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Dispensa n°32

Incontro n° 231

Lunedì 31.12.1979

                                                                      

 

 

Gv 6,15-I: «Gesù quindi, sapendo che venivano a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, da solo».

 

Si ritirò tutto solo sulla montagna

 

 

Esposizione di Luigi Bracco:

 

Siamo giunti al versetto 15 e precisamente a questa scena: “Gesù accortosi che venivano a rapirlo per farlo re si ritirò tutto solo sulla montagna”. Ci dobbiamo fermare su questo: “Si ritirò tutto solo sulla montagna”. Mettendolo in relazione a ciò al fatto che Gesù non accoglie; Lui che è venuto per essere re, re delle menti, re dei cuori, re delle anime, perché Lui è re della Verità, non accetta di essere nominato re da tutta questa gente, alla quale aveva moltiplicato i pani, quindi che aveva soddisfatto.

Abbiamo osservato che Lui non accetta di essere loro re, perché il motivo, l’intenzione che li guidava, non era quella del Padre. Lui è venuto per essere re della Verità, non per essere re che soddisfa i bisogni degli uomini, la fame degli uomini, o ciò che piace agli uomini. Ogni scena, ogni atteggiamento di Gesù, come ogni parola di Gesù è scena e atteggiamento, è parola per ognuno di noi personalmente, perché Dio parla personalmente per ognuno di noi; parlò e parla personalmente per ognuno di noi.

Siccome Dio è il Creatore, è Lui che opera in tutto e che è presente in tutto. La creazione non è avvenuta in un certo momento, ma la creazione è continua; ed essendo continua, Lui ancora adesso opera, crea. Ogni fatto che noi incontriamo nella nostra giornata è creazione di Dio; ed essendo creazione di Dio è parola di Dio. Ed essendo parola di Dio, è parola di Dio per ognuno di noi personalmente, e quindi noi la dobbiamo considerare rivolta a noi personalmente. Le scene del Vangelo, le pagine del Vangelo sono soltanto un sillabario per insegnarci a leggere la scrittura che Dio scrive ogni giorno con noi, per insegnarci a capire le parole che Dio parla con noi ogni giorno. Ci dobbiamo fermare quindi sulle pagine del Vangelo per imparare a leggere gli avvenimenti di ogni giorno, alla luce delle lezioni che Dio ci dà nel Vangelo.

Le pagine del Vangelo sono interpretate veramente soltanto in quanto in ognuna di esse noi ci chiediamo che cosa Dio ha voluto dirci personalmente in questo avvenimento, in questa pagina, in questa parola. Fintanto che non intendiamo personalmente facciamo della cultura. Sarà una cultura storica, informazione, ma non è applicazione, non è ascolto della parola di Dio. L’ascolto della parola di Dio è tale solo in quanto ci sentiamo coinvolti personalmente nel parlare di Dio. Dio sta parlando personalmente a me.

 

Amalia: La parola di Dio porta sempre un messaggio personale e un messaggio universale

Luigi: Certo, Dio parla per tutti perché la sua salvezza è per tutti, però parla personalmente con ognuno di noi. Lui considera ognuno di noi come fosse un tutto, come se fossimo soli davanti a Lui. Non siamo come massa davanti a Dio. Ogni persona è insostituibile davanti a Dio; è qualche cosa di caratteristico. Dio ci ama personalmente; ognuno di noi è la sintesi di tutto un universo fatto da Lui per formare la nostra persona. Per “universale” si intende che il messaggio è rivolto a tutti, è aperto a tutti; però l’applicazione è sempre personale.

Dio ha creato tutto l’universo per formare ognuno di noi. Ognuno di noi è un vertice di un universo fatto tutto da Dio per quella persona. Per cui dall’inizio, da quando Dio disse “Sia fatta la luce”, questa luce l’ha fatta per formare una persona, che oggi può essere lei, posso essere io, possiamo essere ognuno di noi. Ognuno di noi è la vetta di una montagna. La montagna è l’universo, e noi siamo il vertice. Dio parla su questa montagna, su questa cima, ad ognuno di noi personalmente. E dobbiamo applicare personalmente per noi quello che ascoltiamo, quello che leggiamo. Non dobbiamo dire: “Questo lo disse per il popolo eletto”. Ma dobbiamo dire: “Questo lo disse allora per insegnare a noi; fu scena, fu sillabario per insegnare a me a leggere, ad intendere, ad interpretare quello che oggi Lui mi dice”.

Lui oggi sta parlando con me. E siccome lo spirito è uno solo, quello che oggi dice a me, lo dice in quello stesso spirito, con quella stessa intenzione con cui parlò allora (allora però me lo spiegò con Cristo, me lo fece intendere). Ecco, grazie a ciò che Cristo disse allora, ho la possibilità, ecco il sillabario, di intendere la parabola di oggi; perché ogni giorno è una parabola che Dio dice personalmente ad ognuno di noi. Ma queste parabole vanno lette e vanno capite, e per capirle bisogna avere l’animo aperto, perché: “A tutti gli altri, viene detto in parabole, in modo che vedano e non intendano, sentano con gli orecchi ma non capiscano; a voi invece è dato intendere le parabole, i misteri del regno”. A voi chi? A voi che vi siete resi disponibili, che avete lasciato tutto il resto per occuparvi di Dio.

A chi ha lasciato tutto il resto per occuparsi di Dio, per interessarsi di Dio, cioè a chi ha reso disponibile il suo animo, la sua mente per Dio, questi entra, appartiene. Perché ognuno di noi appartiene a ciò che ama, a ciò che desidera, a ciò per cui si rende disponibile. E questa è la chiave per intendere le parabole.

