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Dispensa n°48
Incontro n°247
Lunedì
7.4.1980
Gv VI,27-VI: “Procuratevi
non il nutrimento che passa, ma il nutrimento che resta per la vita eterna;
quello che il Figlio dell’uomo vi dà, perché è Lui che Dio Padre ha segnato con
il suo sigillo”
Luigi: Nelle ultime domeniche abbiamo
approfondito l’argomento dei sigilli:
·
il
sigillo che il Padre ha posto sul Figlio, e quale è il significato per la
nostra vita;
·
il
sigillo che gli uomini pongono sul Cristo, e qual è il significato per la
nostra vita;
·
il
sigillo che il Padre mette sull’opera dell’uomo.
Cina: Il Padre pone il suo sigillo sul Figlio: “Questo
è mio figlio diletto: ascoltatelo”. Il sigillo è la garanzia della verità
della parola del Cristo. Il sigillo che gli uomini pongono sul Cristo è che lo
uccidono perché non ascoltano la sua parola.
Luigi: Non hai detto qual è il sigillo che gli
uomini pongono sul Cristo, che è la pietra con cui chiudono la tomba; quella
pietra che viene sigillata. Avevano posto il sigillo perché il loro delitto non
avesse ad affiorare. In che cosa consiste questa pietra che gli uomini pongono
per chiudere il loro delitto, per farlo scomparire? Era questo il tema.
Cina: Il terzo tema è il sigillo del Padre posto
sul sigillo dell’uomo e il significato per la nostra vita. Su questa tomba Dio
rovescia la pietra e resuscita il Cristo.
Luigi: Vedi che devi collegarti con la pietra
che gli uomini hanno posto sulla tomba?! Perché tu dici che il Padre rovescia
la pietra; ma se prima non parli della pietra non si capisce. Quindi il Padre
rovescia, capovolge il sigillo che l’uomo ha posto: rovescia la pietra e fa
resuscitare il Cristo.
Cina: …chissà a cosa si deve andare incontro per
aprire gli occhi su questa realtà.
Amalia: Davanti alla parola di Dio ci sono solo
due possibilità: o l’accolgo o me ne approprio e la faccio mia.
Luigi: Sì, perché la parola di Dio arriva sempre
a noi carica di un’intenzione. La parola di Dio è intenzionale. Ora,
quando ci si trova di fronte ad un’intenzione, l’intenzione è una proposta e
quindi non si può che rispondere o “si” o “no”. Non si può non rispondere. Di
fronte a chi mi interroga non posso non rispondere, in un modo o nell’altro
rispondo. La parola di Dio è sempre un’interrogazione, perché ci invita sempre
ad un superamento, a mettere Dio prima di tutto, e quindi ci propone sempre
qualche cosa da fare.
La
parola di Dio è caratterizzata da questo: arriva a noi con l’intenzione divina.
Infatti la parola di Dio si distingue dalle parole delle creature in quanto ci
fa pensare Dio. Come distinguiamo noi le parole di Dio dalle altre parole? La
parola di Dio ci fa pensare Dio, ci presenta Dio; e presentandoci Dio pone a
noi la proposta di metterlo al suo posto. Dio è Colui che vale più di tutto.
In quanto la parola di Dio mi fa pensare Dio, mi propone di metterlo al centro,
al di sopra di tutto. Di fronte a questa proposta non possiamo non rispondere. Non
siamo più innocenti davanti alla parola di Dio. Abbiamo udito, abbiamo visto e
non possiamo più dire “io non sapevo”. “Tu sapevi, perché la parola te ne aveva
parlato. Parlando ti aveva presentato Dio; quindi tu non puoi ignorarlo”.
Dio
è Colui che nessuno può ignorare, perché è la parola stessa di Dio che ce lo
presenta.
Amalia: Il sigillo del Padre sul Figlio: le
parole del Figlio hanno il sigillo della verità, per cui siccome nel Figlio è
Dio che sta parlando con me, io non devo dividere la parola di Cristo dal Padre,
ma devo riportarla al Padre per capirla.
Luigi: Che cosa vuol dire questo? Che la parola
di Dio va sempre intelletta nell’intenzione di Dio, nel Pensiero di Dio, non
nel nostro pensiero.
Noi
siamo sempre portati ad intendere le cose nel nostro pensiero. Se ci danno una
caramella, siamo portati ad interpretare questo dono nel nostro pensiero, nel
nostro desiderio, “Mangio la caramella”. Non ci preoccupiamo di interpretare
quel dono nel pensiero del donatore. Forse il donatore non ci ha dato la
caramella perché la mangiassimo. Quante volte sbagliamo perché interpretiamo
una parola che sentiamo nel pensiero del nostro io. Magari il Signore ci ha
fatto arrivare quella caramella non per noi ma per altro; ce l’ha fatta
arrivare con un’altra intenzione, non perché la mangiassimo.
Bisogna
sempre cercare l’intenzione del donatore. In tutte le parole di Dio noi
dobbiamo sempre cercare il Pensiero di Dio e non cercare il pensiero del
nostro io, altrimenti sfasiamo la parola nel pensiero dell’io.
Quindi
l’intelligenza della parola ci viene data dal Pensiero di Dio, ma solo se noi
la manteniamo unita al Pensiero di Dio. Se invece la rivestiamo del pensiero
del nostro io, travisiamo la parola e allora non capiamo. Crediamo di capire ma
non capiamo, travisiamo la parola, quindi sbagliamo. Per tenere presente il
Pensiero di Dio dobbiamo sempre chiederci: “Perché Dio crea? Perché Dio opera?
Qual è il suo fine?”.
Perché
il pensiero sta in questo: “Qual è il fine per cui Dio mi parla?”. Noi dobbiamo
interpretare nell’intenzione di Dio, “per quale scopo Dio crea, per quale scopo
Dio opera, Dio fa tutto?”. Dio fa tutte le cose per manifestare Se stesso,
per farci scoprire la sua Presenza, per darci la possibilità di partecipare
alla vita eterna, che è la sua conoscenza.
Amalia: La verità mi arriva solo per mezzo della
parola di Dio, quindi per trovare la Verità la devo cercare nella parola.
Luigi: La Verità ti arriva attraverso la parola,
solo attraverso la parola. Perché siccome la Verità è superiore a noi,
naturalmente noi non la vediamo. Quello che vediamo è la materia, sono i corpi.
Noi non vediamo lo Spirito, e la Verità è Spirito. Se lo Spirito non parlasse a
noi, saremmo tagliati fuori. Invece parlando a noi, se noi ascoltiamo, Lui si
rivela; ma si rivela attraverso Lui che parla a noi. La parola è quel segno di
ciò che supera noi, nel nostro mondo. La parola è il segno di Lui nel pensiero
di noi stessi, nel pensiero del nostro io, nel nostro mondo. Quindi la parola è
quel segno di qualche cosa di superiore che penetra nel nostro mondo, nel
nostro io e si annuncia. È un annuncio. Se noi ascoltiamo, se seguiamo questa
parola, essa ci conduce a vedere la Persona che parla.
Anche
noi, che attualmente stiamo parlando, nessuno di noi percepisce la persona. Noi
vediamo i nostri corpi che parlano, ma la parola rivela un pensiero, e noi il
pensiero non lo vediamo. Per arrivare a vedere il pensiero di colui che sta
parlando, dobbiamo essere attenti alla parola; se seguiamo la parola a poco
per volta arriviamo a vedere o ad intuire il pensiero, quindi la persona che
parla con noi. Ma quella persona, naturalmente, non la vediamo; noi vediamo
il corpo, ma il corpo non è la persona. Il corpo è soltanto un segno. Con Dio è
lo stesso. Dio opera parlando, annunciandosi a noi. Annunciandosi propone; se
noi siamo attenti, seguiamo la sua parola, allora la sua parola ci conduce a
vedere; cioè ci fa superare tutto il nostro mondo di apparenza per farci
scoprire ciò che Egli è.
Amalia: Il sigillo dell’uomo su Cristo: l’uomo
divide la parola di Dio da Dio.
Luigi: L’uomo dovrebbe mettere su Cristo il
sigillo del Padre; perché solo così resta nella Verità in modo da
preoccuparsi di riconoscere Cristo per ciò che egli è.
