Si, ma se mi parli solo del Monviso mi rendi capace di pensare al Monviso.

Luigi: Ma se tu non hai visto il Monviso, io per quanto ti parli del Monviso, tu dirai: “So che il Monviso è una montagna alta!” ma non potrai mai dire: “Quello è il Monviso!” se tu non l’hai già visto.

Domenico: La stella alpina me la deve far concepire in qualche modo.

Luigi: Eh già! Ma tu se non hai mai visto una stella alpina, anche se io te ne parlassi, tu ti immagineresti una rosa, una margherita.

Luigi: Ma a forza di riempirti la testa di Dio, ad un certo punto salta fuori.

Luigi: Guarda, a forza di parlare di un elefante, se conosci soltanto un cane, ad un certo punto non salta fuori l’elefante, salta fuori un cane grosso, magari. Perché? Siccome Dio è singolarità, ogni esistente è una singolarità, e una singolarità tu la puoi conoscerla soltanto se le batti il naso dentro. Io non posso far conoscere Domenico parlando di Osvaldo.

Domenico: Non va bene quell’esempio del Monviso?

Luigi: Certo! Pongo in te la fame di capire che cos’è questo Monviso, ma fin quando non ti conduco a vedere qual è il Monviso, tu non puoi capire.

Domenico: Allora, Cristo parlando mi porta a desiderare, ma il desiderio non basta.

Luigi: Mi porta a vedere la realtà che corrisponde a quel desiderio; e la realtà tu la trovi soltanto in quanto trovi la realtà, non in quanto senti parlare della realtà.

Domenico: Ma allora Gesù parlando mi comunica Se stesso.

Luigi: No, Lui mi comunica il Padre; mi porta a vedere il Padre; vedendo il Padre comunica Se stesso a me.

Domenico: Ma “come” mi porta a vedere il Padre? Parlandomi del Padre, con le sue parole mi porta a sbattere il naso contro il Padre.

Luigi: Infatti solo il Padre è il rivelatore di sé, ed è il principio di ogni rivelazione, ed è la massima singolarità. Non c'è nessun altro essere che ti possa rivelare una singolarità; la singolarità è tale in quanto può essere conosciuta soltanto da se stessa.

Domenico: Allora, in che senso il Figlio mi porta a sbattere il naso contro il Padre?

Luigi: In quanto mi convoca con le sue parole, convoca il mio pensiero che è disperso, mi porta a quella purezza, ad essere pensiero unico del Padre. Nel Pensiero unico del Padre tu sbatti il naso.

Domenico: Per opera del Padre…

Luigi: E’ il Figlio che mi convoca! Il Figlio, essendo tutto Pensiero del Padre, puro Pensiero del Padre, può formare in me quello che Lui è: pensiero puro del Padre. Cioè mi raccoglie dalla mia dispersione. Siccome io sono disperso in tanti pensieri, perché non sono capace di restare nel pensiero unico del Padre, per opera del Figlio sono convocato, sono liberato da questa dispersione in tanti pensieri, convocato in quell’unico pensiero. Ho detto che in quell’unico pensiero c'è la trasparenza. Perché pensiero di = presenza dell’Altro.

Domenico: Ho sentito stamattina una cassetta in cui dicevi che la trasparenza mi viene dal Padre.

Luigi: Tutto è opera del Padre perché il Padre è il principio di tutto.

Domenico: Ma il Figlio mi convoca, mi convoca, ma…

Luigi: Mi convoca perché: “Come il Padre dà la vita anche il Figlio ha il potere di dare la vita”; come ti dà la vita? In quanto ti fa conoscere il Padre; come ti fa conoscere il Padre? In quanto ti convoca alla presenza del Padre, quindi ti fa pensiero puro del Padre. Quando questo pensiero è unico, lì c'è la trasparenza. Ma te lo dice Lui!

Domenico: Quando Lui mi ha convocato in questa purezza di pensiero, Lui è in me?!

Luigi: Conosci il Padre!

 

Franca: Prima mi hai detto che queste parole sono un annuncio, Lui me le dice per farmi impegnare; allora queste parole servono per formare in noi questo pensiero puro del Padre; il Padre poi si rivela a questo pensiero.