Ogni giorno Dio parla a noi in parabole. Queste parabole vanno intellette; ma si possono intelligere solo nello spirito di Colui che le dice. Invece noi corriamo sempre il rischio di interpretare i fatti, gli avvenimenti, nelle nostre intenzioni, nei nostri interessi, nei nostri problemi. E allora vestiamo le opere di Dio dei nostri abiti e togliamo quindi gli abiti di Dio alle opere di Dio; e quindi le fraintendiamo.

Questi cinquemila che mangiarono quei pani, fraintesero il segno, quindi non videro il segno. Non lo videro perché Gesù stesso lo dirà dopo: “Voi mi cercate non perché avete visto il segno”. Cos’è successo che non hanno visto il segno? Perché non hanno visto il segno? Perché hanno rivestito quel segno del loro interesse personale, del pensiero di se stessi. “Costui è uno che ci dà da mangiare”; “Costui è uno che pensa a noi”; “Costui è uno che provvede per noi”; “Facciamolo nostro re così lui penserà a noi”; anziché cercare di capire il segno. Avrebbero dovuto interrogare Gesù, avrebbero dovuto dire: “Facci conoscere il perché, facci conoscere il Verbo di Dio, il Pensiero di Dio in quello che è avvenuto”.

Noi in tutte le cose dovremmo sempre interrogare e chiedere: “Signore, noi vogliamo vedere il tuo Verbo; vogliamo vedere il tuo Spirito in questo avvenimento, in questo fatto”. In tutte le cose dovremmo sempre chiedere: “Vogliamo vedere Gesù”. In tutte le cose: “Vogliamo vedere Gesù”, cioè “Vogliamo vedere il Verbo di Dio”; e non vedere il nostro verbo, perché altrimenti, vedendo l’avvenimento, lo rivestiamo di quello che possono essere i nostri sentimenti, “Questo mi piace”, “Questo non mi piace”, “Questo mi serve per far carriera”. E senza accorgercene rivestiamo i segni dei nostri problemi anziché cercare il Pensiero di Dio. Non dobbiamo rivestire i fatti, gli avvenimenti, dei nostri problemi, ma dobbiamo cercare il suo problema, dobbiamo cercare il problema di Dio, quello che Lui vuole. Dobbiamo cercare il suo Spirito: “Vogliamo vedere Gesù”, “Vogliamo vedere la volontà di Dio in questo avvenimento”. “Tu mi hai fatto accadere questo, Tu mi hai presentato questo fatto, voglio vedere la volontà di Dio in questo, voglio vedere lo Spirito di Dio in questo, voglio vedere il Verbo di Dio in questo”. Ecco, chi ama Dio, chi cerca Dio vuole questo; allora ha l’animo aperto ad intendere la parabola; appartiene, ha interesse per Dio.

Ora, qui Gesù vede che in questi uomini che vogliono nominarlo come re, non c’è l’interesse per conoscere il problema del Padre, per conoscere lo Spirito di Dio; vede soltanto il loro interessamento personale, perché “tutti i giorni questo ci dà del pane”. Ecco per cui Lui non vuole essere nominato re e se ne scappa solo.

Oggi siamo di fronte a questa scena: “Lui se ne andò solo sulla montagna”. Noi dobbiamo chiederci quale lezione Dio vuole darci attraverso questo fatto. Abbiamo gente che esprime un’intenzione e abbiamo Gesù che scappa e si ritira solo sulla montagna. Che cosa Dio ci vuole insegnare?

Gesù se ne va solo, perché non ha visto in loro l’intenzione del Padre. Siccome Gesù è il Figlio di Dio, non può fare niente se non vede l’intenzione del Padre. Infatti “il Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre”. Gesù non ha visto in costoro l’intenzione del Padre e quindi non ha accettato. Lui accetta solo se vede l’intenzione del Padre. Questo cosa insegna a noi?

Lui parla e opera per insegnare a noi come si vive da figli di Dio. Allora qui ci insegna che tutte le volte che non vediamo l’intenzione del Padre negli avvenimenti o in quello che dicono le creature, dobbiamo scappare, dobbiamo ritirarci soli sulla montagna.

La montagna è sempre il simbolo della preghiera. Questo vuol dire che quando tu non vedi la volontà di Dio, ritirati, non agire, non muoverti. Nel campo dell’amore non c’è il difficile, come non c’è la mancanza di tempo.

 

 

Coversazione:

 

Silvia: Forse bisognerebbe andare ancora più indietro; secondo me la volontà di Dio è la nostra coscienza. È così?

Luigi: No! Dio è luce e presso di Lui non ci sono tenebre. Dio non è sentimento, Dio non è intuizione. Dio è luce, Dio è conoscenza. E quando si cerca Dio, quando Lui fa vedere il suo Spirito, la sua intenzione, è lampo. È lampo che illumina. È lampo che illumina talmente che l’anima è affascinata e conquistata; è convinta tanto che non c’è più nessun argomento umano o ragione di uomo che possa distogliere l’anima da questa luce, da questa convinzione, …tanto è forte. Gesù dice: “Il Padre è più forte di tutti e non ci sarà nessuno che li possa distogliere, che li possa portare via”; perché è una luce più forte, è una ragione più convincente, un motivo più valido.

 

Pinuccia B.: Perché Dio non si identifica con la nostra coscienza…

Luigi: No, no. La nostra coscienza è valida, è una bussola; ma Dio non si identifica mai con la creatura. Dio si distingue sempre dalla creatura e richiede sempre alla creatura un superamento.

(?): Allora io non ho mai fatto la volontà di Dio

Luigi: Ma questo lo sa il Signore e lo sa lei; questa è tutta un’altra cosa.

