UtUnumSint
“Omne verum, a quocumque dicatur,
a
Spiritu Sancto est”
(S. Tommaso d’Aquino)
LA LUCE
Parte terrza
RESTARE CON
LA LUCE
"Fintanto che avete la luce camminate
nella luce
per non essere
sorpresi dalle tenebre"
(Gv 12,35)
"Và alla piscina di Siloe e lavati”
(Gv 9,7)
Bisogna avere il coraggio di spendere tutto per conoscere
Dio; bisogna avere il coraggio di perdere tutto ciò che si ha per
ottenere ciò che non si ha.
Chi cerca di salvare ciò che ha, lo perde; ma
chi lo perde per cercare Dio, lo salva veramente.
E’ la paura di perdere ciò che abbiamo
che ci fa soffocare la vita, l’amore, ci fa sotterrare il bisogno di
conoscere Dio sotto i nostri interessi terreni, le nostre ambizioni, i nostri
affari nel mondo, il pensiero del proprio io che diventa la pietra tombale
della nostra esistenza.
Crediamo di fare i nostri interessi e invece stiamo perdendo tutto
poiché perdiamo il tempo e la disponibilità per cercare e
conoscere Dio.
Trascurare di cercare e di conoscere Dio è trascurare la nostra
anima, il bisogno di Assoluto, di Verità, è trascurare la nostra
stessa vita.
Sotterrando il talento di Dio sotto i nostri impegni terreni sotterriamo
la nostra stessa vita.
Gli
uomini hanno messo il primato nella società, nel lavoro, nei doveri nelle
leggi, nelle strutture, nelle istituzioni, nella politica, e hanno creato la
civiltà delle menzogne.
E’ necessario riconoscere il primato della conoscenza di Dio.
Nulla va anteposto alla Verità di Dio, alle sue esigenze ed alla
ricerca di essa, poiché siamo stati creati per questo.
“Stimo come perdita ogni cosa di fronte alla sublime conoscenza
del Signore” scriveva S. Paolo.
Siamo stati creati per conoscere Dio: qui sta il nostro destino e
bisogna che ogni uomo possa dire a coloro che vorrebbero distoglierlo dal suo
fine:” se sia giusto dinanzi
a Dio ubbidire a voi piuttosto che a Dio, giudicatelo voi stessi”.
Non
c’è autorità maggiore della Verità, né amore
più grande.
Il
resto è vernice, è recitazione, è convenienza.
Bisogna avere il coraggio di ubbidire alla Verità di Dio
più che agli uomini e alle loro ragioni, fossero anche coloro che
più hanno, o vantano di avere, autorità, poiché
Gesù stesso dice:” non date a nessuno il nome di Maestro,
perché uno solo è il vostro Maestro: Cristo!”.
Dio
creando l’uomo ha voluto farsi Lui stesso Maestro dell’uomo e non
ha voluto che l’uomo avesse altri maestri per non lasciarlo in balia di
tutto ciò che dicono gli altri.
Dio
è il vero Maestro dell’uomo: Lui è la luce che illumina
ogni uomo fin dal primo giorno. E’ Lui che lo istruisce nella
Verità e lo fa camminare nel retto cammino, lo mantiene orientato al
fine e lo rende saggio nella misura in cui l’uomo è attento alle
sue lezioni e vi pone mente per capirle.
Principio della sapienza è l’attenzione a Dio, e pienezza
della sapienza è ancora l’attenzione a Dio.
Se
offrirai i tuoi orecchi all’ascolto di Dio come fa l’allievo verso
il suo maestro, dice la Scrittura, riceverai la Sapienza, e se amerai sederti
ad ascoltare e ad applicare la tua mente alle cose di Dio, mentre tutti gli
altri pensano a correre per il mondo, a guadagnare, a divertirsi, a fare
carriera, riceverai la Sapienza, poiché Dio istruisce ogni uomo che
l’ascolti nella Verità.
Tra
l’ascolto e il capire c’è il tempo del silenzio; un tempo
necessario di dedizione richiesto ad ogni uomo, tempo d’amore per
ciò che gli è stato annunciato, tempo di festa, vero sabato nella
cui pace Dio ci invita ad entrare per renderci partecipi della sua pace e
trasformarci nel suo cielo.
Esso è un atto di libertà per un possesso più pieno
e profondo della Verità di Dio.
Non
è rifiuto, ma restituzione del mondo a Colui al quale appartiene, quindi
un atto di giustizia per entrare nell’amore e incontrare Dio nella luce
della sua Verità, poiché è Dio, e non l’uomo, che
forma la sua Verità in noi e rivela a noi a in noi la sua Presenza, il
suo Volto.