Luigi: Al pensiero puro. Fintanto che tu hai tre o quattro pensieri, non puoi ricevere la rivelazione.

 

Osvaldo: Il Padre non ha generato il Figlio, ma genera il Figlio costantemente.

Luigi: E’ fuori del tempo, è una generazione eterna.

Osvaldo: Automaticamente il Figlio…

Luigi: Non è automaticamente. Presso Dio l’automatismo non c'è. E’ nella materia l’automatismo, in Dio no! In Dio c'è la partecipazione consapevole, il che vuol dire che Dio non può comunicarsi senza di te. Tu non sei una rotella di una macchina, di un ingranaggio! No! Tu sei persona! In quanto sei persona Dio non può comunicare a te senza di te. Dio ti crea senza di te, non si può far conoscere senza di te. Se in te non c'è questo desiderio, e desiderio messo prima di tutto, non puoi conoscere. Nota bene che sottolineo molto quel “prima di tutto” nel pensiero; perché quanto pensi a-, non lo metti prima di tutto; tu non puoi pensare due cose. Allora, quando tu pensi ad una cosa tra tante, vuol dire che privilegi una cosa tra tante; la privilegi in quanto la metti prima di tutto. Ora, soltanto se tu privilegi Dio, cioè metti Dio prima di tutto, lì hai la possibilità di ricevere la comunicazione di Dio, solo lì.

Osvaldo: Ma la possibilità mi è data dal fatto che il Figlio è costantemente generato dal Padre.

Luigi: Il Figlio è costantemente generato dal Padre mentre tu non sei costantemente generato dal Padre, tu sei generato da una margherita, da una pianta, dal sole di oggi, da quello che tu hai in testa. Però Dio opera per renderti partecipe della generazione di suo Figlio in modo da formare una cosa sola con suo Figlio, in modo da diventare anche tu figlio. Infatti “il Figlio ha dato a tutti coloro che credono in Lui la possibilità (possibilità vuol dire che non ti ha mica preso per il collo, non te l’ha imposto; ti offre la possibilità, ecco il rispetto della persona) di diventare figlio di Dio”. Allora, noi non siamo figli di Dio. Noi abbiamo la possibilità in Cristo di diventare figli di Dio; ma in Cristo!

Se tu non segui Cristo, puoi gridare da mattina a sera “Io sono figlio di Dio!”, ma ti accorgi di camminare nella notte e nella notte piena.

Osvaldo: Certo, ma noi dobbiamo capire con l’intelligenza il significato della trascendenza.

Luigi: Certo, tutto. Ma è tutto da capire. È tutto da capire. La vita eterna è conoscenza. Quindi vuol dire che è tutto da capire. “Presso Dio non ci sono tenebre, Dio è luce e tutti coloro che sono con Dio sono nella luce”.

Osvaldo: E se il Figlio è generato dal Padre costantemente, noi abbiamo la possibilità…

Luigi: …di partecipare a questa generazione eterna, di partecipare quindi a quella comunione.

Osvaldo: Ne deriva che noi dobbiamo tenerlo presente continuamente…

Luigi: Si, però lo puoi tenere presente soltanto se lo conosci, tu non puoi tener presente una cosa che non conosci. Una cosa che non conosci puoi anche impararla a memoria, puoi impari a memoria una poesia: ma dura quel che dura! Poi ad un certo punto la saluti. È la conoscenza che ti fa essere, che ti fa permanere. Tu permani in una parola se cerchi di capirle la parola, non se la ripeti a memoria. Tu puoi ripetere a memoria quella parola ma ad un certo momento arrivano altre parole che ti portano via quella parola. Non puoi restare in quella parola. Tu resti in una parola in quanto cerchi di capire, quindi è l’intelligenza che ti fa essere.

Osvaldo: Bisogna approfondire questa parole.

Luigi: Si capisce! Dio parla perché tu abbia ad approfondire: “Sarete veri miei discepoli non se riceverete l’imposizione delle mani, non se avete un certo vestito. Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie parole”. Tu resti nelle sue parole in quanto cerchi di capirle e capirle secondo il suo pensiero, non rivestendole dei tui pensieri.

