UtUnumSint
L’Eterno che è in noi (III parte)
La
vera vita è
un'esperienza diversa dalla vita secondo il mondo, dalla vita che fanno
tutti. Per questo la «porta è stretta» ed è necessario
l'ammonimento di Gesù: «sforzatevi, di
entrare».
La vera
vita è un'esperienza nettamente personale con Dio, perché si tratta di una vita
offerta, non imposta. Essa nasce da Dio, il quale essendo presente in noi ci dà la
possibilità di attingere la nostra vita da Lui e di vivere personalmente con
Lui.
Con la
presenza di Dio in noi, abbiamo con noi ciò che può dare vita, luce,
significato alla nostra esistenza, poiché abbiamo con noi, a nostra
disposizione, la fonte dell'essere, della verità e della libertà, il principio
cioè su cui edificare il nostro essere.
S. Nicola de
Flue, colui che gli svizzeri chiamano «Padre della Patria», l'eremita dell'Unterwald, definito da Pio XII: «un Titano della
preghiera», in una delle sue visioni, riferisce che:
«Durante il
sonno o in ratto di spirito, gli parve di arrivare su la piazza di un villaggio.
Gran gente era occupata a lavori quanto mai penosi, e ciò nonostante, tutti
erano in gran povertà. Ristette a guardarli, sorpreso di vederli imporsi così
dure fatiche e rimaner tuttavia tanto poveri.
Alla sua
destra sorgeva una casa, come un castello, la cui grande porta era aperta. Allora si disse: “Ti conviene entrare per
vedere cosa c'è dentro”. Entrò e si
trovò in una grande sala. A destra, una
piccola scala di quattro gradini. Solo
qualcuno vi saliva, ma erano pochi, e tutti avevano le vesti asperse di bianco.
Dai gradini erompeva, per affluire in una vasca della sala, un triplice
ruscello di vino, di olio e di miele. Scorreva con la rapidità del lampo e con
un rumore che si sarebbe detto il suono di una tromba.
L'uomo si
disse ancora: “Occorre salire per vedere di dove viene questo ruscello”.
E il suo stupore cresceva nel vedere che nessuno di quelli che erano intenti al
lavoro, venisse ad attingere alla fonte, alla quale, essendo comune, chiunque
poteva appressarsi a piacimento.
Salì i gradini
e giunse in un'altra grande sala. Sorgeva nel mezzo un vasto bacino quadrato,
di dove sfuggiva il ruscello.
Si avvicinò
per veder meglio, ma ecco che nell'andare sentiva il piede affondare come nella
melma di una palude.
Comprese che per
arrivare alla sorgente occorreva camminare presto e trarre agilmente i piedi
dal suolo.
Il grande
serbatoio era colmo: ai quattro angoli delle enormi placche di metallo.
Il liquido
scorreva attraverso un canale e tanto nel bacino quanto nel canale era sì
armonioso il suono che l'uomo ne rimaneva come estatico per l'ammirazione.
La sorgente
poi era così limpida e cristallina che sarebbe stato facile vedere un capello.
E sebbene
l'emissione fosse meraviglio-samente abbondante, il
bacino restava sempre pieno, come se da un momento all'altro dovesse
traboccare.
L'uomo notò
che quanto più rapido il liquido scorreva tanto più ne avrebbe dato la
sorgente, perché ne stillava da tutte le fenditure.
Pensò allora:
“Adesso discendi!”.
Nella prima
sala trovò che il liquido fluiva da ogni lato della vasca e disse dentro di sé:
“Esci un po’ a vedere cosa fa questa gente e perché mai nessuno viene ad
attingere a questa fonte che scorre con tanta ricchezza”.
Uscì di fatti
e trovò che tutti erano rimasti poveri come prima, malgrado l'enorme fatica
che sostenevano per guadagnare denaro.
Si fermò
allora a guardare cosa facessero. E vide che uno aveva costruito una barriera
attraverso la piazza e, postosi nel mezzo, tenendo d'occhio la porta, stendeva là mano dicendo a chi, intendeva passare: “Io non vi
lascerò passare se non mi avrete dato del denaro!”. Un altro roteava furioso un randello, urlando
con voce minacciosa: “Mi dovete dare del denaro!”. Vi erano dei suonatori che
anch'essi suonavano per ricevere del denaro. E sarti, ciabattini, legnaioli, e
genti di ogni mestiere erano lì nell'attesa di ricevere del denaro; ma nessuno
pensava di recarsi ad attingere alla fonte.
Mentre era
intento a guardare, la visione improvvisamente mutò e gli apparvero le sue rupi
scoscese e deserte della vallata dove egli abitava».
E' una
visione in cui chiaramente è significato come il mondo, e ogni uomo perisce di
miseria accanto alla Fonte della Vita, la fonte trascurata.
(articolo pubblicato il 22.01.1975,
sul settimanale
Diocesano “La Fedeltà”, scritto da Luigi
Bracco)