Dio, questo mistero davanti a noi infinito, inesauribile, trascendente
tutto ciò che vediamo e tocchiamo, è tuttavia tale che ogni
giorno possiamo assimilare qualche cosa, anzi ci fa vivere ogni giorno nella
misura in cui ne assimiliamo qualche cosa per noi e anche per tutti gli uomini,
vita per tutti:” Chi cerca la verità lavora per tutti”, dice
la Scrittura.
Nessuno lavora di più per sé e per gli altri di colui che
si raccoglie nel silenzio con Dio.
Se
l’uomo fa il silenzio dentro di sé per ascoltare Dio, allora tutto
collabora per la sua liberazione da tutto ciò che lo soffoca e per la
pienezza della sua vita, perché Dio ha fatto e ancora oggi fa ogni cosa
perché ognuno di noi possa capire che Egli esiste e sapendolo si impegni
a cercarlo, a trovarlo ed a conoscerlo:” cercate prima di tutto il regno
di Dio e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù”.
Prima di iniziare la sua vita pubblica, Gesù volle ritirarsi da
solo nel deserto per quaranta giorni di digiuno e di preghiera, per insegnarci
l’importanza della solitudine e del silenzio nella nostra vita, per la
nostra vita; per insegnarci a non aver paura dello sconfinato deserto della
ricerca personale e dell’adorazione del Dio unico che crea e regna ed
è presente ed operante in tutto, poiché proprio in questo sta lo
scopo della nostra vita:” uno solo è il Signore Dio tuo: non avrai
altro Dio fuori di me” dice il Signore ad ognuno di noi chiamandoci
all’esistenza.
Il
silenzio, questo deserto in cui ogni uomo deve imparare a ritirarsi per passare
dalla notte alla luce, è la prima tappa della ricostruzione della vita
spirituale in noi.
E’ questa una delle prime differenze tra lo Spirito di Dio e lo
spirito del mondo, espressione del nostro io. Lo Spirito di Dio quando entra
nella nostra vita fa sentire il bisogno della solitudine e del silenzio per
accoglierci nella sua luce; lo spirito del mondo invece fa sentire il bisogno
di agire, di correre, di immergersi nel rumore, nelle cose esteriori, di
dialogare con il mondo.
Il
deserto è lasciare tutto il resto per trovare, nella maniera più
pura ed esclusiva, la Presenza del Padre. L’esperienza del deserto resta
fondamentale:” essa è insostituibile per la vita spirituale”
scrive P. Jean Galot.
Solamente il silenzio di tutto può abbracciare Colui che è
al di sopra di tutto.
“Imparate a starvene vuoti di tutte le cose e vedrete come io sono
Dio” riferisce S. Giovanni della Croce nella Salita al Monte Carmelo.
Questa adorazione del Dio Creatore, presente ed operante in tutto,
Signore di tutte la cose visibili ed invisibili,
richiede lo sconfinato deserto in cui il Dio invisibile e pur presente parla
agli uomini come amico personale e si intrattiene per far loro conoscere la sua
Verità, il suo Volto, ed educarli alla vita di comunione con Lui.
Il
deserto allora è lo spazio di solitudine in cui Dio attende ogni uomo
per farlo uscire dalla sua notte e portarlo nella sua luce e renderlo partecipe
della sua vita.
Se
l’uomo non rimane solo con il suo Dio, non avrà un incontro reale
con Lui, non giungerà alla sua presenza, non troverà la sua luce,
non uscirà dalla sua morte.
Il
deserto è il luogo per abituarci a parlare a tu per tu con Dio per
crescere nella conoscenza di Lui. Se cresce in noi la conoscenza, cresce
l’interesse, cresce l’amore, si scopre la vera vita.
Ma
gli uomini credono che la vita sia stata data loro per guadagnare denaro, per
fare carriera, per curare il loro prestigio e la loro gloria, e spendono
così tutto il loro tempo, tutte le loro forze, tutti i loro pensieri
dietro queste cose. Essi misurano il senso e il risultato della loro vita dalle
ricchezze che riescono ad accumulare, materiale e culturali, da quanto
più di mondo riescono a mettersi attorno.
Così si sottraggono alla ricerca e alla conoscenza di Dio in nome
del lavoro, degli impegni sociali, religiosi, impegni con il mondo, con le
istituzioni e con le strutture da sostenere; inventano mille pretesti per
giustificare questo disimpegno della ricerca di Dio dicendo che la loro
occupazione nel mondo è il loro dovere, che lavorare è pregare,
che Dio bisogna cercarlo nell’uomo e nella società.