 

Franco: “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e coloro ai quali il Figlio avrà voluto rivelarlo”, “Finché sono nel mondo sono la luce del mondo”, quindi questo essere nel mondo, “io in loro”, è necessario per arrivare….

Luigi: Quand’è che Lui è nel mondo? Perché non sempre Lui è nel mondo. Infatti dice: “Fintanto che Io sono nel mondo” vuol dire che c'è un tempo in cui non c'è più. “Mi cercherete e non mi troverete; dove Io sono voi non potete venire”.

Franco: E’ il tempo della concessione.

Luigi: E cosa vuol dire?

Franco: Viene a parlarmi delle cose del cielo nelle cose della terra.

Luigi: Nei tuoi problemi. E’ nel mondo fintanto che Lui parla nei problemi. Perché arriva un momento in cui Lui non ti parla più dei tuoi problemi. Lui vuole che noi ci interessiamo dei suoi problemi. Perché noi non entriamo quando Lui ci parla dei nostri problemi. Noi entriamo quando, avendo ricevuto la luce sui nostri problemi, incominciamo ad interessarci dei suoi problemi. Qui c'è il trasferimento. Per cui, Dio viene a noi senza di noi, ma per formare in noi la capacità di andare a Lui.

Tu entri in quanto ti dedichi all’Altro, nella misura in cui ti dedichi all’Altro, tu entri nell’Altro (la fame).

Franco: Quindi sono i due giorni: il primo giorno ha un tramonto, concessione di Dio affinché noi ci sottomettiamo...

Luigi: Si, perché Colui che ti crea senza di te non ti salva senza di te; quindi in un primo tempo Lui ti forma senza di te, affinché tu abbia a dedicarti. Quindi: “A chi bussa viene aperto”, “Chi cerca trova”, ma bisogna cercare! Quindi, se incominci ad essere un essere che cerca, un essere che bussa, un essere che domanda, acquisti; perché ognuno di noi ha la capacità di ricevere nella misura in cui ha interesse per ricevere, in cui chiede, in cui domanda. Uno che non domanda, ad un certo momento, non può ricevere niente.

Franco: Anche nella fede, queste parole che Gesù ci dice, “Io in loro e Tu in Me”, ci danno la possibilità di dire “E’ vero!”.

Luigi: Ci dà la possibilità, ma non basta che Lui lo dica, tu devi capirlo, devi capire quello che Lui dice.

Franco: Dicendo “io sono nel mondo”, viene a predicare questo essere, evidentemente non essendo Lui quello che predica, in Lui c'è questo principio, il Padre. Infatti dice: “Le mie parole non sono Io che le dico ma è il Padre...”

 

Giovanna: Cercare di approfondire queste parole è cercare il problema di Dio.

Luigi: Cercare di capire le parole che Gesù dice è piacere a Dio. Tu piaci a Lui in quanto ti interessi di ciò di cui Lui ti parla. Tu piaci ad una persona in quanto ti interessi delle cose di cui quella persona parla. Allora lì facciamo la volontà di Dio. La volontà di Dio è quella! Cercando di capire le cose di cui Lui ti parla fai la volontà di Dio.

Giovanna: Anche se Lui parla anche di me.

Luigi: Certo, ma è tutto da capire. Tu non lo capisci pensando a te, tu lo capisci guardando da Lui, dal suo punto di vista.

 

Fabiola: Su questo versetto non ho niente da chiedere perché lo trovo molto astratto. Volevo chiedere rispetto a quello che ha detto Franco, cioè che Dio prima ci parla nei nostri problemi, poi segue il momento in cui ci parla dei suoi argomenti. Io sono a contatto con persone che sono proprio immerse nei loro problemi, quindi penso quanto sia difficile parlare ad una persona del problema di Dio che si identifica con il suo problema.