Se
il Cristo è segnato dalla Verità, l’uomo dovrebbe riconoscere la Verità.
Il
Cristo è segnato dal sigillo del Padre; noi dobbiamo mettere sul Cristo il
sigillo del Padre. Noi siamo chiamati a
mettere su Cristo lo stesso sigillo che mette su di Lui il Padre, a preparare
la Pasqua. Preparare la Pasqua al Cristo vuol dire riportarlo nel Padre; non
separarlo dal Padre. Fare Pasqua vuol dire ascendere al Padre, vuol dire salire
alle cose che ancora non si vedono. E quindi preparare la Pasqua al Cristo
vuol dire riportarlo al Padre. Riportandolo al Padre poniamo lo stesso
sigillo che il Padre ha posto sul Figlio e riconosciamo la sua Verità.
Però
succede che invece di interpretare la parola secondo il Pensiero del Padre (e
questo vuol dire fare la Pasqua) noi interpretiamo la parola che arriva a noi del
Cristo, secondo il nostro pensiero, e allora lo uccidiamo. La conclusione è la
tomba. E sopra questa tomba poniamo la pietra, che sono le nostre ragioni umane,
con cui riteniamo di giustificare la sua morte. “Non vogliamo che costui regni su di noi”.
Amalia: Il sigillo del Padre sul sigillo
dell’uomo è la pietra ribaltata; cioè la pietra messa dall’uomo viene ribaltata
da Dio.
Luigi: L’amore concedendosi si lascia uccidere,
ma lasciandosi uccidere si afferma.
Pinuccia B.: Il primo punto è il sigillo del
Padre posto sul Figlio: è il sigillo di Verità.
Luigi: Mettiamo sempre bene a fuoco l’argomento.
Il sigillo del Padre sul Figlio sta proprio nel modo con cui il Figlio parla
tra noi; perché noi non sappiamo chi sia il Figlio. Lui si presenta come un
uomo qualunque. Lui stesso dice “Io sono
il Figlio dell’uomo”. Quindi si presenta come uno qualunque, come uno di
noi; però non parla come uno di noi. Quindi il sigillo di Verità, il sigillo
del Padre, che il Padre ha posto sul Cristo, è il modo con cui Lui parla.
Cristo
ci presenta la Verità, perché la parola del Cristo arriva a noi con la
caratteristica della Verità di Dio, parla a noi la Verità. Ora, la Verità non è
infirmabile, non possiamo annullarla. La Verità si afferma. Quando uno mi dice
“questo è bianco”, posso anche dire che non è vero, però non posso convincermi.
La Verità è trascendente noi; trascendente vuol dire che è superiore. E cosa
vuol dire che è superiore? Vuol dire che quando si manifesta ci schiaccia, ci
domina, se in noi non c’è l’adesione; si afferma con il sigillo della Verità,
non è più smentibile. Noi non possiamo smentirla; possiamo
smentirla a parole ma in coscienza non la possiamo smentire; cioè non possiamo
convincerci che sia sbagliata. La Verità ha un sigillo tutto suo che si impone
su di noi, nonostante noi. Si afferma, si impone. Noi possiamo soltanto aderire
o rifiutarla, ma non possiamo annullarla. Di fronte ad una cosa che abbiamo
visto, noi non possiamo più dire di non averla vista. Sì, a parole lo possiamo
dire, ma in coscienza non lo possiamo dire. Vedi che c’è qualcosa che ci
domina?! Che ci supera?! Per cui non la possiamo smentire?!
C’è
una Verità che si impone su di noi che noi non possiamo smentire. A parole la
possiamo smentire, ma facciamo peccato. Vedi che c’è una forza superiore?!
La
Verità si impone su di noi. Ecco, questa è la Verità che parla in Cristo. È la
parola del Cristo, perché la Verità arriva a noi attraverso la parola, non
attraverso il corpo del Cristo. Il corpo è soltanto un mezzo attraverso cui il
Cristo parla; infatti noi uccidiamo il corpo di Cristo ma non possiamo
uccidere la parola.
Il
corpo di Cristo è una presenza tra noi; attraverso questa presenza parla una
parola che è divina. Per cui il corpo è umano ma la Persona che parla a noi è
divina. Nel Cristo abbiamo due nature, ma un’unica Persona, e la Persona è divina.
E la persona è quella che parla; non parla il corpo. La divinità non si rivela
nel corpo, perché il corpo può essere bello o brutto. La divinità di Cristo non
si rivela nella bellezza o nella bruttezza del Cristo. La presenza del Cristo
può essere buona, può fare dei miracoli; sono tutti segni. Però la Persona, la
presenza, la divinità del Cristo non si rivela attraverso la bontà, non si
rivela attraverso la bellezza o attraverso il miracolo: la Persona divina si
rivela attraverso la parola. È la parola che ci annuncia la Verità.
Ora,
i pagani dicono “Nessun uomo ha mai
parlato come Lui”, ecco la caratteristica della parola, quindi della Persona
divina; questo è il sigillo, il sigillo che il Padre ha posto sul Figlio. Il
Padre è Verità, il sigillo del Padre è la Verità.
Quando
tu dici: “Questo è mio figlio”, dici una parola che non convince. Invece la
parola di Dio che dice: “Questo è mio
Figlio”, convince. In che cosa consiste questa figliolanza? Come noi
vediamo questa figliolanza? Noi la figliolanza la vediamo soltanto in quanto
vediamo la Verità.
Cina: Infatti il Padre dice: “Ascoltatelo”, cioè “Ascoltate la
parola”.
Luigi: Certo, ma uno ascolta la parola in quanto
questa parola arriva a noi con un certo carattere. Ora, noi dobbiamo andare al
di là delle parole. Noi sentiamo le parole “Questi
è mio Figlio”, ma dobbiamo andare al di là delle parole. Fare Pasqua vuol
dire sempre andare al di là delle parole, delle parole come segni che arrivano
a noi, e arrivare al pensiero, alla realtà che c’è dietro alla parola. Ora, sentiamo
la parola “Questo è mio Figlio”, ma
chi ci assicura che questo sia il Figlio di Dio?
Il
Padre non lo vediamo, abbiamo sentito una voce, “Questo è mio Figlio”, e chi ci assicura che sia il Padre che ha
parlato?
Il
sigillo è una firma, è un segno di garanzia, che non è dato per il Cristo, ma è
dato per gli ascoltatori, è dato per gli uomini. Allora gli uomini devono
vederlo questo sigillo, questa firma.
Quando
tu metti una firma su un documento, non la metti per te, la metti per chi vedrà
quel documento, in modo che vedendo la firma possa dire: “Ah, qui è proprio
Cina”. Perché la tua firma è caratteristica, un altro non può falsificarla. La
firma la si mette perché l’altro sappia che quello è un documento autentico.
Quindi la firma è un sigillo di garanzia per gli altri. Allora il segno posto
dal Padre sul Cristo è stato posto per gli uomini, non è stato posto per
Cristo. Cristo non ha bisogno del sigillo di garanzia. Cristo vede il Padre
e nel Padre ha la garanzia di sé. Quindi il segno di garanzia è dato per
gli altri. Gli altri chi sono? Siamo noi, sono gli uomini. Allora noi dobbiamo
vederlo questo segno di garanzia. Il segno di garanzia deve essere segno di
garanzia per noi. E questa garanzia deve avere un carattere tale per cui non
può essere falsificato: “è proprio suo”. Da che cosa lo riconosciamo questo?
Dalla Verità!
La
parola che arriva a noi con la caratteristica, con il sigillo della Verità, è
la garanzia. Per cui bisogna andare al di là della parola “Questi è mio Figlio”, perché qualunque uomo può dire “Questo è mio
figlio”, con parole umane. Chi ci garantisce che sia veramente suo Figlio? È la
Verità che vedo nel Figlio, nel parlare del Figlio. Perché nessun uomo può parlare la Verità se non ha la Verità in
sé. Infatti l’uomo, da solo, è menzognero.