(?): Ma io mi sono chiesta che cosa è la volontà di Dio…

Luigi: Fintanto che non la conosciamo, siamo in questo problema, fintanto che non vediamo la volontà del Padre, la volontà di Dio, l’intenzione di Dio, dobbiamo fare come ha fatto Gesù: ritirarci sulla montagna. Non muoverti, fa silenzio, raccogliti, fintanto che il Signore ti illuminerà.

(?): E se devo stare un anno?

Luigi: Un anno? Puoi stare anche tutta la vita, che importa? Perché hai dei problemi? Il problema deve essere quello che ti pone Dio.

Teresa: Ritirarsi fino a che si faccia luce, ma Gesù non aveva bisogno di questo.

Luigi: Gesù lo fa per insegnare a noi. L’Incarnazione non la fa per sé. Noi facciamo un errore quando diciamo che Lui aveva bisogno di incarnarsi. No! Tutto, anche quando Lui rivela il bisogno, lo rivela in quanto si investe di noi per aiutare noi. Aveva bisogno di subire le tentazioni?! Siccome noi subiamo le tentazioni, Lui ha subito, si è sottomesso alle tentazioni per insegnare a noi come se ne esce.

Noi in continuazione ci lasciamo portare via dalle intenzioni delle creature; “Ah, ma perché questo è una cosa buona”, “Qui faccio un piacere”, “Mi faccio nominare re”, perché sotto sotto c’è un’ambizione. No, stiamo attenti che qui è il sillabario, quello che ci insegna come ci dobbiamo comportare in modo da non lasciarci incatenare, da non lasciarci strumentalizzare, da non lasciarci soffocare.

Dio sta operando per liberarci e ci insegna la via della liberazione. Lui è il liberatore, se noi lo ascoltiamo. Quindi in questa massa che si presenta dicendo: “Noi vogliamo che tu sia nostro re”, noi dobbiamo vedere i casi di ogni giorno, attraverso i quali siamo personalmente interessati. E come dobbiamo rispondere? Come dobbiamo comportarci? Vediamo la volontà di Dio o non vediamo la volontà di Dio?

Non muoverti, non mettere le mani, non rispondere, perché ti carichi di catene; domani sarai soffocato, perché non c’è il Pensiero di Dio. Aspetta, non muoverti fintanto che non vedi il Pensiero di Dio. “Il Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre”. Qui non ha accettato perché non lo ha visto fare dal Padre.

Quando ci saranno i pagani che diranno a Filippo e ad Andrea: “Vogliamo vedere Gesù”. Gesù si lascia vedere, o per lo meno dice quali sono le condizioni. Quando i suoi discepoli, i bambini battono le mani: “Osanna al re di Israele che viene”, Lui difende costoro, quindi li approva.

Di fronte a Pilato dice: “Io sono re”. Invece, proprio davanti a questi ai quali ha dato da mangiare, e ha dato loro da mangiare perché era gente che aveva lasciato il paese, le loro case, i loro affari, per seguirlo per due o tre giorni nel deserto, lui ha moltiplicato i pani, non si fa eleggere re. Perché ad un certo momento non raccolgono più nel Padre, non raccolgono più in Dio l’avvenimento. Questo vuol dire che non basta aver lasciato tutto; la vita con Dio è un raccoglimento continuo, è un riportare continuo.

Non basta dire: “Io ho lascito tutto per te. Adesso qui sto bene”; no, stai attento, non interpretare mai le cose in base al tuo io, ma tutto quello che ti accade, in continuazione, riportalo sempre a Dio, raccoglilo in Dio; anche se sono frammenti, raccogli, riportali in Dio, cerca di vedere in Dio l’intenzione di Dio, non vedere le tue intenzioni.

Ora, l’intenzione di Dio non coincide mai con la nostra; anche fossimo sul vertice della santità, dell’unione con Dio, della vita secondo Dio, la nostra volontà non coincide mai con la volontà di Dio, perché Dio non si confonde mai con la creatura. Però Dio vuole donarsi e allora parla alla creatura per invitarla sempre ad intelligere quello che Lui dice, cioè a superarsi per cercare presso di Lui. “Mi hai fatto arrivare questa parola; magari l’ho sentita mille volte, cosa mi vuoi dire?”, non darla come scontata. Se il Signore te la fa sentire mille e una volta, preoccupati di raccoglierla in Dio: “Signore, che cosa mi vuoi dire per la mille e una volta; perché? Cosa mi vuoi dire?”.

Se noi stiamo attenti Lui ci dice qualche cosa di nuovo per la nostra vita; e quindi ci raccoglie maggiormente nella sua unione, nella sua unità. Perché è Lui che parlando ci raccoglie, è Lui che parlando fa crescere in noi la vita. La vita è partecipazione, ma perché ci sia questa partecipazione, si richiede da parte nostra il ritorno in continuazione a Dio, di tutto quello che riceviamo da Dio.

La vita non viene a noi in quanto riceviamo, la vita viene a noi in quanto riportiamo a Dio, ritorniamo a Dio quello che Dio fa arrivare a noi. La fase della vita vera inizia con l’amore, cioè con questo riportare a Dio quello che Dio ci mette nelle mani. Quello che Dio ci mette nelle mani può consumarsi nelle nostre mani e può essere motivo di morte.

Il Cristo che viene tra noi, la parola di Dio che arriva a noi, viene per la nostra salvezza, ma può essere motivo di morte: motivo di salvezza o motivo di rovina. Quand’è che è motivo di salvezza? E quand’è che è motivo di rovina? È motivo di salvezza quando lo raccogliamo da Dio, lo accettiamo da Dio e lo riportiamo a Dio per vedere l’intenzione di Dio, lo spirito di Dio, la volontà di Dio in quello.