Con
ciò credono di tranquillizzare la loro coscienza e non si accorgono
della pagina di anti-evangelo che essi scrivono nella loro vita, poiché
Gesù escluse dalla sua Cena del Regno di Dio proprio coloro che vollero
scusare la loro assenza in nome di un loro impegno nel mondo, nella famiglia,
nei doveri. Così accade che gli uomini sostituiscono il dialogo con il
mondo al silenzio e alla vera preghiera, i convegni al raccoglimento in Dio,
l’azione e il movimento a fermarsi nella solitudine per conoscere Dio, le
chiacchiere alla meditazione e alla ricerca, e credono di servire Dio.
Cristo, Verbo di Dio tra noi, è rivelazione che Dio è
presente in noi e parla con noi. Egli ci ha rivelato che l’uomo è
un essere che riceve lezioni da Dio, e in quanto le riceve, ha la
possibilità ed è tenuto a capirle.
“L’essenza della perfezione consiste nella capacità
di ricevere molto da Dio” scriveva Raissa Maritain nel suo diario.
La
capacità di ricevere è proporzionale al vuoto che facciamo in noi
stessi, allo spazio sacro che dedichiamo a Dio e che offriamo al suo amore.
Anche Edith Stein, da quel Carmelo dal quale i nazisti dovevano
strapparla per condurla a morire in un Lager, scriveva:
“Prima di tutto l’anima deva vuotarsi di se stessa e tendere
al silenzio interno”.
Il
deserto in senso spirituale non è un luogo e non lo si trova correndo
qui o andando là, ma consiste nel raccoglimento in Dio. Sta
nell’uscire quindi dalle questioni, dai problemi e dai rumori del mondo,
da ciò che dicono gli uomini e dai loro problemi e questioni: sta nel
dimenticare ogni cosa per raccogliersi con Dio. Il deserto è dato dalla
presenza con Uno solo.
“E’ nella solitudine, in questo rapporto solo con Dio, in
questo raccoglimento profondo dell’anima dimentica di tutto il resto, che
Dio si dona interamente a colui che così si dona totalmente a Lui”
scriveva Charles de Foucauld.
Il
deserto è attenzione a uno solo; è far tacere dentro di noi ogni
altra voce per poter ascoltare la voce di Dio, per intendere dalla sua bocca
quelle parole che Lui solo può dire e di cui l’uomo vive, che sono
luce, liberazione e vita per noi e per tutti.
Il
deserto è un luogo teologico in cui si passa dal visibile
all’invisibile; spazio sacro in cui la Parola si compie, viene fatta;
luogo per incontrarsi con ciò che Dio è.
Il
deserto, luogo di accoglienza dell’invisibile e dell’infinito,
è la grande scuola in cui l’uomo impara a vivere in
intimità con Dio, sorgente della vera vita.
Le
grandi figure dei patriarchi, dei profeti, dei santi, hanno per sfondo lo
scenario del deserto: solitudini del Sinai, dell’Oreb,
del Carmelo, eremi dell’Egitto, della Siria, dell’Anatolia,
dell’Athos; grotte di Subiaco e di Manresa,
foreste di Camaldoli, di Clairvaux, della Verna,
della Grande Chartreuse; deserto di Tamanrasset:
queste furono le culle dei giganti dello Spirito, dei pellegrini
dell’assoluto.
E’ negli alti pascoli della preghiera personale e nel silenzio di
tutte le cose, che incontriamo la Verità di Dio e la esperimentiamo:
Verità che ci trasfigura tutte le cose, tutti i valori, tutti i
pensieri, tutta la vita.
Nel
deserto si scopre come veramente ciò che è grande davanti al
mondo, è niente davanti a Dio, e come invece è niente davanti al
mondo è grande davanti a Dio.
Lì si scopre l’assurdità del nostro modo di vivere,
di pensare, di parlare, di agitarci dietro le cose e i problemi, mentre
dovremmo solo cercare di capire la lezione che Dio ci vuole dare in tutte le
cose e in tutti i fatti, poiché sono lezioni per educarci alla vita
semplice e unitaria nel suo Regno ed a far conto su Dio in tutto.
Vogliamo cambiare le cose e il mondo, vogliamo cambiare le lezioni, e
non ci accorgiamo che le cose e il mondo sono lezioni di Dio per cambiare noi,
soprattutto per liberarci dal pensiero del nostro io, dal culto della nostra
personalità che vuole essere centro di tutto e ci sta imprigionando,
mentre centro di tutto è Dio.