Noi,
da soli, non possiamo fare altro che dire menzogne. Noi da soli dobbiamo
cambiare le cose; poco o tanto le cambiamo sempre. Perché per poter
rispettare la Verità, per poter essere fedeli alla Verità dobbiamo avere
presente Dio. Se non abbiamo presente Dio noi siamo infedeli. Solo chi è
unito a Dio può essere fedele, perché la fedeltà è data da Dio. La creatura è
infedele per natura. Infatti la creatura si distingue dal Creatore perché muta.
La creatura muta. Dio non muta. Più la creatura si avvicina a Dio e più viene
fatta capace da Dio di non mutare, quindi di essere fedele, e quindi di parlare
la Verità. Invece se non resta unita a Dio, la creatura deve sempre alterare la
Verità; modifica qualche cosa. E lì si vede la creatura, lì si vede il parlare
dell’uomo. Per cui noi diciamo: “Qui è l’uomo che parla, non è più Dio che
parla”. E l’uomo lo riconosciamo proprio da questo: è menzognero.
Quindi
il sigillo di garanzia del Padre nei riguardi del Figlio lo vediamo proprio
nella parola che dice Cristo. “Le mie
parole sono spirito e vita”; “Nessun uomo ha mai parlato come Lui”; “Se non
fossi venuto e non avessi parlato non sarebbero in colpa”. È nella parola
del Cristo che vediamo il sigillo di Verità. E vediamo il sigillo della Verità
perché questa parola presenta la Verità, ma la presenta in un modo che l’uomo
non possa smentire; però è fatto responsabile. Perché se l’uomo potesse dire:
“No, tu mi racconti delle storie”, allora non sarebbe responsabile, sarebbe
giustificato a non credere. “Quel tale mi ha detto che devo andare a Torino…;
ma racconta solo delle storie”, per cui non è responsabile del rifiuto; ha
delle ragioni valide per rifiutare.
Invece
di fronte alla Verità noi non abbiamo nessuna ragione da opporre. Nemmeno
padre, madre, né figli, né campi, né buoi, niente; perché la Verità è un valore
assoluto, da mettere al di sopra di tutto. Quindi non abbiamo delle ragioni per
giustificare la nostra assenza alla Verità.
Volevo
precisare che la garanzia non sta nel fatto che ad un certo momento nella
Trasfigurazione o nel Battesimo di Gesù si ode la parola del Padre che dice “Questi è mio Figlio, ascoltatelo!”; non
sta lì! Perché questa è parola che arriva a noi. La garanzia sta nella parola
del Cristo. La parola “Questi è mio
Figlio, ascoltatelo!” è una conferma, perché quanto più scopriamo che il
Cristo è il Figlio di Dio, tanto più scopriamo che è proprio la parola del
Padre che dice che il Cristo è il Figlio di Dio. Ma il Padre non dice con
parole “Questi è mio Figlio, ascoltatelo”, lo dice in ben altro modo. Come lo
dice? Lo dice con il sigillo di garanzia, cioè lo dice facendo parlare il
Figlio la Verità.
Cina: Eppure io accetto quella parola come
parola di Dio.
Luigi: Tu accetti quello perché credi, credi che
Gesù è il Figlio di Dio. Ma tu supponi di essere pagana, di essere lontana, di
non aver mai sentito parlare di Cristo, e senti una voce che dice “Questi è mio Figlio”; chi ti dà la
garanzia che sia parola di Dio? Quella è una parola di uomo. Il Padre non dice
parole di uomo, non dice “Questi è mio
Figlio” come lo diciamo noi a parole.
Io
potrei dire di Silvana “Questa è mia figlia”; tu ci credi? Che cosa ci vuole
perché tu mi creda? A parole lo posso dire; ma guarda quello che presuppone il
fatto dire di poter “Questa è mia figlia”. Ti rendi conto? Se tu vedessi un
padre che dice “Questi è mio figlio”, tu per credergli hai bisogno di vedere
dietro tante cose, per poter dire: “Sì, questi è veramente suo figlio”. Non
bastano le parole di uomo. Certo, se tu conoscessi già sia il figlio che il
padre, allora è facile credere, perché sotto sotto sai già che quello è il
figlio del padre.
Il
Padre non parla parole di uomo. Dio non parla parole di uomo a noi, Dio parla
in modo molto diverso. Tant’è vero che noi diciamo che per conoscere Dio, che la
vera Parola che Lui dice è una parola che dice essenzialmente in un silenzio
universale, ed è rivelazione della sua Presenza. Questa è la vera parola,
perché parola è rivelazione di-. La parola è un segno attraverso cui uno
rivela, manifesta.
Le
nostre parole non rivelano se l’altro non ha già presente quello che diciamo.
Se io ti parlassi di una cosa che dentro di te non conosci, tutte le mie parole
non servirebbero per fartela conoscere. Invece Dio parlando a noi ci fa
conoscere quello che dentro di noi non abbiamo. Ecco la diversità tra la
parola di uomo e quella di Dio: Dio parlando ci presenta, invece noi
parlando non presentiamo niente. Noi parlando possiamo soltanto richiamare
alla presenza quello che l’altro ha già presente; per cui il vero maestro è
solo Dio, perché Dio presenta, mentre noi non possiamo presentare niente.
Se
Dio non ti ha già presentato un fiore ed io ti parlo di quel fiore, non posso
fartelo vedere; perché non ce l’hai dentro. Invece la parola di Dio ce lo
presenta. Quindi la diversità tra la parola del Padre e la parola degli uomini
è questa: la parola del Padre, parlando a noi, ci presenta la cosa (e noi ne
vediamo la presenza).
La
vera parola di Dio, siccome Dio non parla con parole nostre, è la presenza: Dio
ci presenta. Ecco per cui è necessario il silenzio, perché nel silenzio udiamo
questa parola: “Eccomi”. Ma non dice
a parole “Eccomi”, ma ci fa vedere. Per questo dico che la vera parola del
Padre è farci vedere il suo Volto, farci vedere la sua Presenza.
Teresa: Se uno mi racconta come è la sua casa,
che ha un bel giardino, io la posso immaginare.
Luigi: Te la puoi immaginare perché già sai. Ma
chi ti ha messo dentro l’idea della casa con giardino è Dio, non è l’uomo.
L’uomo parlando non può far altro che richiamare quello che tu hai già dentro
di te. Ma se Dio non ti avesse presentato cosa vuol dire una casa a due piani,
ad esempio, tu per quanto sentissi parlare di una casa a due piani, non
riusciresti ad immaginarti una casa a due piani.
Se
io ti parlo di un animale che non hai mai visto, per quanto io te lo descriva,
tu non riesci ad immaginartelo. Se tu non hai mai visto un elefante, io posso
dirti di pensare un cavallo, di allungargli il naso, di allargargli le
orecchie, di immaginarti una forma tozza, ma non riuscirei a farti vedere come
è un elefante, come chi lo ha visto, come chi l’ha presente. Se invece tu hai
già visto un elefante, se ce l’hai già dentro di te, alla parola “elefante”
abbini la realtà “elefante”. Quindi la parola dell’uomo può soltanto
richiamare quello che Dio ha già fatto vedere alla creatura; non può fare
altro! Invece la parola di Dio fa vedere cose nuove, fino a rivelare se stesso.
Infatti Sant’Agostino dice che l’unico maestro dell’uomo è Dio. Nessuno di noi
è maestro all’uomo; noi non siamo maestri uno all’altro. Noi possiamo soltanto
ammonirci gli uni gli altri o concentrare la nostra attenzione su qualcosa che
abbiamo presente. Ma chi presenta è Dio.
Allora,
la parola di Dio ci rende presenti le cose. Massimamente Dio ci presenta se
stesso. E come Lui ci presenta le cose, noi non possiamo smentirlo; non
possiamo dire “non l’ho visto”. Noi oggi siamo stati qui: eternamente non
potremo dire di non essere stati qui. Se noi in questo momento prendiamo una
decisione, noi saremo legati eternamente a questa decisione; ci legherà
eternamente. Perché non possiamo smentire. Ora, il fatto di essere qui, è Dio
che ci ha condotti qui. È Dio che in questo momento ci presenta questi
registratori, questo tavolo. E’ tutto Dio che ce lo presenta, e noi non
possiamo smentirlo perché è più forte di noi. Dio parla a noi presentandoci la
sua creazione, presentandoci i fatti, e ce li presenta in modo che non possiamo
smentirlo.