Quando non lo riportiamo in Dio ma lo tratteniamo nelle nostre mani e lo rivestiamo delle nostre intenzioni, del nostro pensiero, quello diventa motivo di morte. Così è successo che il Cristo per certuni è stato motivo di morte, e l’hanno mandato a morte, per altri è stato motivo di vita, di salvezza. E che differenza c’è stata tra gli uni e gli altri? Gli uni hanno visto l’opera di Dio, gli altri invece hanno visto soltanto il pensiero di se stessi; questi non hanno potuto accettarlo.

Ora, in Gesù che si ritira solo sulla montagna (la montagna è sempre simbolo di preghiera, di raccoglimento, di silenzio) abbiamo la lezione di Dio per noi, per ognuno di noi. Per dire: “Quando tu ti trovi di fronte ad intenzioni in cui non vedi l’intenzione del Padre, scappa, non restare, non accogliere”.

Pinuccia B.: A volte si può trovare in buona fede…

Luigi: Non c’è la buona fede. La buona fede vuol sempre dire: buona – fede; cosa buona vuol dire che è divina, perché “Uno sono è buono”.

Pinuccia B.: Ah, allora c’è la buona fede.

Luigi: Si, ma per essere buona fede deve essere quello che ha fatto Gesù.

Pinuccia B.: Uno può sbagliare in buona fede...

Luigi: In quanto riporta a Dio; riportando a Dio c’è la buona fede, cioè c’è la ricerca. Perché la fede è fede in quanto è ricerca di Dio. Se io dico di credere ma non mi interessa conoscere Dio non ho la fede; questa è soltanto un’etichetta, un distintivo, è un abito, ma non è fede; è una fede senza sostanza, è una vernice.

                                                            

Silvia: Io credevo che la volontà di Dio fosse la voce della mia coscienza.

Luigi: Abbiamo bisogno di tanto silenzio e di raccoglierci nel Pensiero di Dio. “Quando vuoi pregare, entra nel silenzio della tua stanza, chiudi l’uscio e lì rivolgiti al Padre”.

Silvia: Io non riesco a far silenzio, ho paura di far silenzio.

Luigi: Ma tu non arriva dagli esercizi spirituali? E non si faceva silenzio?

Silvia: Si, perché se si parla di Dio si fa silenzio…

Luigi: Forse è per questo che ha paura del silenzio. Comunque il Signore i suoi annunci li manda su tutte le strade e in tutti i luoghi; fossimo anche i più gradi peccatori di questo mondo, nell’abisso più nero, Dio essendo onnipotente fa giungere i suoi annunci.

Natale è per tutti, la salvezza è universale, è per tutti, l’annuncio è per tutti; non per tutti è vedere la salvezza. L’annuncio è per tutti, ma sentire l’annuncio non è vedere ciò che è annunciato. Per vedere quello che è annunciato, per vedere il Verbo che è annunciato, i pastori dovettero lasciare il loro gregge, dovettero partire di notte e andare a Betlemme a cercare la grotta; dove trovarono Gesù con sua Madre. Bisogna trovare Gesù Bambino con sua Madre; non c’è Natale fintanto che non troviamo Gesù, o se vediamo solo Gesù Bambino e non vediamo sua Madre; o se troviamo soltanto sua Madre e non vediamo Gesù Bambino. Natale è soltanto quando il Signore ci dà la possibilità di vedere l’annuncio. Dio lo annuncia a tutti. Anche i Re Magi dovettero seguire una stella; una stella è un annuncio. Ognuno di noi ha un cielo pieno di stelle, di annunci, di annunci di Dio. Anche i nostri dubbi sono annunci di Dio; il vuoto, l’insignificanza dell’esistenza, il non sapere per che cosa vivere, sono annunci di Dio, sono stelle che ci invitano. Però non basta, perché l’annuncio può essere una rovina se non lo seguiamo.

Silvia: Quando ho smesso di lavorare sono andata in crisi.

Luigi: Si, ma quando ha smesso di lavorare si è evidenziato il vuoto che portavi dentro; perché quando uno ha l’animo pieno, quando è libero dai suoi impegni nel mondo, e ha la possibilità “di fare niente”, si sente molto occupato, molto realizzato. Invece quando uno sospende un lavoro e perde il senso della vita, vuol dire che non l’aveva nemmeno prima, che non l’ha mai avuto. Perché in questo caso il lavoro è una droga con cui noi ci illudiamo.

Silvia: Magari sto vivendo solo la crisi di mezza età.

Luigi: Dio, attraverso la nostra vita, arriva per tutti. Non è la crisi dell’età, ma è Dio che ci evidenzia il vuoto che portiamo dentro di noi. Eravamo dei drogati e ad un certo momento il Signore ci fa toccare con mano: “Vedi?! È una droga questa!”.

Silvia: Allora cosa devo fare?

Luigi: Devi fare silenzio, ma il vero silenzio. Bisogna fermarsi, non muoversi, fintanto che Dio non squarcia la nostra notte con il suo lampo di luce.

Silvia: Lo so, però io per una settimana non esco, e poi…

Luigi: Con Dio non si possono mettere le sveglie e non si può fissare il tempo. Dio non è un distributore a gettoni, per cui io metto un gettone per tanti giorni, e dopo quei tanti giorni, se Dio non mi risponde vuol dire che non c’è.