E’ l’adorazione di noi stessi, è il parlare di noi,
è il presentare noi nella vetrina del mondo di fronte alla passeggiata
degli uomini, è il culto della nostra personalità, della nostra
carriera e della nostra promozione sociale, ciò che ci impedisce di
fermarci nel silenzio e nella preghiera, di imparare a far conto su Dio e di
amare Dio.
Il
figlio di Pietro di Bernardone decise un giorno di non adorare più se
stesso. Allora si fermò, si innamorò del Vangelo, di Dio, e fu S.
Francesco.
Ma
vi è anche un deserto che cresce nella vita di ogni uomo a sua insaputa
via via che la vita passa, una solitudine che lo invade man mano che il tempo
passa ed egli viene a trovarsi davanti ai grandi problemi dell’esistenza
non risolti ed allo spogliamento progressivo di tutto ciò che non vale
per la vita eterna. E’ la coscienza di un mistero che si fa via via
più presente, più pressante.
Così si muore sempre soli, come si è sempre soli di fronte
ai veri problemi.
E’ la solitudine, è il deserto in cui Dio conduce ogni uomo
per metterlo di fronte all’essenziale per la sua salvezza e la sua vita
esterna; scomparsa delle cose ufficiali, convenzionali, esteriori, che
contribuisce a mettere in luce la profondità dell’impegno
personale richiesto dalla conoscenza di Dio, al quale l’uomo si è
sempre sottratto.
Se il
deserto lo incontriamo quando ci avviciniamo a Dio per conoscerlo, il deserto
è anche il misteri di Dio che si avvicina a noi: è il Regno di
Dio che si avvicina personalmente ad ognuno di noi, comunque siamo.
E’ il deserto in cui Dio conduce l’uomo per parlare
personalmente al suo cuore, che non è un luogo, non è un tempo,
ma sono i problemi non risolti, sono le domande della nostra anima che non
hanno ottenuto risposta perché non hanno mai trovato in noi spazio per
giungere ad una risposta.
Così man mano che viviamo si formano in noi problemi più
grandi di noi, più grandi di tutte le parole che dicono o possono dire
gli uomini e delle tante questioni che si agitano nel mondo, e il deserto in cui l’uomo
è chiamato, diventa la situazione esistenziale di ogni uomo, diventa
l’uomo stesso.
Si
può essere sopraffatti dalla Luce, ma si può anche essere
sopraffatti dal deserto.
Il
giorno della festa, questo riposo da tutte le cose per poterci occupare di Dio
ed entrare nella sua pace, può trovarci impreparati a viverlo.
Allora può essere una tragedia.
Vi
è una festa, vi è un tempo di riposo da tutte le cose che vieni
nella vita di ogni uomo; vi è un tempo in cui il vento che soffia nel
mondo e agita e fa correre tutti, tace. Allora l’uomo scopre
improvvisamente di non saper più cosa fare; allora esperimenta il vuoto,
l’inutilità. E’ Dio che conduce l’uomo nel deserto per
impegnarlo personalmente nel suo mistero.
Il
tempo è l’opera di Dio tra noi, in noi, è il vento dello
Spirito che soffiando sul terreno della nostra vita porta via e annulla tutte
le cose, tutti gli interessi, tutte le parole che seminano gli uomini, tutte le
promesse, tutte le volontà, tutti i valori su cui facevamo conto e su
cui avevamo costruito i nostri edifici e riposto le nostre speranze, per
portarci a tu per tu con Dio ad più la bocca di altri, ma dalla sua
stessa bocca, le sue Parole. “Io stesso verrò” è la
promessa di Dio nel tempo che passa. Il tempo che passa è Dio che viene.
E’ la venuta di Dio per noi, nella nostra vita personale.
L’uomo è un testimone della Verità di Dio anche
quando non conosce Dio, anche quando Lo rifiuta, poiché Dio abita
nell’uomo, è presente e parla con lui in tutto. Ma se l’uomo
è testimone di Dio, è anche responsabile del posto che gli
dà nella sua vita, nei suoi interessi, nel suo tempo, nei suoi pensieri;
lo può mettere in alto al di sopra di tutto, o in basso, al di sotto si
tutto, fino a volerlo ignorare.
Ma
Dio è Colui che se può essere rifiutato o negato, non può
essere ignorato. Non può essere ignorato ciò che si rifiuta, e
ciò che noi diciamo di voler ignorare è sempre ciò che
vogliamo rifiutare. Anche chi rifiuta Dio scusandosi col dire:” non lo
conosco”, non lo ignora. E’ il paradosso del mentitore: non
può ignorare ciò che dice di ignorare.