Pinuccia B.: Gesù con la sua parola ci presenta
Dio.
Luigi: Gesù con la sua parola ci riporta
sempre alla presenza di Dio, perché noi ci lasciamo portare via dalla
presenza delle cose. Tutti queste cose che attualmente vediamo, sono segni, non
sono Dio. Il tavolo, il registratore, sono segni di Dio ma non sono Dio.
Siccome sono segni di Dio vanno intelletti nel Pensiero di Dio. “Perché Dio il
tale giorno, la tale ora mi ha portato là? Cosa ha voluto significarmi? Qual è
la sua intenzione? Perché mi hai presentato questa cosa?”. Dobbiamo sempre
cercare di intendere tutti i segni di Dio nel Pensiero di Dio. Questo non lo
facciamo. Eppure la vita vera incomincia lì, incomincia nel cercare di
intendere i segni di Dio nel Pensiero di Dio, che vuol dire raccogliere in Dio.
Se
non facciamo questo, separiamo, dividiamo il segno dal Creatore, cioè dividiamo
il segno di Dio dal suo Pensiero. E allora i segni diventano per noi motivo di
morte.
I
segni da parte di Dio erano per noi cibo di vita, erano per portarci nella
vita; il Signore li aveva fatti per significare se stesso. Noi non abbiamo
cercato il Pensiero di Dio nei suoi segni, per cui i segni sono diventati per
noi motivo di morte, motivo di rovina, cioè di distrazione da Dio, ci
avvelenano. Allora abbiamo bisogno di Gesù, che è un Segno tra i segni; che
però parla la parola di Dio.
Se
questo tavolo non lo riportiamo a Dio, non ci parla affatto, anzi semina morte
in noi. Il tavolo o i corpi, essendo segni di Dio, hanno bisogno di essere da
ognuno di noi riportati in Dio, collegati con Dio, uniti a Dio; cosa che non
avviene senza di noi. Invece il Cristo tra noi, presenta a noi Dio, parla a noi.
Quindi
c’è differenza tra il Cristo e uno dei nostri corpi. Perché c’è differenza? I
nostri corpi sono anche delle presenze fisiche. La differenza è che nel
corpo fisico di Cristo c’è la parola. E la parola del Cristo è molto
diversa dalle parole che diciamo noi. E, lì c’è la Persona divina, lì c’è il
sigillo di Verità. Lui presenta a noi Dio; quello è il sigillo di Verità.
Invece questo tavolo, pur essendo segno di Dio, perché tutto è segno di Dio,
per parlarmi il verbo di Dio, richiede da me che io lo riporti in Dio, cioè che
io cerchi il Pensiero di Dio. Ma se non cerco il Pensiero di Dio, il tavolo non
mi parla come mi parla il Cristo.
Invece
il Cristo parla anche se non lo porto a Dio. Cristo arriva a me e parla;
parla la parola del Padre, parla di Dio, presenta Dio.
Pinuccia B.: Cioè, il sigillo di Verità è in
quanto mi parla di Colui che è.
Luigi: Sì, mi parla di Colui che è. Guarda ad
esempio Gesù di fronte a sua madre: di fronte a sua madre mi parla di Dio. Se
Lui avesse detto: “C’è mia madre, devo andare da lei”, ci avrebbe parlato di un
rapporto sentimentale, un rapporto naturale; più che valido, perché opera di
Dio, però avrebbe sottomesso la parola di Dio alla parola dell’uomo. Ma in tal
caso tutti quanti ci saremmo sentiti giustificati a sottomettere ogni altra
cosa alla madre, “perché è mia madre”. Cristo non ha fatto così. Vedi la parola
di Dio?!
Quando
dice “Non preoccuparti del mangiare e del
vestire”, abbiamo la parola di Dio. Perché noi naturalmente, tutti quanti,
ci preoccupiamo del mangiare e del vestire, perché “altrimenti moriamo”. Qui
abbiamo la parola di Dio che ci libera, perché a costo di farci morire di fame
ci presenta Dio. E’ questa la parola che caratterizza il Figlio; non è la
parola del Padre che ci dice “Questi è
mio Figlio, ascoltatelo”. Perché il Padre ci dice “Questi è mio Figlio” facendo parlare al Figlio il Padre, facendo
parlare al Figlio la Verità. Poi si usano anche le parole “Questi è mio Figlio”, per confermare;
ma la vera parola “Questi è mio Figlio”,
non ce la dice dicendo “Questi è mio
Figlio”; ma la dice facendoci vedere la Verità in suo Figlio.
Anche
un padre che presenta suo figlio dicendo “questo è mio figlio”, la parola che
dice non ci dà la garanzia, perché potrebbe essere un menzognero. Quante volte
si è verificato il fatto che degli uomini poveri affittano dei bambini per
chiedere l’elemosina e dicono: “Questa è la mia bambina”. A parole dicono
“Questa è mia figlia”, ma nella realtà non è sua figlia. Vedi che la parola non
basta? Qui la parola diventa menzognera.
Che
cos’è che ci rende garante la parola? Ho bisogno di ben altro per capire se
quella è veramente sua figlia. Allora possiamo vedere un padre con suo figlio,
senza che il padre dica “questo è mio figlio”, e capire perfettamente che
quello è suo figlio. Ma da che cosa lo capiamo? Non dalla parola che ci dice.
Per cui la parola umana non basta, non ha il carattere di Verità. È altro che ci
rende garante che quello è veramente suo figlio.
Qual
è il significato per la nostra vita di ciò che stiamo approfondendo? Noi
dobbiamo sempre cercare nel Cristo il sigillo del Padre, perché è quello che fa
veramente da garante. La Verità, cercare la parola di Verità, perché quella è
la garanzia. Dio è Verità, quindi il sigillo con cui ci garantisce che la cosa
è sua è la Verità. Là dove una cosa arriva a noi con il sigillo della
Verità, lì c’è Dio.
Se
una cosa arriva a noi soltanto con il sigillo della bellezza, non basta, perché
la bellezza ci può ingannare. Se una cosa arriva a noi soltanto con il sigillo
della bontà, non basta, perché la bontà ci può ingannare. Anche l’amore non
basta. Anche lo stesso miracolo non basta. Gesù lo dice: “Faranno dei segni tali, cose strabilianti da ingannare anche, se fosse
possibile, gli eletti”. Vuol dire che c’è la possibilità di fare cose
grandi, cose meravigliose, e ingannare. Non bastano queste cose. D’altronde
Gesù dice: “Anche se un morto
resuscitasse non basterebbe a convincere”. Invece la Verità convince, lega,
e lega al punto tale che la creatura non può smentire; volesse farlo si
distruggerebbe. Come se io volessi smentire che questo tavolo non c’è: distruggerei
me; posso mettermi a sbriciolarlo, ma il tavolo c’è.
La
Verità parla a noi con una garanzia tale che per noi è indistruttibile, è
superiore a noi, si afferma su di noi. Ecco, noi dobbiamo fondarci lì,
costruire su quella pietra.
Succede
però che invece di costruire su quella pietra, che è il sigillo del Padre, noi
poniamo la nostra pietra. Dopo aver ucciso, dopo aver soffocato in noi la
parola di Dio, poniamo la pietra, cioè le nostre ragioni, le nostre
giustificazioni: il mangiare, il vestire, il lavoro, i buoi, i campi. Quella è
la pietra con la quale noi giustifichiamo la nostra sottrazione all’impegno con
Dio. Noi disimpegnandoci, praticamente uccidiamo in noi il Verbo di Dio, il
Cristo. Noi ci disimpegniamo con le nostre ragioni, con le nostre
giustificazioni. “Abbimi per scusato”:
ecco la pietra. No, non sei scusato! Allora il Padre capovolge la pietra,
perché non c’è nessuna giustificazione valida per scusare il disimpegno.
Pinuccia B.: Quale significato ha per noi questo
sigillo di Verità che il Padre ha posto in Cristo? Prima di tutto ci rende
responsabili di fronte a Lui: o accogliamo le esigenze della verità di Dio o le
rifiutiamo.