Silvia: Non è che adesso posso fermarmi a cinquant’anni…

Luigi: Perché non può? Perché? Maria ha spezzato il suo vaso di profumi per dire che chi non fa conto della sua vita, chi non è pronto a sciupare la sua vita dietro ad una parola di Dio, non è fatto per il regno di Dio. Per poter entrare nel regno di Dio bisogna avere il coraggio, bisogna essere disposti a perdere la propria vita. Se uno incomincia a dire che non può…

Silvia: Prima di tutto non posso fare silenzio perché non sono a casa mia…

Luigi: Perché dice che non è a casa sua? Bisogna sempre parlare nello Spirito; per cui qual è casa sua? La casa di Dio è ovunque. Bisogna imparare a restare in casa. Il guaio nostro è che passiamo di casa in casa, che saltiamo da un luogo all’altro. Noi siamo incapaci a restare fermi. Dio sta parlando con noi e noi continuamente saltiamo da un argomento all’altro. Non ti sei mai trovata con delle persone che parlando, saltano da un argomento all’altro? Forse tu stessa. E saltando da un argomento all’altro cosa succede? Non si riesce a seguire, perché non si arriva mai ad un pensiero. Fermati! Stai ad ascoltare! Dio non chiede niente a noi, è Lui che ci riempie. Lui chiede soltanto a noi che ci fermiamo ad ascoltare. Non metterci le mani, non agitarti, fermati e riconosci chi è il tuo Signore. Fermati, stai ad ascoltare. Lui parla.

Noi dobbiamo essere ascolto. Lui ci ha fatti per l’ascolto. Lui non ci ha fatti male. Nessuno di noi può dire: “Ma io non ne sono capace!”. Se non siamo capaci il difetto è solo nostro, non è da parte di Dio. Dio in quanto ci ha creati, ci ha fatti bene; perché all’ultimo, creando l’uomo, Dio riconobbe che tutto era stato fatto molto bene; ma quel “tutto” si sintetizzava nell’uomo. Fatto molto bene per che cosa? Per ascoltare il Verbo di Dio, per ascoltare la parola di Dio. Il che vuol dire che Dio l’orecchio ce l’ha fatto buono per ascoltare la sua parola; quella parola che illumina, che dà significato alla nostra vita. Siamo noi che continuamente saltiamo da un pensiero all’altro, da una soluzione all’altra, da un problema all’altro. E poi ritorniamo al problema di prima, e così facendo non concludiamo niente.

Il Signore dice: “Chi ha bisogno di luce, la chieda al Padre, il quale la dà abbondantemente, senza rimproverare niente; ma sia costante, non si muova”. Ma cosa può mai ottenere uno se continuamente passa da una cosa all’altra? Quella è superficialità.

Silvia: Ma è la vita stessa che ci porta a fare così.

Luigi: Vedi con che facilità parli?! Invece hai bisogno di ascoltare, hai bisogno di fare tanto silenzio. Non devi parlare di te stessa. Quando dici “la vita stessa” dici una stupidaggine, una sciocchezza. Perché la “vita stessa” è Dio che ci conduce, che ci rimprovera in continuazione, per la nostra superficialità, per la nostra instabilità, per cercare di raccoglierci e di portarci nel suo ascolto, nella sua scuola. Lui ci ha creati nella sua scuola e ci ha fatti per ascoltare, per riempirci del suo Verbo; ci ha fatti per questo. Ma dobbiamo imparare ad ascoltare, a ricevere, non a parlare noi. Noi parliamo anche quando preghiamo: è un errore grosso!

L’essenza della preghiera è l’ascolto. Dobbiamo imparare a far tacere tutto di noi, del nostro mondo, della nostra vita, dei nostri problemi, per cercare di capire il suo problema. Abbiamo bisogno di capire il suo problema, non il nostro. “Lascia crescere anche la zizzania, non importa! Ma cerca il mio problema! Vedrai che il mio problema scioglierà tutti i tuoi problemi!”; ma solo se cerchiamo il suo problema. Invece se cerchiamo la soluzione dei nostri problemi, anche con Dio, non facciamo altro che ingarbugliare la matassa. Non ne usciremo mai! Perché la via d’uscita è cercare il suo problema non il nostro.

Se cerchi il suo problema, convinciti, avrai tutto un universo di angeli che ti sosterranno, che ti aiuteranno per arrivare alla soluzione del suo problema. E per cercare di capire il problema di Dio devi accantonare tutti i tuoi problemi, perché quell’altro è più importante. Se cerchi di risolvere tutti i tuoi problemi, ad un certo momento avrai tutte le creature che si metteranno contro per ingarbugliarti il tuo problema, e non ne uscirai. È Dio stesso che opera questo.

Perché noi siamo stati creati per cercare di capire, per trovare la soluzione del problema di Dio, non la soluzione dei nostri problemi.

Pinuccia B.: Il problema di Dio è metterlo prima di tutto e cercare di conoscerlo.

Luigi: Certo, cercare di capire la sua intenzione: perché ci ha dato la vita, perché ci ha dato l’esistenza, per quale motivo. E avendoci creati per un fine, che cosa fa e che cosa vuole da noi affinché possiamo arrivare lì. Perché Lui vuole infondere il suo significato nella nostra vita, la sua intenzione nella nostra vita.

 

Pinuccia B.: Questa è la sua volontà. Invece noi identifichiamo la sua volontà con il fare questo, il fare quello, andare qui o andare là.

Silvia: E tu sei sicura di fare volontà di Dio? Scusa la domanda indiscreta

Pinuccia: No, ma sto cercando di farla.

Silvia: Ah, allora vedi che non sono solo io che...

Nino: Se ci fermiamo con Dio, Dio ci fa accorgere se facciamo la sua volontà e se facciamo la nostra.

 

Luigi: Qui ci troviamo con una situazione che è molto significativa, perché abbiamo cinquemila uomini sfamati da Gesù, in quando andavano dietro a Gesù, per ascoltare Gesù, lasciando le loro case. Poi, loro stessi, che sono diventati amici di Gesù, perché Dio li aveva sfamati, vogliono farlo re e Lui scappa, si sottrae, non si lascia più vedere. È una lezione significativa. Hanno rivestito Gesù della loro intenzione e Lui non si è lasciato più vedere, toccare. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che loro si sono sentiti soli. È il problema della solitudine nella nostra esistenza. Cioè il problema di non toccare niente di Dio, che è poi la malattia nostra. Gli uomini sono malati perché non toccano niente di Dio.