Chi
rifiuta Dio non può ignorarlo.
E
chi si rifiuta di riconoscere personalmente i segni che Dio gli manda in attesa
di quello che ne diranno gli altri, non riceverà da Dio altro segno.
Se
occuparsi personalmente di Dio è vivere, rifiutare di occuparsi di Dio
è rifiutare la vita. Allora si va a cercare la propria vita in cose che
stanno passando o che sono passate, e in questo si trova il giudizio e la
condanna, poiché più niente e nessuno può dare quella vita
che si è rifiutata rifiutando di interessarsi di Dio.
Ogni uomo è chiamato dalla presenza di Dio alla presenza di Dio.
Così, per la presenza di quest’opera di Dio in tutti, tutto a poco
a poco coopera ad inoltrarci in quel deserto in cui le parole degli uomini non
dicono più nulla per noi. E dobbiamo aspettarcelo questo tempo,
poiché certamente verrà prima che le nostra vita in terra
finisca, prima che i nostri occhi si chiudano.
Ma
solo coloro che seguono l’appello del divino, dell’assoluto, solo
coloro che sono attratti dal Padre, dal bisogno di conoscere Dio, hanno il
coraggio di avventurarsi con tutta la loro anima là dove tutto tace ed
è niente tutto ciò che gli uomini dicono, per ascoltare la Parola
pura di Dio dalla bocca di Dio, quella Parola di cui ogni uomo vive, che
“sola” convince e salva le nostre anime.
La
luce è una presenza; il buio è assenza. Nel buio non vediamo i
volti, non comprendiamo, non riconosciamo le cose.
Tutto ci giunge anonimo, sconosciuto, distorto, fintanto che non vediamo
la luce.
La
luce che ci fa uscire dalla solitudine è il Pensiero di Dio, che ci
è dato e che portiamo in noi come un pensiero morto, spento. In Lui ci
ritroviamo, ci riconosciamo e tutte le cose acquistano un volto, un
significato. Dio ci ha benedetti con la luce della sua Verità.
Risplende su di noi la luce della Verità. La Verità
è il Volto di Dio.
Una
luce è una presenza. Vera luce è la presenza del Pensiero di Dio
in noi.
E’ questa luce che ci fa raccogliere tutto nel Padre e ci
dà la vita.
CONCLUSIONE
Con un po’ di fango ed una sua Parola Dio in
principio creò l’uomo; con un po’ di fango ed una sua
Parola, Cristo, Figlio di Dio, ridiede alla luce un uomo cieco dalla nascita.
E
poiché i ciechi di turno seduti sui gradini del Tempio di Dio a chiedere
l’elemosina ai passanti oggi siamo noi, anche se ci vantiamo di essere
autonomi, ricchi, potenti e liberi, e di non aver bisogno di nessuno, Cristo
ripete a noi ciò che allora volle fare per quello, poiché
ciò che Egli fece allora è rivelazione di ciò che Egli fa
con ogni uomo per portarlo nella luce.
Ma
non tutti di noi ascoltano, come quel cieco, la Parola di Gesù e la
seguono. Oggi ci teniamo gli occhi coperti di fango senza andarceli
a lavare nella piscina di Siloe, che significa “mandato da”
è il simbolo dello Spirito di Cristo in cui ogni uomo è chiamato
a lavarsi per guarire dalla sua cecità, e trovare la sua pace.
Dio
dopo aver creato tutte le cose attraverso i sei giorni della creazione ( ed
ogni cosa, ogni fatto arriva a noi ancora oggi attraverso questi sei giorni
della creazione di Dio), entrò nel suo riposo e inaugurò un
giorno senza sera. Fu per noi, per invitare noi ad entrare in questo riposo di
Dio, per insegnarci che dopo aver ricevuto i suoi messaggi, visto le sue opere,
ascoltando le sue parole, vi è un passaggio da fare se vogliamo restare
con Colui che si è ritirato nel suo riposo: è necessario
raccoglierci in Lui, nel suo silenzio, per ricevere da Lui quella Luce,
rivelazione del Suo Volto, che viene solo da Lui e da Lui solo.
La
conoscenza di Dio si ha solo in Dio e da Dio.
Se
non facciamo questo passaggio, i nostri occhi restano pieni di terra, e la
terra non dà luce.
Allora la nostra notte si prolunga e può diventare in noi una
notte senza fine.