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L’alleanza di Dio con gli uomini (III parte)

 


Dio ha fatto un patto di alleanza con tutti gli uomini per salvarli e condurli a conoscere la sua  Verità: ha posto in essi il desiderio di conoscerlo, ha formato in essi la fame, il bisogno di assoluto ed ha detto a tutti in molti e svariati modi: cercatemi e vivrete. Ecco, Dio vuole che l’uomo si occupi di Lui. Per questo gli ha dato la possibilità di pensarlo e gli ha posto in cuore il desiderio di conoscerlo.

Ogni giorno Dio ci sollecita a cercarlo, affinché abbiamo a trovare la nostra vita ed a non esperimentare la morte. Il tempo che passa ci sospinge a pensare a Dio, ad occuparci di Lui.

Ogni giorno è una proposta d’amore che giunge a noi da parte di Dio, un invito a prendere parte alla sua luce. Ogni giorno facciamo una scelta: o scegliamo Dio o scegliamo cose del mondo; o mettiamo prima l’interesse per conoscere Dio, o mettiamo prima l’interesse per conoscere altro; o ci occupiamo di Dio, o ci occupiamo di altro. Ogni giorno ci consacriamo a Dio o a ciò che non è Dio.

Poter pensare Dio, poterci occupare di Lui per conoscerlo, è il più grande dono che Dio ci ha fatto, ma è anche ciò che maggiormente gli uomini trascurano offendendo così l’alleanza che Dio ha fatto con loro. Hanno sempre altro da fare! Per questo esperimentano il vuoto e la morte. La vita è partecipazione, e poter partecipare è prendere parte alla vita di un altro.

Dio ci ha creati per prendere parte alla sua vita. Prendere parte alla vita di un altro è amare.

Molti hanno paura di pensare. Per questo molti si immergono nell’attività, nell’agiatezza, nel rumore. Tanta agitazione, tanto darsi da fare, nasconde il più delle volte la paura di pensare e di conoscere. Hanno paura di fermarsi; hanno paura del silenzio. Sanno che fermarsi vuol dire mettere in crisi il loro modo di vivere. Molti hanno paura di pensare perché hanno paura di cambiare: hanno messo se stessi al disopra della Verità.

Ogni giorno la tua vita può cambiare; se non cambia è perché hai perso un’occasione per fermarti. Chi ha paura di fermarsi ha paura di amare. Chi ha paura di amare, di mettere in gioco la propria vita per cercare e conoscere Dio, incomincia veramente a perderla. Come non si può passare tutta la vita senza amare, poiché la vita è amore e vivere vuol dire fare delle scelte, così non si può passare tutta la vita senza fare una scelta nei riguardi di Dio, senza dichiarare davanti a Cristo morto in croce quello che più ci sta a cuore, quello che vogliamo mettere prima di tutto, al disopra di tutto.

Cristo è venuto a proporci Dio, la ricerca e la conoscenza di Lui come ciò che dobbiamo mettere al disopra di tutto. È da questa scelta che si entra a far parte dell’alleanza di Dio o si esce da essa. È da questa scelta che dipende la nostra Pasqua e la nostra risurrezione.

Chi pensa a se stesso e cerca la propria gloria, non può credere in Dio e non può amare, non può nemmeno capire che cosa significa vivere per conoscere Dio. Gesù infatti dice: “Come potete credere voi che elemosinate la gloria gli uni dagli altri?”. In realtà siamo molto più mendicanti di gloria a tutti livelli di quel che noi stessi crediamo di essere: per questo abbiamo tanta difficoltà a fermarci, a credere all’alleanza di Dio ed a vivere per conoscerlo.

Fintanto che l’uomo pensa a se stesso e ama la sua vita tra le cose del mondo, non può aderire a Dio, non può credere, non può avere presente Dio, non può capire il significato della Pasqua. Chi vive secondo il mondo, dietro le cose del mondo, muore nella notte del mondo. “Se non credete che io sono morirete nel vostro peccato” dice il Signore.

Chiamati ad assistere al trionfo della vita finiamo di assistere al trionfo della morte proprio perché trascuriamo il patto di alleanza che Dio ha fatto con noi. Crediamo di affermare la nostra libertà e la nostra autonomia, e invece affermiamo il nostro niente e la nostra morte. Crediamo di condannare a morte Dio e condanniamo a morte noi. Corriamo il rischio anziché di essere contemplatori di Dio e del suo Regno, di diventare contemplatori della nostra morte in tutto.

Ma la morte cui il mondo condanna il suo Dio, non è l’ultima parola dei rapporti tra Dio e l’uomo, e questo è misericordia di Dio. Dio di sua iniziativa, e senza adesso più chiedere la collaborazione dell’uomo, anzi contro la stessa volontà dell’uomo che vorrebbe che ciò che ha detto resti detto e ciò che ha fatto resti fatto, aggiunge una sua pagina all’ultimo atto scritto dagli uomini contro Cristo, e cambia radicalmente il senso di tutto ciò che è stato detto e di tutto ciò che è stato fatto. Dio adesso entra di autorità nel nostro mondo chiuso sul quale credevamo aver posto definitivamente a sigillo la pietra, la materia, la nostra autorità, la nostra autonomia e l’autonomia da Dio del mondo esterno, e sconvolge tutti i nostri argomenti, tutte le nostre ragioni, tutti i nostri calcoli.

Con la sua risurrezione da morte Cristo ci ha fatto dono di una speranza immensa: la morte non è l’ultimo atto della nostra esistenza, non è la conclusione di tutto. Essa è solo un momento della nostra vita.

 

 (articolo pubblicato il 10.04.1985,

sul settimanale Diocesano “La Fedeltà”, scritto da Luigi Bracco)

 

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