Luigi: Ad un certo momento diventa impossibile. E diventa impossibile a Dio stesso. Perché Colui che ti crea senza di te non ti salva senza di te, cioè non si può comunicare a te senza di te. Il che vuol dire che se sei chiusa, senti parlare di Dio, ma Dio è astratto, la tua realtà è un’altra, e questa realtà ti porta via. Ecco perché è importante affrettarci a conoscere Dio, entrare nella sua realtà e superare la nostra realtà; altrimenti noi stiamo fuori, il nostro io si fossilizza, si chiude in una conchiglia, non lascia più entrare niente. Soltanto se tu gli parli di quello che gli interessa, allora l’altro ti ascolta. Altrimenti l’altro non ha la possibilità di ascoltarti. È un rischio grosso che grava su ogni uomo; il rischio della chiusura sul proprio io.

 

Cris: Io pensavo che dovesse essere: “Tu in me ed Io in essi!”.

Luigi: Si, ma il rapporto tra Lui e il Padre l’ha già detto prima. Adesso, dopo aver detto “Io ho dato loro la tua gloria, la gloria che Tu hai dato a me” adesso dice, “Io sono in essi”. Ecco, c'è questo passaggio. Prima Lui è nel Padre, ed è solo nel Padre, è Figlio del Padre; poi “Io ho dato a loro quello che Tu hai dato a Me; adesso Io sono in loro per quello che Io ho dato a loro”.

Ad esempio: tu hai un segreto dentro di te, ad un certo momento questo segreto lo confidi ad un’altra persona; in tal modo hai dato te stesso all’altro; per cui puoi dire: “Io sono nell’altro per quello che ho dato all’altro”.

 

Silvana: Prima Gesù aveva detto: “Io e il Padre siamo uno” quindi pensavo che adesso spiegasse cosa vuol dire “essere uno” nel fine.

Luigi: Certo, certo nel fine. Attualmente, fintanto che non arriviamo nel fine, e quindi nello Spirito di verità, nello Spirito della presenza, il cammino che facciamo è sempre sulla fede. La fede sta in quanto accogliamo le parole che l’Altro ci dice. Non le capiamo ancora, però ci impegna a capirle. Questo è il cammino di fede.

Cosa vuol dire aver fede? Lasciare entrare in te una parola che ancora non capisci con la speranza (perché la fede va sempre unita alla speranza) di arrivare a capire. Se tu non credi, non arriverai mai a capire quello cose. Per questo che dico che siamo nel campo della fede. Lui dice delle parole che ancora non capisci, affinché tu, credendole, e quindi impegnandoti, mantieni la speranza di arrivare a capire. Allora, sulla promessa di Gesù, sulla promessa di Dio ti impegni a capire quello che Lui ti dice. Non dire “io non capirò mai questo!” non dirlo.

La Vergine Maria ha concepito proprio credendo all’impossibile. Così anche noi. Si tratta proprio di concepire, di concepire quello che Lui dice! La Vergine ha concepito per opera della parola di Dio. Si tratta di credere a ciò che ancora per te è impossibile, affinché credendo, dedicandoti, con la speranza di arrivare a capire, tu possa giungere a capire. Quando avrai capito, conosciuto, allora sarai passata dalla fede alla verità, alla conoscenza. Per questo dico che siamo nel cammino della fede.

 

Sandra: Faccio un esempio pratico: supposto che Dio sia una versione di latino e che uno, parlando con me, mi faccia uscire da me stessa, insegnandomi la grammatica, la sintassi, fino a rendermi capace di capire personalmente un brano; arrivo ad avere la padronanza della lingua.

Luigi: Questa si chiama “deformazione professionale”.

Sandra: In qualche modo devo usarla.

 

Rita: Qui è la presenza consapevole di Dio in noi.

Luigi: Annunciata! Annunciata! Perché se non ci fosse annunciata non potremmo desiderarla. Se tu non vedi un vestito in vetrina, non puoi desiderarlo; allora ti viene annunciato affinché tu lo desideri. Cosa mi dice qui? Mi dice che non ci capisco niente. Desidera capire! E desidera con la speranza di giungere a capire! Perché Dio lo promette. Se Dio te lo promette ti risponderà. Desidera, in modo da poter arrivare a capire quello che ancora non capisci.

 

Marisa: “Noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui”.