Luigi: Ecco, approfondiamo bene i termini. Ci
rende responsabili. Cosa vuol dire essere responsabili? Noi siamo responsabili
soltanto in quanto siamo interrogati. Responsabile viene da “respondeo”. Dio venendo a noi ci interroga, noi non
possiamo non rispondere. “Se non fossi
venuto non sarebbero in colpa”, perché la parola di Dio venendo a noi ci
propone una cosa; in un modo o nell’altro dobbiamo rispondere.
È
come se nella strada incontrassi uno che mi chiede un’informazione: non posso
non rispondere; posso ingannarlo, posso mandarlo a quel paese, posso dire che
non so, però do una risposta.
Quindi
quando siamo interrogati non possiamo non rispondere. Da lì la nostra
responsabilità. Per cui restiamo giudicati. A maggior ragione di fronte alla
parola di Dio. La parola di Dio è una proposta, quindi ci rende responsabili di
quello che diciamo. Dio viene a noi dicendoci: “io sono tutto”; noi
rispondiamo: “per me il mio tutto è altro”; abbiamo risposto.
Pinuccia B.: La parola di Dio se accolta, cambia
tutta la nostra vita perché la Verità di Dio mette in crisi tutta la nostra
vita, mette in crisi tutto ciò che facciamo, diciamo e pensiamo. Le esigenze
della Verità non sopportano i compromessi.
Luigi: In Adamo la parola di Dio non lo metteva in
crisi. Mette in crisi attualmente noi, perché siamo disordinati, perché amiamo
ciò che dovremmo mettere dopo Dio. In Adamo la parola di Dio non metteva in
crisi anzi era motivo di gioia, perché concludeva, comprendeva. Adamo alla
presenza di Dio si sentiva compreso; perché lui lungo il giorno riceveva tanti
desideri, tutte le creature ponevano a lui dei problemi, dei desideri; alla
sera incontrandosi con la parola di Dio, si sentiva compreso, si sentiva
illuminato, aiutato.
La
parola di Dio mette in crisi quanto tu uomo vivi per i tuoi buoi; mentre Dio
non ti ha dato la vita per vivere per i tuoi buoi. Ecco che si entra in crisi: “io
vivo per una cosa e la parola di Dio mi smentisce, perché mette in discussione
quello che ho fatto oggetto della mia vita”.
La
parola di Dio ci giudica su ciò che stiamo vivendo. La parola di Dio si
caratterizza così: ci mette in crisi se non mettiamo Dio prima di tutto. Ma
se mettiamo Dio prima di tutto, la parola di Dio ci dice: “Vieni servo buono e fedele”, diventa motivo di gioia. La parola di
Dio non viene per metterci in crisi, ma viene per salvarci. Se mettiamo Dio
prima di tutto la parola di Dio viene e ci conferma.
Pinuccia B.: Il secondo punto è il sigillo
dell’uomo posto sul Cristo, è il rifiuto del primato dello spirito sulla
materia. L’uomo non cerca più l’intenzione del Padre ma pone la sua intenzione
sui doni di Dio, impossessandosene, distruggendoli.
Luigi: Noi non dovremmo mai mettere le nostre
intenzioni, ma dovremmo sempre cercare in tutto l’intenzione di Dio. Non
dovremmo mai affermare le nostre intenzioni, ma la nostra intenzione dovrebbe
essere l’intenzione di Dio. Ora, noi “naturalmente” non abbiamo presente
l’intenzione di Dio, “naturalmente” noi abbiamo l’intenzione degli uomini, le
intenzioni nostre, del nostro corpo, del nostro io. I bisogni del nostro corpo
diventano in noi intenzioni. I bisogni del nostro io, la figura davanti agli
altri, l’intenzione degli altri, “naturalmente” l’abbiamo presente; per cui
quando cerchiamo di piacere agli altri è perché abbiamo presente l’intenzione
degli altri, cioè ciò che piace agli altri. “Io so che al tale piace questa
cosa allora la faccio”, perché siamo guidati dall’intenzione dell’altro, cerchiamo
di piacere all’altro.
Teresa: Tante volte sembra che sia un atto di
carità fare ciò che piace all’altro.
Luigi: Sembra. Se teniamo presente l’intenzione
di Dio, non è che Dio ci impedisca di fare un atto di carità, perché Dio è
carità; e vuole molto di più di quello che noi vogliamo per il nostro fratello.
Dio vuole il vero bene per noi e per tutte le creature. Solo che se noi non
teniamo presente Dio, scambiamo per bene per l’altra creatura quello che è male
per l’altra creatura. Invece se cerchiamo l’intenzione di Dio diamo i veri doni
buoni. Perché non siamo noi che diamo i doni ma è Dio che dà i doni, e i doni
di Dio sono veramente buoni. Invece i nostri doni sono sempre inquinati.
Se
ci preoccupiamo di cercare sempre l’intenzione di Dio, questa intenzione di Dio
ci fa vedere il vero bene; il vero bene per noi e per gli altri. Allora si ama
veramente, non nel pensiero del nostro io. Perché amare vuol dire volere il
bene dell’altro. L’altro ha soprattutto bisogno di toccare qualcosa di Dio.
Perché il mondo è cattivo, e di questo dobbiamo convincercene, solo perché non
tocca niente di Dio.
Dare
il vero bene vuol dire liberare l’altro dalla cattiveria.
Se uno si lascia guidare dal Pensiero di Dio, cioè dall’Intenzione di Dio,
quello è vero amore. Il problema è quando subentra il nostro io.
“Naturalmente”
noi non abbiamo presente Dio, perché per avere presente Dio, poco o tanto
dobbiamo superarci. Noi “naturalmente” abbiamo presente il pensiero del nostro
io e il pensiero degli altri. Il che vuol dire che se non ci superiamo e non
teniamo presente Dio, ci lasciamo guidare, anche nell’amare gli altri, anche
nel voler bene agli altri, poco o tanto, dal pensiero del nostro io, e quindi
da un’intenzione diversa da Dio. Questa intenzione inquina l’altro e inquina noi.
Il che vuol dire che non diamo il vero bene all’altro, umanamente parlando.
Perché soltanto se teniamo presente Dio, e per tenere presente Dio dobbiamo
superarci, dobbiamo sempre cercare l’intenzione presso Dio di tutte le cose,
soltanto con la presenza di Dio, Dio stesso fa vedere qual è il vero bene per
gli altri e per noi.
Senza
Dio noi sbagliamo sempre. Perché Dio è la Verità, il che vuol dire che senza
Dio noi non siamo nella Verità, per cui sbagliamo.
Rina: Quando si ama non si pensa a se stessi.
Luigi: Quando si ama si pensa ad un altro. Come
è possibile per noi agire nel pensiero di un altro amando, a maggior ragione è
possibile agire nel Pensiero di Dio superando il pensiero di noi stessi. Perché
superare il pensiero di noi stessi vuol dire avere presente un Altro. Non è che
il pensiero del nostro io sia sbagliato, perché è creatura di Dio, soltanto che
va tenuto al suo posto; cioè il nostro io non deve essere al centro: al centro
ci deve essere Dio. Quindi non dobbiamo lasciarci guidare dal pensiero del
nostro io. Il pensiero del nostro io non deve essere intenzione motivante.
“Anche se dessi il corpo a bruciare, se
dessi tutte le mie sostanze ai poveri, ma non ho il Pensiero di Dio…”,
diventa tutto macchiato dal pensiero dell’io, dall’orgoglio, dall’ambizione. Non
c’è nessuna azione buona che sia buona da sola, così, di per sé; tutto è inquinato
nel pensiero dell’io.
Rina: Però le cose si possono anche fare con
buon senso, senza tenere presente Dio.
Luigi: Sì, però che cos’è questo “buon senso”?
Se noi teniamo presente che Dio è la sorgente della Verità, quello che noi
chiamiamo buon senso, che è poi il senso comune, quello che fanno tutti, e se
ci lasciamo guidare da quello che fanno tutti, andiamo molto lontano da Dio.
