UtUnumSint
La vetta nel sole (III parte)
La tua parola, Dio, è lampada ai nostri passi; il tuo Volto
è conforto alla nostra vita; la tua Verità è il punto fisso di orientamento sul
nostro cammino; punto fisso che si vede da ogni luogo, sia quando ci eleviamo
nell'alto dei cieli dello spirito, i tuoi cieli dove tutto è secondo la tua volontà,
sia quando ci allontaniamo negli estremi confini della nostra terra o ci
smarriamo nella giungla delle parole e degli argomenti umani.
Questo infatti è l'aspetto meraviglioso
della nostra esistenza: l'essenziale è illuminato sempre; basta alzare gli
occhi.
Tu stesso, Dio, rischiari la nostra
notte; tu dai luce alla nostra povera lampada.
Dio dandoci l'esistenza non ci ha
lasciati al buio, ma ha posto nel nostro cielo il «luminare maggiore» affinché
ci servisse da guida in ogni circostanza; ha posto nella nostra anima la sua
Presenza.
Per questa sua Presenza nel nostro
firmamento, noi conosciamo, e conosciamo con certezza, senza bisogno di parole
umane, di non essere noi il Creatore, ma delle creature, e che il pensiero del
nostro io non è centro dell'universo, né della vita degli altri, né della
nostra, e che non deve essere mai posto, e non deve lasciarsi mai porre, su
nessun altare, né in noi, né negli altri, perché il nostro io deve adorare, non
essere adorato; deve intendere, non pretendere; deve servire, non farsi
servire.
Donde infatti conosciamo che noi non
siamo Dio se Dio non ci fosse presente? Che noi non siamo il Creatore, ma la
creatura? E' vero che gli uomini camminano alla luce del pensiero del loro io,
delle loro ragioni, dei loro interessi più o meno istituzionalizzati; ma è
anche vero che la loro luce e pura tenebra e non illumina niente, per cui vanno
a tentoni, brancolando sempre or verso un'ombra or verso un'altra senza mai
poter afferrare niente. Ma anche questo è un nostro luogo su cui brilla alta la
tua Verità.
Tu non ci hai lasciati in balìa delle
nostre tenebre, né delle parole, né delle ragioni umane, degli altri o nostre,
ché la tua Verità è tanto al di sopra della nostra notte e non ha bisogno delle
parole degli uomini. E' per questo che quando cerchiamo la tua Verità con il
metro delle nostre parole o dei nostri argomenti, non la troviamo mai.
Non è la tua Verità che ha bisogno di
argomenti degli uomini, ma sono gli argomenti degli uomini che hanno bisogno
della tua Verità per essere compresi.
Non sei tu che hai bisogno degli uomini, ma sono gli uomini che hanno
bisogno di te, perché senza di te non possono fare niente.
Avevano faticato tutta la notte a
pescare sul lago di Galilea e non avevano preso niente i tuoi discepoli quando
quel mattino ti incontrarono sulla spiaggia che stavi parlando alla gente del
Regno di Dio. Tu sei sempre in qualche parte della nostra vita, su qualche
spiaggia del nostro mondo interiore, perché tu vivi tra noi e in noi.
Dio è sempre con noi, ovunque e comunque
siamo. Siamo noi che non tenendo conto della sua Presenza ci isoliamo nei
nostri pensieri e ci carichiamo di solitudine e di disperazione. Riteniamo e pretendiamo di fare da soli. Così
un mattino giungiamo anche noi su quella spiaggia dove si tocca con mano
l'inutilità di tutto ciò che si è fatto e per cui si è faticato.
«Abbiamo
faticato tutta la notte e non abbiamo preso niente». Gesù l'aveva pur detto: «Senza di Me non potete fare niente». Ci aveva informati. Ma quanti
fallimenti dobbiamo provare prima di convincerci della verità delle sue parole
e della necessità di imparare a guardare lui, a vivere con lui.
Stanchi, amareggiati, delusi, Pietro e i
suoi compagni erano giunti anch'essi, come ogni uomo, su quella spiaggia dove
Cristo li attendeva, e dove Cristo ci attende: la spiaggia sulla quale
mettiamo giù il nostro orgoglio, le nostre pretese, le nostre ragioni, i
nostri diritti, la fiducia in noi stessi e nei nostri mezzi e incominciamo,
finalmente, a riconoscere il nostro niente e il suo tutto. La vanità e il
disinganno di una notte che li aveva portati a contatto con il problema
supremo.
Fu in quel mattino, e fu su quella
spiaggia, che Gesù invitò quei suoi discepoli a ripartire per la pesca: «Andiamo al largo e gettate le vostre reti
per la pesca!».
Li invitava a ricominciare contro
ogni speranza, contro l'esperienza
stessa della loro notte, contro le paure, contro la stanchezza, ma questa
volta sulla sua parola.
E sulla sua parola gettarono le reti e
raccolsero tanta quantità di pesci che Pietro ne fu meravigliato, confuso,
vinto. Aveva toccato con mano l'infinita bellezza dell'amicizia con Dio.
(articolo pubblicato
il 06.02.1974,
sul
settimanale diocesano “La Fedeltà”, scritto da Luigi Bracco)