Luigi: Quello è quando Gesù parla di Pentecoste: “Se qualcuno vi ama Dio lo amerà e noi verremo e faremo abitazione presso di lui” il che vuol dire che la venuta dello Spirito Santo coincide con la conoscenza in noi del Padre e del Figlio. Infatti lo Spirito Santo è il rapporto tra Padre e Figlio.

Marisa: Questo quadro è un quadro di Pentecoste.

Luigi: Si, Gesù parla sempre in visione della Pentecoste, però Lui parla in anticipo di una cosa che ancora non capiamo, per darci la possibilità di crederla, di desiderarla e quindi di giungere a capirla. Per questo non capiamo. Perché Lui ci parla dal punto di vista della Pentecoste. Io sono lontano, allora ricevo il segno, però se tu desideri, ti impegni, Lui ti farà capire. Quindi, le sue parole sono già una promessa. Se Lui mi fa arrivare certe parole è perché vuol darmi ciò di cui mi parla, certissimamente. Se Lui vuole darmi, se non ricevo il difetto può essere soltanto mio.

 

Pinuccia B.: Dicendoci: “Tu in me”, ci fa capire che il Padre è in noi, perché il Padre è nel Figlio; ma prima ha detto: “Io in essi” quindi vuol dire che con Lui c'è il Padre.

Luigi: Si, con Lui c'è il Padre. Sta parlando di Pentecoste. Pentecoste vuol dire: “Verremo e faremo abitazione”; loro abitano già, siamo noi in difetto e che non vediamo Quelli che abitano in noi.

Pinuccia B.: Qui è proprio chiara la distinzione delle persone, quindi queste parole ci mettono in movimento per cercare il rapporto tra Padre e Figlio.

Luigi: Si, ma qui la grande rivelazione è questa: Lui, avendoci comunicato la gloria del Padre, quello che Lui ha ricevuto dal Padre, che ha comunicato a noi, adesso è in noi e in Lui c'è il Padre. Per cui il Padre e Lui sono in noi: Padre, Lui in noi e Spirito Santo.

 

 

Pensieri conclusivi:

 

Nino: Lui ci comunica di essere in noi e che il Padre è in Lui. Gesù ci ha comunicato “come” è Lui nel Padre. Quindi Lui e il Padre sono in noi. Questo lo crediamo per fede e attendiamo con la speranza che Dio ci faccia vedere.

Luigi: La realtà che corrisponde a queste parole. Dobbiamo arrivare alla realtà.

 

Franca: Dio che parla nei nostri problemi è concessione per portarci a occuparci dei suoi problemi. Prima di Pasqua la realtà si offre a noi, quindi fino alla morte di Cristo in croce Dio si concede.

Luigi: Si, si concede fino alla morte, dopo siamo noi che dobbiamo offrirci a Lui.

 

Delfina: La vita esiste soltanto entrando nella comunicazione dell’Essere, cioè dando la nostra partecipazione unificando la purezza di spirito, che sarebbe mettere Dio al di sopra di tutto.

Luigi: Si, ma questa purificazione avviene in quanto Lui ti parla. E’ parlando che ti purifica. Infatti Gesù dice: “Voi siete puri a motivo delle parole che vi ho detto”, perché le sue parole sono acqua che lava, che purifica. E quando da quella purificazione si è ottenuta quella semplicità di pensiero unico, lì c'è trasparenza, c'è conoscenza, c'è comunicazione.

 

Domenico: Le ultime parole del Figlio ci raccolgono nel pensiero unico del Padre. Questo pensiero che deriva dal Padre è lo Spirito Santo. Da quel momento si riceve da-.

Luigi: Termina il cammino della fede ed inizia quello della conoscenza.

 

Osvaldo: Noi dobbiamo mettere nella realtà queste parole.

Luigi: Dobbiamo trovare la realtà che corrisponde a queste parole.

Osvaldo: Indubbiamente le parole del capitolo 17 sono tra le più difficili, però abbiamo la promessa di Dio che vuole farcele capire; se restiamo ce le farà capire.

Luigi: Certo, è promessa di Dio. D’altronde se Lui dice queste parole, non le dice per metterci al muro, per fucilarti, ma per darci la possibilità di intenderle. Altrimenti non parlerebbe nemmeno! Però è Lui che ci fa entrare (capire).