Quello che fanno tutti non è la Verità. Si sente dire: “Anche il Vangelo va
inteso con un certo buon senso”. Ma Cristo non è venuto a noi con le ragioni
del buon senso, Lui è venuto a noi con le ragioni del Padre, con le ragioni di
Dio. Per noi il più delle volte il buon senso è essere approvati da tutti
gli altri. “Tutti gli altri mi battono le mani quindi vado bene, sono giustificato”.
Noi chiamiamo buon senso l’approvazione degli altri; però noi non dobbiamo
vivere secondo l’approvazione degli altri.
Teresa: Abbiamo quello schema del buon senso
così ben radicato in noi, che è difficile superare.
Luigi: Il buon senso è determinato da tutto il
nostro mondo. Il buon senso è essere approvato dalla comunità, dal mio piccolo
paese, dalle quattro case che formano il mio paese.
Silvana: Oppure voglio aiutare una persona e non
cerco secondo Dio, ma le dico quello che secondo me è il bene per quella
persona. Allora faccio un errore perché non le dico quello che è veramente il
suo bene.
Luigi: Certo, fai un errore, perché se non tieni
presente Dio non riesci ad intravedere quello di cui ha veramente bisogno
quella creatura.
Quando
vuoi fare un regalo ad una persona, quante volte succede che fai un regalo
sbagliato, perché quella persona desiderava altro. Tu ce l’hai messa tutta,
eppure non sei arrivata a capire il desiderio dell’altro. Vedi che noi abbiamo
sempre bisogno di un certo adeguamento a-. Il vero bene di cui hanno bisogno
gli uomini è Dio. Quindi soltanto se noi teniamo presente Dio, l’intenzione
di Dio, possiamo intuire, capire ciò di cui l’altro ha veramente bisogno. Forse
l’altro non sa nemmeno ciò di cui ha bisogno, però se uno è presso Dio capisce
quello di cui l’altro ha bisogno, e ci arriva. Allora l’altro dice: “Ah, è
proprio questo di cui avevo bisogno!”.
Teresa: Noi facciamo dei regali perché si usa
così.
Luigi: …per farci vedere dagli altri. Allora
siamo nel pensiero dell’io.
Teresa: Ma è difficile liberarsi da questa
mentalità.
Luigi: Però se pensi Dio, se cerchi Dio, ti
accorgi che i tuoi doni diventano molto diversi da quelli che si intendono in
senso comune. Tu incominci a fare dei regali diversi.
Teresa: Uscire da questo schema è difficile, pur
restando tutto il giorno qui a parlarne. Capisco che è sbagliato...
Luigi: …però continui a farlo. Capisci che è
sbagliato? Una volta che hai capito che è sbagliato puoi uscirne. Chi te lo fa
fare? È proprio conversando a tavolino e convincendosi di certe cose, che poi
dopo uno le porta nel proprio mondo; è lui che è interessato.
Come
sei convinta di una cosa, e le convinzioni si formano a tavolino, cioè nella
meditazione, nella riflessione con Dio, poi la porti nella tua vita. Come
quando Dio mostra a Mosè come deve essere il tempio, il tabernacolo; e poi gli
dice: “Adesso stai bene attento,
scendendo giù al piano, ad essere fedele, a copiare esattamente ogni cosa come
te l’ho fatte vedere sul monte”.
Quando
siamo a tavolino, sul monte, e vediamo le cose secondo lo spirito di Dio,
dobbiamo stare molto attenti, perché andando nel mondo, dobbiamo copiare
esattamente ogni cosa come l’abbiamo vista, perché è il Signore che ce l’ha
fatta vedere.
Se
in quel momento di grazia, in cui tu hai potuto fermarti a meditare con il tuo
Signore, con Dio, hai visto che la tua vita deve essere in un certo modo, stai
molto attenta, andando nel mondo, di non fare in modo diverso, perché
altrimenti ti fratturi. È logico che andando nel
mondo devi bilanciare il fatto che qualcuno ti dà dell’orso o del pazzo, ma
questo non importa. Facendo così tu dai il vero bene spirituale alle tue
sorelle, anche ai tuoi fratelli, perché loro hanno bisogno proprio di questo. Loro
non hanno bisogno di ricevere i regali ma hanno bisogno di vedere qualcosa
secondo Dio.
Gli
uomini sono cattivi e soffrono di essere cattivi, perché ad essere cattivi non
si sta bene. Quindi il più grande dono che si possa fare è l’occasione di
uscire un pochino dal loro veleno, dalla loro cattiveria; e ognuno è cattivo
perché non tocca niente di Dio.
Noi
ci abbeveriamo a delle pozzanghere inquinate, avvelenate; non è una gioia bere
a queste pozzanghere, però se abbiamo sete non ne possiamo fare a meno, se non
vediamo l’acqua pura, se non vediamo la sorgente. Se invece uno ci indica la
sorgente, questo è il più grande regalo per noi, perché ci libera dal bere alla
pozzanghera. Questo è il vero dono, e il vero dono per il prossimo.
Quindi
in un primo tempo uno si sacrifica, perché non è come gli altri, perché gli
danno dell’orso, ma in un secondo tempo può indicare la sorgente da dove ha
bevuto. Ora, c’è bisogno di questo.
Pinuccia B.: Dobbiamo essere coerenti e non
perdere tempo dietro a cose inutili.
Luigi: L’essenziale è cercare la vita eterna,
sforzarsi di entrare nella vita eterna, cercare sempre di recuperare il nostro
animo presso Dio, in modo da avere sempre presente Dio. L’essenziale sta lì:
non dobbiamo mai separarci da Dio. E quando ci accorgiamo di aver perso di
vista il Principio, lasciamo tutto, chiudiamoci in una stanza e recuperiamo il nostro
rapporto con il Signore, perché stiamo andando alla rovina.
Perché
noi ci accorgiamo quando perdiamo il contatto. Allora lì il segno è evidente: è
Dio che richiama. Ad un certo momento Lui ci blocca tutte le strade per farci
capire che abbiamo perso il contatto con Lui. “Ritorna!”. E per ritornare è
semplice: basta metterci in silenzio e ristabilire quel Principio da cui
vengono tutte le cose. Allora si incomincia a rinascere, ed è una rinascita
continua, tenendo presente Dio, e non più parlando da noi o secondo il mondo.
Stai
parlando secondo il mondo? Fermati un momento, perché stai dicendo delle
sciocchezze. Ritorna al Principio e ritorna a parlare secondo Dio, comincia a
pensare secondo Dio e comincia ad agire secondo Dio. C’è sempre questa fatica
di ritornare al nostro Principio. “Naturalmente” noi siamo come un fiume che si
separa dalla sorgente. Bisogna sempre ricollegare le fila con la sorgente, riattingere all’acqua pura.
Amalia: Per noi è molto facile rompere il
rapporto con Dio.
Luigi: Ma certo, basta una sfumatura, basta un
pensiero. Se tu osservi, la nostra giornata è priva di un tempo di
raccoglimento, di contatto con il nostro Principio, con Dio. Siamo portati via
dagli avvenimenti. Incominciamo al mattino a lavorare, arriviamo alla sera
stanchi, sfiniti e andiamo a dormire. Un grande regalo è dare la possibilità
all’uomo di sostare un poco, di fermarsi. Offrire la possibilità di una
fermata. “Fermati, faccio io il lavoro per te; tu vai a raccoglierti un poco”.
“Vedo che sei agitato, sei lì che parli a vanvera; vai a raccoglierti un po’
con Dio”. È un ammonimento, è un lavarci i piedi l’un l’altro, è un aiutarci.
Dobbiamo convincerci di questo e dobbiamo averlo presente. Perché se noi non
abbiamo presente lo Spirito di Dio, non ci viene in mente di dire questo.
Invece
quando uno ha presente lo Spirito di Dio nota quando perde il contatto con Dio,
e nota anche l’altro quando perde il contatto con Dio. L’altro lì per lì può
irritarsi per l’ammonimento, ma poi ringrazia, perché capisce che quello è il
vero aiuto. Poi uno se ne accorge se l’ammonimento è fatto per amore o se parla
per autorità.