Ora, come mai gli uomini si sentono soli, non toccano niente di Dio? Eppure hanno terribilmente bisogno di sperimentare qualche cosa di Dio. Gli uomini non toccano niente di Dio perché hanno la loro intenzione prevalente rispetto alla ricerca dell’intenzione di Dio. Abbiamo i nostri problemi che pesano più su di noi; e Dio non si lascia toccare. Per poter sperimentare Dio, dobbiamo mettere Dio prima e noi dopo. Prima il suo problema, cioè: “Cerca prima di tutto il regno di Dio, non preoccuparti del mangiare e del vestire”, allora lì arriviamo a toccare Dio, Dio si lascia sperimentare.

Dio vuole lasciarsi sperimentare, non si nasconde. Perché Dio opera tutto, ha creato tutto l’universo per farsi conoscere, per farsi vedere, per farsi sperimentare; soltanto che siamo noi che, ad un certo momento, ci copriamo gli occhi. Se io apro le persiane, il sole splende, ma se chiudo le persiane, se chiudo gli occhi il sole non lo vedo più.

 

Teresa: Su cosa devo dire?

Luigi: Su questo argomento di stasera; su questo sottrarsi di Gesù, quando non vede l’intenzione del Padre, applicato personalmente a noi, come lezione per ognuno di noi. Quando non vediamo l’intenzione di Dio dobbiamo non accogliere, ma ritirarci. Lo ritieni valido?

Teresa: Si, si. Però l’importante è capire quando una cosa non è nell’intenzione di Dio.

Luigi: Quando non vedi l’intenzione di Dio. Perché quando c’è l’intenzione di Dio si vede. Perché l’intenzione di Dio è luminosa, chiara: è volontà di Dio. Qui Gesù non ha avuto dubbi (beh, era Gesù, siamo d’accordo), però l’ha fatto per noi. Volevano farlo re e Lui è scappato.

Nino: Direi che la volontà di Dio non la vediamo quando non l’accettiamo; invece quando la cerchiamo, la troviamo perché è luce.

Luigi: Certo, perché Dio è luce. Ma questa gente che vuole che Gesù sia loro re, la vede l’intenzione?

Teresa: Avevano un’intenzione sbagliata.

Luigi: Si, perché avevano mangiato quel pane, non erano nell’intenzione del Padre. Non erano nell’intenzione del Padre. Qui abbiamo la dichiarazione stessa di Gesù che quando lo ricercheranno il giorno dopo, dirà: “Non avete visto il segno”. Ce lo dice chiaramente. Lui commenta la sua parabola. Perché se stiamo attenti, oltretutto, ed è lì la meraviglia, che se stiamo attenti nel leggere il Vangelo, che è il sillabario, ci accorgiamo che scende al nostro livello infantile. La bellezza del Vangelo è che se noi stiamo attenti, cioè non saltiamo da una cosa all’altra, subito il giorno dopo, troviamo Gesù che interpreta per noi la parabola del giorno prima.

Tutto è parabola, ma questa è stata una parabola che aveva bisogno di essere intelletta. Il giorno dopo, Lui fa capire a noi il perché ha agito così, qual era l’intenzione che avevano quelli; e quindi perché non ha visto l’intenzione del Padre. Perché la parola di Dio si commenta con la parola di Dio. Quindi dobbiamo sempre cercare la parola di Dio per commentare le parole di Dio. Non dobbiamo cercare altri che commentino le parole di Dio. Le parole di Dio si commentano con le parole di Dio. La luce si vede con la luce. Dio si conosce in se stesso. Dio non si conosce ragionando, studiando libri. Dio si conosce portandoci alla presenza di Dio e guardando Dio. La luce si rivela con la luce. “È nella tua luce che io vedrò la luce” dice Sant’Agostino. Nella tua luce, non nella luce degli uomini, non nella mia luce, non nelle mie ragioni.

La luce si conosce con la luce; la Verità si conosce con la Verità; la parola di Dio si intende con la parola di Dio. Ecco che si richiede la fedeltà; perché attraverso la fedeltà ci accorgiamo che Dio ci dice una parola. Se siamo fedeli, Dio ci farà giungere una sua parola che commenta e ci fa capire la parola di prima, e ce la illumina. Quando Lui apre e illumina, non c’è più nessuno che possa chiudere, non c’è più nessuna parola di uomo, nessun ragionamento di uomo, nessun fatto umano che possa oscurare quello che Lui ha illuminato, che possa chiudere quella porta che Lui ha aperto.

Teresa: Ci fa capire anche che esaltiamo chi piace a noi, chi conviene a noi.

Luigi: Si, è lì che salta fuori l’intenzione nostra; che non è più l’intenzione del Padre.

Guarda come ha rimproverato Pietro, quando non ha più visto l’intenzione del Padre. Quando Pietro dice: “Tu sei il Figlio di Dio”, Gesù gli dice: “Beato te, Pietro… perché il Padre...”, e non è scappato; come mai non è scappato? Si è lasciato esaltare. Anzi, ha detto: “Beato te, Pietro”. Ma cinque minuti dopo, quando Pietro dice: “No, noi ti difenderemo, non lasceremo che tu sia mandato a morte!”, gli risponde: “Vattene via da me, tu sei un demonio!”. Non ha più visto l’intenzione del Padre. Come Pietro in cinque minuti ha cambiato, così anche questi cinquemila uomini, da un momento all’altro sono stati abbandonati da Gesù. Ecco perché bisogna imparare a convivere con Dio. Ma convivere con Dio vuol dire che bisogna riportare in continuazione, bisogna raccogliere le cose in Dio per poter vedere l’intenzione di Dio.