 

Antonio: E’ urgente la partecipazione a quello che è il Padre.

Luigi: Si, ma per partecipare devi desiderare di capire le parole che il Figlio ti dice. E’ il Figlio che ti rende partecipe. Solo il Figlio conosce il Padre, “Nessuno conosce il Padre e non il Figlio”. Il Figlio parlando a te ti comunica qualche cosa del Padre se tu hai interesse per capire; se tu hai altri interessi restano parole gettate, cioè sangue sparso invano.

 

Giovanna: Gesù ci comunica la vita facendoci conoscere il Padre.

Luigi: …parlandoci. Parlandoci ci comunica la vita. Se Lui non parla tu precipiti, “Non mi dice niente!”, resti desolata.

Giovanna: Quindi Lui ci dona già tutto prima di morire in croce, perché ci dice già tutto.

 

Marisa: La gloria del Padre nel Figlio è quella che riesce ad illuminare l’uomo attraverso le parole del Figlio.

Luigi: Ed è anche quello che riesce ad accecare l’uomo. Cioè, è la presenza di Dio in noi che ci fa scoprire che non capiamo niente, che ci fa scoprire che siamo nella notte. La notte è formata dalla presenza di Dio; per cui la stessa presenza può essere in noi luce, ma può essere anche tenebre; la stessa presenza.

 

Silvana: Gesù comunicandoci la sua gloria ci fa capire che è in noi, dato che la sua gloria è il Padre, il Padre è il principio di questo capire.

Luigi: Lui comunicando ci annuncia; per capire dobbiamo guardare il Padre. E’ dal Padre che scopriamo la realtà delle cose che il Figlio dice. È la realtà che ci fa capire le parole; le parole ci mettono in ansia, in ansia di capire, in ansia di trovare quella realtà che corrisponde a quelle parole. Però la realtà è il Padre che la fa, è dal Padre che troviamo la realtà di quelle parole; trovando la realtà possiamo dire: “Ah, ecco perché ha detto quelle parole!”, è la realtà che illumina le parole, che le fa capire.

 

Pinuccia A.: La consapevolezza della presenza del Padre e del Figlio è lo Spirito Santo.

Luigi: Si, perché lo Spirito Santo è lo Spirito della presenza, Spirito della presenza del Padre e del Figlio. Spirito della presenza.

Pinuccia A.: E quando siamo consapevoli di questa presenza abbiamo capito il rapporto che c'è tra Padre e Figlio?

Luigi: Si, certo! Perché lo Spirito Santo è proprio questo rapporto. Infatti la presenza di un essere è un rapporto con il pensiero, con un desiderio che hai in te.

Se io dico che qui non c'è nessuna biro è perché la biro ce l’ho in testa. Se cerco la biro, ma la realtà non è biro, sperimento l’assenza; così anche la presenza. Vedi che c'è un rapporto?! Per cui noi corriamo il rischio che se in noi non c'è il desiderio, il pensiero di Dio, rischiamo di non arrivare a questo rapporto, a questa realtà, di non trovare la realtà. Per questo che Colui che ti crea senza di te non ti salva senza di te; perché finché non si forma il Pensiero di Dio, tu non puoi trovare la presenza di Dio.

 

Rita: La conoscenza è vita eterna.

Luigi: La conoscenza di Dio è vita eterna.

Rita: Il Pensiero di Dio viene dato a noi senza di noi ma la conoscenza non viene data a noi senza di noi.

Luigi: Non può essere data a noi senza di noi.

Rita: Quando il desiderio raggiunge la massima potenza, là si realizza.

 

(?): ___________?__________

Luigi: Si, è logico. Se le parole non sono capite, ti seminano il desiderio di capire, e basta! Ti fanno capire di non capire.

 

Pinuccia: Questa è la vera realtà: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Luigi: E’ la realtà assoluta, è l’Essere assoluto!

 

Pinuccia: E’ la relazione assoluta! Dio ci educa a questo attraverso i rapporti con le creature.

Luigi: Tanta marmellata.

 

* * *

 

N.B.: Il testo, tratto da registrazione,

        non è stato rivisto dall'autore e mantiene lo stile discorsivo.

 

 

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