Pinuccia B.: Il secondo sigillo è la pietra che
gli uomini hanno posto sulla tomba di Cristo. Il terzo sigillo è il sigillo che
il Padre mette sull’opera dell’uomo, è la pietra ribaltata.
Luigi: La pietra ribaltata è Dio che
distrugge quello che noi abbiamo fatto. Noi facciamo una cosa, crediamo che
quella cosa resti fatta, e Dio invece ce l’abbatte. Questo è il sigillo del
Padre sull’opera nostra. Noi affermiamo una verità, Dio ci presenta una
contraddizione. Dio ci contraddice: la nostra verità non è più credibile. Anche
se noi pensiamo ad una cosa, Dio ci presenta la contraddizione. Per cui Dio
smentisce le nostre parole. Noi diciamo “questo è così!”, Dio ci smentisce
presentandoci che la cosa è diversa: ecco l’opera di Dio. Per cui noi ci
accorgiamo che c’è un Altro che opera in mezzo a noi, perché quello che facciamo
non resta fatto, quello che diciamo non resta detto. Perché non resta detto?
Perché c’è un Altro che opera su di noi, che confonde le nostre parole. E’ il
sigillo del Padre su quello che abbiamo detto come sigillo.
Pinuccia B.: Però questa è una speranza, perché
è una garanzia di perdono.
Luigi: Questo è per dire che quello che fa
l’uomo non è mai definitivo. Definitiva è l’opera di Dio. Abbiamo il
primo sigillo, che è quello del Padre sul Figlio, che si offre all’uomo, e su
questo l’uomo può porre la sua parola, può porre il suo giudizio; ma non è
definitivo. Definitiva è solo la parola di Dio. Per cui Dio ad un certo momento
distrugge la costruzione umana, le parole umane, la logica umana, le ragioni
umane, il buon senso umano; Dio lo distrugge, lo capovolge.
Silvana: Però non basta ancora.
Luigi: No, non basta. Però l’uomo è
contraddetto. Tu pensa che nell’inferno l’anima è tutta in contraddizione,
perché nell’inferno c’è anche Dio. L’anima è tutta in contraddizione, non può
affermare niente. Infatti Satana si definisce come “Colui che non trova un luogo di pace”. Cosa vuol dire che non
trovare un luogo di pace? Vuol dire essere sempre contraddetti. La pace è là
dove c’è armonia, là dove si vede che tutte le cose vanno d’accordo. Ma se come
dico una cosa subito sono smentito, sono inquieto.
Ora,
nell’inferno l’anima è in continua contraddizione, non ha un luogo, non ha un
punto fisso su cui appoggiarsi. Dio opera per distruggere quello che la
menzogna afferma, ma non è detto però che l’anima sia salva. Perché l’anima
per salvarsi deve aderire, deve riconoscere la presenza dell’Altro.
Se
aderiamo, se abbiamo lo stesso pensiero di Dio, tutto va liscio, non siamo
smentiti, anzi Dio ci conferma, ogni giorno il Signore ci dice “vieni servo buono e fedele, entra nella mia
pace”; ci conferma quello che facciamo e quello che diciamo.
Teresa: La sofferenza sta nell’essere
contraddetti. Dio dice una cosa, noi ne facciamo un’altra…
Luigi: …e Dio smentisce quello che noi facciamo.
Allora c’è il conflitto che portiamo dentro di noi.
Quando
sei in conflitto con un’amica sei a disagio; invece sei in pace quando sei in
armonia, quando tutto fila bene, cioè c’è sintonia tra la tua volontà e la
volontà dell’altro. Ora, Dio è una presenza tra noi, ed è una presenza che noi
non possiamo fare fuori. Come in questo alloggio: Dio è presente ed è presente
in un modo che noi non possiamo prenderlo e metterlo fuori perché non andiamo
d’accordo. Lui ci resta, volenti o nolenti, sia che siamo in armonia, sia che
siamo in disarmonia. Soltanto che se siamo in disarmonia, questa Presenza
diventa un inferno, perché dobbiamo sopportare uno con il quale non andiamo
d’accordo. E non lo possiamo far fuori. Ora, immagina di dover vivere con uno
con il quale non vai d’accordo: diventa un inferno.
Teresa: Per seguire Cristo bisogna andare contro
corrente.
Luigi: Questo è poco ma sicuro!
Teresa: Allora è anche una sofferenza.
Luigi: Ah sì. Però c’è una diversità, perché se
vai d’accordo con Dio, interiormente hai una profonda pace, perché Dio è al di
sopra di tutto; anche se esteriormente sei in conflitto, sei in urto con tutti.
È un po’ come il mare: in superficie le onde sono agitate mentre abbiamo una
grande calma in profondità. Quindi l’accordo con Dio crea in noi una profonda
armonia, una profonda pace; perché ogni volta che pensiamo Dio ci accorgiamo
che siamo approvati da Dio, giustificati da Dio. Tutti gli altri no; ma lui sì.
Tutti gli altri sono in superficie, toccano appena sulla pelle, non vanno in
profondità.
Se
invece tu non vai d’accordo con Dio, ma vai d’accordo con tutti gli altri, e
dici: “Va beh, con Dio non vado d’accordo ma tutti gli altri mi battono le
mani, mi approvano, sono in armonia con tutti”, in superficie ridi, scherzi e
gioisci con tutti, ma dentro hai un “tarlo” che non c’è nessuno che te lo possa
togliere; perché non sei giustificata. Ora, quel “tarlo” ha il potere di
rovinare anche tutti i rapporti con gli altri. Ad esempio: se tu fossi in una
casa bellissima, ricchissima, ma triste dentro, non c’è niente dall’esterno che
possa toglierti questa tristezza. Ma se tu dentro sei in pace, hai la gioia,
anche se tu fossi in una baita, non basterebbe la baita a rattristarti; perché
la gioia interiore è talmente forte che è superiore alla realtà esteriore. Quello
che portiamo dentro prevale su ciò che proviamo all’esterno. Se dentro
siamo tristi, non c’è niente dall’esterno, un bel panorama, un bel tramonto,
che ci possa consolare. Quello testimonia che bisogna curare con molta
attenzione quello che portiamo dentro. Ora, dentro c’è Dio. E se noi non siamo d’accordo con Dio, la tristezza
che portiamo a fondo, per questa disarmonia che abbiamo con Colui che abita
dentro di noi, non è compensata da nessun’altra gioia esterna. Noi possiamo
trovare un mucchio di persone che ci abbracciano, che ci baciano, che ci
battono le mani, che ci approvano, ma se tu dentro siamo tristi, non c’è
nessuno che ci giustifichi.
Allora
su che cosa bisogna puntare? Se siamo in conflitto con tutti non importa.
Quello è in superficie. Stabiliamo bene l’ordine dei valori: quello che prevale
su tutto è l’interno, nell’interno c’è Dio. Cerchiamo questa armonia, questa
sintonia con Dio, con l’intenzione di Dio. Tutto il resto poi, poco per volta
verrà; anche il mondo ad un certo momento si armonizza, perché tutti quanti
hanno bisogno di Dio.
Pinuccia B.: La pietra ribaltata o ci conferma o
ci schiaccia. Noi possiamo anche aver sbagliato, Dio ci smentisce e noi lo
ringraziamo, anzi siamo d’accordo che Lui ci smentisca, perché ci fa vedere la
verità.
Luigi: Allora in quel caso intendi, accetti
l’opera di Dio.
Pinuccia B.: Avevo capito che se uno si comporta
secondo Dio riceve la conferma di Dio; ma uno può anche sbagliarsi, però
riconoscere e ricevere il perdono da Dio.
Luigi: Non capisco in che cosa consista questa
terza posizione. Vedo due posizioni diverse.
Teresa: Non vuol dire che non possiamo
sbagliare.