Teresa: Gesù ragiona all’opposto di come ragioniamo noi; se vede che lo osannano, Lui scappa.

Luigi: E lo fa per noi; proprio perché in noi c’è questa debolezza. Dominati dal pensiero del nostro io, siamo portati a farci esaltare. Ma gli altri ci legano come salami, e ci mettono a stagionare appesi in aria. Comunque anche fossimo legati come salami da non poterci più muovere, se cerchiamo l’intenzione di Dio, Lui taglia tutti i legami e noi mettiamo le ali. Dio è il vero liberatore.

 

Luigi: Io vorrei sentire una sintesi di tutti gli argomenti che abbiamo trattato quest’anno. Quest’anno è servito a qualche cosa?

Teresa: Quest’anno è stato tutto un richiamo all’ascolto. A mettersi in ascolto per capire l’intenzione del Padre.

 

Luisa: Ho letto su un quaderno i riassunti degli incontri sul Vangelo di San Giovanni, ho colto che bisogna sempre ricominciare da Dio.

Luigi: La pazienza di Dio: Lui resta sempre nonostante noi.

 

Pinuccia B.: Luisa parla degli appunti del sabato che Silvana ha scritto a macchina, e diceva: “Quel libro terribile che mi scuote!”.

Luigi: Gesù stesso dice che la strada è difficile, “Sforzatevi di entrare”. Perché è un problema d’amore, e amare è veramente difficile. Perché amare vuol dire dimenticare se stessi per fare il bene dell’altro, per cercare di far essere l’altro.

 

Luisa: Un grande dono dell’ultimo giorno dell’anno è quello che Dio mi ha aperto gli occhi.

Luigi: Ringraziamo il Signore.

 

Pinuccia: Il mio è un pensiero personale; se non sto attenta mi lascio legare come un salame. In quest’anno è stato propria un esperienza terribile in questo senso…

 

Nino: Io credevo di poter incominciare e di smettere di lavorare quando volevo, poi ero convinto di smettere per le ferie, e poi sono andato avanti fino adesso. E nell’ultimo mese c’è stato un momento che credevo di lasciarci la pelle. Ed è stata proprio una grazia di Dio farmi capire come mi ero legato al lavoro…

Pinuccia: Il risvolto positivo sta nel fatto che uno scopre che la Verità sta in altro.

 

Cina: Il Signore è fedele; ad ogni incontro, in ogni parola, c’è il Signore che ci dice: “Vieni”.

Luigi: Il Signore non solo ci aspetta ma ci chiama, fa di tutto perché ci muoviamo, per insegnarci a fare dei passi anche piccoli, per farci camminare.

 

Amalia: Stavo pensando che Dio mi sta convincendo sempre di più sull’univa cosa necessaria.

 

(?): Ricominciare di nuovo, incominciare da qui.

Luigi: Con pazienza; la pazienza di ogni mattina.

Rina: Però è un’esigenza la sua di esprimere i suoi problemi.

Luigi: Sì, ma bisogna imparare il problema di Dio; bisogna imparare a conoscere il problema di Dio. Perché Dio ci carica di problemi, addirittura al punto da renderci impossibile il vivere. Per farci capire che dobbiamo cercare il Suo problema. Perché più noi ci allontaniamo dal Suo problema e più Lui ci ingolfa, per farci capire che “Lontano da me la matassa si imbroglia”. Ad un certo momento non ne usciamo più, non abbiamo più la possibilità di uscirne: è il caos. Perché c’è il caos all’inizio e c’è il caos alla fine. Si cade nell’insignificanza totale, ed è un disastro. E’ il problema più diffuso di oggi: l’insignificanza.

(?): Ma io ho sempre creduto che la volontà di Dio fosse nell’osservare i suoi comandamenti.

Luigi: Si, se osservi i comandamenti. Devi sempre tenere presente che noi purtroppo cadiamo nella casistica. “Non rubo, non uccido, non commetto adulterio, ecc…”. Infatti il giovane ricco chiede a Gesù: “Cosa devo fare per avere la vita eterna?”, cioè per arrivare a conoscere la Verità di Dio. La vita eterna è conoscere Dio. Gesù dice: “Osserva i comandamenti”. Osservare i comandamenti vuol dire capirne l’anima, che è “Ama il Signore tuo Dio con tutta la tua mente, con tutte le tue forze, con tutto te stesso”. Questo amare vuol dire cercare; perché amare vuol dire cercare la presenza, volere la presenza di Dio. Tutti gli altri comandamenti vengono dopo.

(?): C’è anche scritto che chi non ama il fratello che vede non ama Dio che non vede

Luigi: Certo, il prossimo è un banco di prova.

(?): Se amo i fratelli, attraverso i fratelli vado a Dio.

Luigi: No, quello è un errore grosso, perché se manca il primo comandamento, tutto il resto diventa recitazione, anche l’amore del prossimo. Gesù viene a portare a compimento la Legge. Quel giovane ricco era sincero, in buona fede; lui riteneva di aver osservato i comandamenti. E Gesù lo amò. Gesù conosce gli animi. Lui dice: “Io li ho osservati fin dalla mia giovinezza”, quindi era in buona fede. Se Gesù lo amò vuol dire che li aveva osservati, ce l’aveva messa tutta. E il fatto che ce l’aveva messa tutta è chiaro dal fatto che lui è arrivato ad interrogare Gesù. “Che cosa debbo fare per arrivare a conoscere Dio? Per entrare nella vita eterna?”. Vuol dire che aveva captato l’anima dei comandamenti.

