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Il fine (III parte)

 


La vita è caratterizzata dalla finalità: non da dove si viene, né da ciò che si è, ma da dove si va. Nasciamo tutti dallo stesso Principio, ma non viviamo tutti per lo stesso fine. Man mano che viviamo ci differenziamo per i fini per cui viviamo, per tutto ciò che sottomettiamo ad un fine. Il fine è il segno con cui gli uomini saranno segnati, saranno identificati, conosciuti.

La vita conta in relazione a ciò per cui si vive e questo deve essere già in noi. La finalità, e quindi la vita, non può sussistere nell’uomo senza un fine già presente in lui. Per cui il vivere non è altro che lo sviluppo nell’unità del fine che un essere ha in sé. L’uomo si sviluppa in unità proprio perché ha in sé un fine: è questo il centro unico attorno al quale si costituisce la sua vita e si forma il suo essere. Tale fine è interiore all’uomo, quindi proprio dell’uomo; è il seme della sua vita ed egli vive in quanto si impegna personalmente a realizzarlo. Nel conformismo a ciò che gli è esterno l’uomo si dissolve e perde la sua vita.

L’unità data all’uomo per la sua vita è l’assoluto in lui, è Dio stesso. L’uomo vive in quanto ha davanti a sé, in sé, Dio. Per cui l’uomo vive in quanto riferisce sempre a Dio tutto quello che ascolta, pensa, dice, soffre.

La vita dell’uomo, per la presenza in lui di Dio, si manifesta come passione di assoluto, che è passione di raccogliere tutto nell’unità di un unico fine. La passione per l’assoluto, che ogni uomo porta in sé è segno del suo destino e della sua vocazione, è promessa di Dio scritta nella sua stessa carne ed è segno di quella luce che illumina ogni uomo; segno, testimonianza della presenza nell’uomo di Dio.

La luce in sé è invisibile: l’uomo ne vede solo gli effetti, ma non la vede in sé e non sa che cosa essa sia. Effetto di questa luce è la passione per l’assoluto. In tale luce e per essa l’uomo capisce che tutti i suoi problemi di vita sono un effetto della sua passione di assoluto e che tutti gli errori sono una conseguenza del ritenere assoluto ciò che assoluto non è e non può essere.

L’uomo può ritenere assoluto ciò che non è tale, e può cercare l’assoluto dove l’assoluto non è. Può avere come fine altro da Dio. Questo accade perché Dio è presente nell’uomo, ma l’uomo non ha presente Dio come Dio è presente in lui, egli confonde l’assoluto con ciò che tale non è, e vive per altro da Dio. Ma il vivere per altro da Dio è esperimentare la morte, non la vita, poiché chi non raccoglie nell’unità di Dio, disperde, e la dispersione è morte. E’ attraverso queste esperienze e questi errori che l’uomo è condotto a cercare prima e a scoprire poi il luogo in cui l’assoluto si può trovare. Solo trovando il luogo dell’assoluto eviteremo di vagare tutta la vita in luoghi dove esperimentiamo le delusioni per non trovare ciò che desideriamo. Né a noi è dato spogliarci della passione di assoluto che portiamo in noi, perché non siamo noi che ce la siamo data, né sappiamo che cosa sia, ma essa è effetto della presenza in noi di Colui che ci ha dato l’esistenza e ci fa vivere: è opera quindi del Creatore, e contro l’opera del Creatore noi non possiamo assolutamente nulla.

Se Dio ha posto in noi la passione per l’assoluto, evidentemente non è per ingannarci, ma per condurci a trovare l’assoluto ed a giungere al compimento del nostro desiderio. C’è dunque un luogo in cui questo assoluto abita e questo luogo deve essere accessibile ad ogni uomo. Già qui possiamo vedere un aspetto positivo di tutti i nostri errori, poiché esperimentando i luoghi in cui l’assoluto non può trovarsi, siamo condotti a scoprire il solo luogo in cui l’assoluto si trova. Questo è il luogo del compimento del nostro desiderio e quindi il luogo della nostra pace.

Questo assoluto non può trovarsi nelle cose esteriori, e se non può trovarsi in queste già un primo passo abbiamo la possibilità di fare ed è l’esclusione del campo delle cose esteriori dalla nostra ricerca e la delimitazione del campo dell’assoluto alle sole cose interiori. L’assoluto non può trovarsi che dentro di noi.

Così questa passione dell’assoluto dopo averci fatto fare l’esperienza di tanti errori e di tante delusioni per avere noi ritenuto che l’assoluto fosse nelle cose esteriori, nelle creature, nei beni, nei fatti, nelle strutture, nei programmi, nelle istituzioni, a poco per volta ci conduce a fissare la nostra attenzione, la nostra ricerca, il nostro interesse, il nostro pensiero, dentro di noi. Così possiamo riconoscere che l’assoluto è dentro di noi, Dio è in noi.

 

 

 (articolo pubblicato il 19.11.1986,

sul settimanale Diocesano “La Fedeltà”, scritto da Luigi Bracco)

 

 

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