Luigi: Se riconosci che è opera di Dio ringrazi,
perché “mi hai smentito; io credevo che… e invece tu mi hai fatto capire che mi
sbagliavo”. L’importante è questo: noi non siamo mai soli, c’è sempre Dio,
quindi accettiamo sempre tutto da Dio. Ad esempio dico: “Se è possibile
domani vado a Torino”, e mi organizzo per andare a Torino; ma domani Dio mi
impedisce di andarci, allora dico: “Va bene Signore accetto”, cioè sono pronto
a cambiare, perché è Dio che opera in mezzo a noi. Non dobbiamo impuntarci: “Ho
deciso di andare a Torino e ci vado a tutti i costi”. No! Stai attento perché è
Dio che conduce le fila, per cui lasciati guidare da Lui. Dobbiamo vivere
sempre in questo “pensato” superiore.
Non
siamo mai soli, è Dio che opera con noi. Non è che Dio stia seduto là sulla
punta della montagna e dica: “Vediamo un po’ come se la cava quello là! Se
riesce a salire o a non salire”. No! Dio è sempre a braccetto con noi, per cui
noi dobbiamo sempre consultarlo: “Faccio bene a fare così?”. E poi dopo, anche
se riteniamo di aver scelto bene, alla sua presenza, dobbiamo ancora stare
attenti, perché Lui ci può dire: “Stai attento perché stai sbagliando, fai
così”, ci corregge la rotta.
Noi
siamo su un’automobile, ma è Lui che guida, non siamo noi. Allora dobbiamo
stare attenti, riferire tutto a Lui, avere quello sguardo attento a Lui. Allora
Lui ci guida bene; in ogni cosa, non soltanto nelle grandi scelte, in ogni
piccola cosa.
Teresa: Appare difficile e nello stesso tempo
fattibile; nella misura in cui si capisce un certo valore a livello di
pensiero.
Luigi: Certo, renderlo attuale.
Teresa: L’importante è essere coerenti, non
stare un po’ di qua e un po’ di là.
Luigi: Certo, la bellezza della vita con Dio sta
lì.
Teresa: Fuori è un’altra cosa, il difficile sta
lì.
Luigi: No. Quello che noi diciamo “fuori” è Dio
ci mette nella tentazione, nella prova, per darci l’occasione di fare quello
che abbiamo visto all’incontro di preghiera. Ora, se noi lo facciamo diventa
veramente nostro, si trasforma in vita, cioè lo possediamo. Allora viviamo alla
presenza di Dio quello che abbiamo fatto; perché quando veniamo qui ascoltiamo,
ma non basta ascoltare, perché una volta ascoltato, poi la cosa la perdiamo.
Teresa: Per poi dare testimonianza.
Luigi: Non è che dobbiamo testimoniarla per gli
altri. È Dio che ti fa testimoniare, perché tu possa possedere. Quando
insegno matematica, insegno una regola; poi dico: “Hai capito?”; “Sì, ho capito
la regola”; “Bene, adesso ti metto alla prova, facciamo questo problema”. Non è
per metterlo in difficoltà, ma è perché provando a fare il problema possiede la
regola, la fa sua.
Fintanto che ascoltiamo la regola, la regola è
l’Altro che la possiede, non siamo ancora noi. Ecco, se uno incomincia a
lavorare in questo senso, allora comincia a diventare “sua vita”. Quindi è per
noi che Dio ci mette alla prova, ci mette nella tentazione.
Per
cui ci fermiamo in questa stanza in modo da vedere le cose secondo Dio, poi c’è
il fuori, e il fuori è la prova. C’è la teoria e la pratica, e la pratica è per
darci la possibilità di fare nostro quello che Dio ci ha fatto arrivare. Perché
per noi è difficile restare in quello che abbiamo ascoltato, perché per restare
bisogna fare.
“Chi fa la verità…”,
facendo si rimane, si rimane con Dio. Ma se qui diciamo una cosa e poi ne
facciamo un’altra, questa parola è perduta, e torniamo a tribolare, perché abbiamo
perso il contatto con Dio; non siamo più in sintonia, abbiamo fatto qualcosa di
diverso.
Come
quando siamo con una persona: fintanto che siamo con lei diciamo tante belle
parole, poi andiamo con altre persone e tradiamo quella persona: abbiamo perso
la sintonia, abbiamo rotto. Il problema è questo. Noi la chiamiamo coerenza,
ma è proprio questa linearità che produce la gioia; è questo che ci fa
veramente essere, che ci fa partecipi, che ci crea la comunione, e la comunione
è vita. In caso diverso perdiamo la comunione. Quindi non dobbiamo dire: “Se
Dio non mi avesse messo nella prova…”; perché Dio ci ha mandato la prova, la
tentazione proprio per portarci in comunione con Lui, per farci capaci di
portare quel dono di cui ci aveva parlato; altrimenti non siamo capaci a
portarlo, e allora il dono ritorna presso Dio.
Cina: Ho bisogno di cogliere questa verità.
Luigi: La Verità parla, giunge a noi. Noi siamo
più preoccupati di non tradire gli altri, invece dobbiamo preoccuparci di non
tradire Dio. Chi non tradisce Dio non tradisce nessuno.
Se
tu cammini con la testa in Dio non tradisci nessuno. Magari a parole tutti
diranno: “Mi ha tradito”, ma in fondo in fondo tu non hai tradito nessuno, e
tutti certamente riconosceranno che non hai tradito. Non dobbiamo preoccuparci
degli altri. Gli altri sono un banco di prova del vero amore per Dio. Ma dobbiamo
preoccuparci di Dio.
Teresa: Se tradiamo Dio tradiamo anche gli
altri.
Luigi: Certo. E se cerchiamo di non tradire gli
altri, per non tradire gli altri tradiamo gli altri, e tradiamo anche Dio.
Invece dobbiamo preoccuparci di non tradire Dio, di essere in armonia, in
sintonia con Lui. Allora automaticamente (anche se automaticamente è una parola
brutta), di conseguenza non tradiamo nessuno, perché rimaniamo nello Spirito di
Dio.
Teresa: Quindi dobbiamo rimanere fedeli a quello
che il Signore ci dice giorno per giorno; sarebbe quello non tradire Dio.
Luigi: Certo. E quando ci accorgiamo di aver
perso il contatto, dobbiamo avere il coraggio di rompere qualunque cosa per
riprendere il contatto, perché stiamo camminando su una strada sbagliata. Quando
uno si accorge di essere su una strada sbagliata deve avere il coraggio di non
andare avanti ma di tornare indietro al bivio; riprendi contatto col bivio
dal quale hai cominciato a sbagliare strada. Perché ogni passo che fai continui
ad aumentare la tua distanza sulla strada sbagliata. Bisogna avere il coraggio
di riprendere sempre il contatto con il nostro Principio che è in noi, che noi
con molta facilità perdiamo.
Rina: Cristo viene a farci fare Pasqua.
Luigi: Cristo viene a farci fare Pasqua, ogni
momento. Fare Eucarestia, cioè rendere grazie, cioè cercare sempre
l’intenzione di Dio in tutto. Fare Pasqua è passare dal segno al
significato del Padre; passare al nostro Principio. Dio è il Principio nostro.
Quando
mi accorgo che mio principio sono diventati il mio io, i miei sentimenti, le
mie impressioni o le mie esperienze; quando mi accorgo che il mio principio
sono diventati gli altri o il pensiero degli altri, sto camminando sulla strada
sbagliata. E mi devo ricollegare di nuovo col Principio divino; altrimenti divento
un fiume scollegato dalla sorgente, per cui la mia acqua non è più pura. Ho
ancora una sensazione di vita, di pensiero, però sono acqua che non è più
alimentata e che quindi va verso il fallimento.
Dio
è la sorgente, per cui staccarci dalla Sorgente vuol dire destinarci alla
morte.
Pensieri conclusivi:
Amalia: E’ importante cercare sempre
l’intenzione di Dio in tutte le cose; la vita è un banco di prova per possedere
quello che il Signore ci ha fatto vedere.
Luigi: Sì, per possedere quello di cui il
Signore ci parla.
Pinuccia B.: E’ assurdo andare avanti quando ci
si accorge di aver perso il contatto con il Principio. Se me ne accorgo e non
mi affretto a ricollegarmi, tradisco Dio; perché ritengo più importante quello
che sto facendo rispetto a Dio.
Luigi: Certo.
* * *
N.B.: Il testo, tratto da
registrazione,
non è stato
rivisto dall'autore e mantiene lo stile discorsivo.