Quando noi ci impegniamo nei comandamenti, arriviamo ad interrogare Gesù: “Voglio vedere”, ci accorgiamo di essere siamo ciechi. Siamo ciechi perché i comandamenti ci accecano, ci fanno sentire tutta la nostra povertà. Invece noi ci crediamo ricchi. Allora arriviamo come il cieco di Gerico: “Signore, che io veda”, “Voglio vedere Gesù; voglio vedere il suo Spirito; voglio vedere la volontà di Dio; voglio vedere il Verbo di Dio; voglio vedere il tuo Volto”. I comandamenti ci portano lì. Se non ci portano lì, vuol dire che non abbiamo osservato i comandamenti. Se li abbiamo osservati arriviamo lì.

Allora lì Gesù lo amò, lo riconobbe. E gli disse: “Vedi, ti manca questo; renditi tutto disponibile, perché Dio ti impegna a tempo pieno. Vieni e segui me, va vendi tutto”. Lui riteneva di aver osservato tutti i comandamenti, ma non li aveva osservati, è logico! Però onestamente credeva di averli osservati. Ed era arrivato ad interrogare Gesù. La bellezza è questa: arrivare a capire l’essenziale. L’essenziale è questo: vedere.

Come costoro che avevano abbandonato tutto per seguire Gesù. Gesù giustamente dà loro da mangiare, perché prima aveva detto “Cercate prima di tutto il regno di Dio, non preoccuparti del mangiare, che questo ti verrà dato in soprappiù”. Loro hanno cercato prima di tutto il regno di Dio, in cinquemila erano partiti, lasciando tutto; sarà stato un giorno, due, o tre, però l’avevano seguito. L’avevano seguito al punto che hanno incominciato a sentire fame. Quindi Gesù avendo detto “Se cercate il regno di Dio prima di tutto, tutto il resto vi sarà dato in soprappiù”, ha dato il soprappiù. Ma è lì la fregatura, perché ad un certo momento, vedendo il dono è venuta meno la ricerca di Dio; si sono fermati. È un rischio che corriamo.

I comandamenti tendono a formare in noi la fame di Dio. Dio opera in tutto, quindi: la creazione, il peccato, i comandamenti, il profetismo, la preghiera dei Salmi, tutto, è opera di Dio nella nostra vita personale per formare in noi la fame, la fame di Dio, il bisogno di vedere, il capire che quello è l’essenziale nella nostra vita. Il giorno in cui nella nostra anima si è formata questa convinzione: “Che io possa soltanto conoscere Lui, e questo mi basterà; perché questo mi basterà per vivere nella sua casa, nel suo Tempio”, noi arriviamo in cima all’Antico Testamento, siamo all’uscita dell’Antico Testamento, stiamo imbroccando l’entrata nel Nuovo Testamento, cioè stiamo arrivando al contatto con Gesù. Questa è l’uscita da tutta la Legge, da tutti i comandamenti e da tutta la creazione.

Il senso di tutte le cose è questo: formare in noi la fame di Dio, il bisogno di vedere Lui.

Vedi che quello è amore?! Perché il bisogno di vedere la presenza di uno è amore. Quando si ama si desidera la presenza dell’altro.

(?): San Paolo dice che adesso vediamo attraverso un vetro scuro e poi lo vedremo faccia a faccia, quindi vuol dire che Dio lo vedremo...

Luigi: Certo, dobbiamo desiderare di vedere.

(?): Lo desideriamo, ma noi non possiamo vederlo adesso.

Luigi: E’ il Signore che conduce, è Lui che sa a quello a cui vuole condurci. Certamente Lui promette, perché dice: “Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie parole”. Restare. se resterete nelle mie parole, conoscerete la Verità”. E’ parola di Dio! “…e la Verità vi farà liberi”. E’ parola di Dio! Ma tutto questo si realizza se “resterete”; il problema è restare.

Per noi è terribilmente difficile restare. Noi sentiamo tante cose, anche di Dio, ma non siamo capaci a restare. San Giovanni batte molto su questo “restare”: “Rimanete”, “Rimanete”, “Rimanete”. Definisce Satana come “Colui che non seppe restare”. “Non si trovò un luogo per lui dove sostare”. L’instabilità: girò tutto il mondo, ma ritorna sempre su se stesso e non ha possibilità di restare.

La via di apertura al cielo passa proprio attraverso a questa pazienza che resta, che rimane, che sta ferma, che non si muove, a qualunque costo, a costo di morire di fame. Allora lì si incomincia a gustare la vera bellezza della vita. Perché la vita si gusta nella misura in cui spendiamo tutto per un amore; allora si incomincia veramente a gustare. Ma bisogna avere il coraggio di spendere tutto quello che si ha per un amore, per un amore unico.

(?): L’amore di Dio si riflette nell’amore umano?!

Luigi: Certo, perché tutto è lezione di Dio, anche sperimentare l’amore umano è una lezione di Dio, per aprire il nostro animo a farci capire. Quindi non dire che tu non sei capace ad amare; perché sei stata capace di amare. Non dire che non hai tempo, perché per le cose tue hai tempo. Non dire che è difficile, perché per le cose tue superi tutte le difficoltà.

 

Rina: Quindi l’importante non è l’impegno di essere ma l’impegno di conoscere.

Luigi: L’essere deriva dal conoscere. Il vero essere deriva dal conoscere. Perché noi nel pensiero dell’io tendiamo ad avere, ad appropriarci, ad accumulare intorno a noi. Ma poi ci accorgiamo che abbiamo tutto un vuoto attorno, scopriamo l’insignificanza del tutto. Il vero problema è quello di imparare a partecipare di Dio che è l’Essere; nella misura in cui noi lo conosciamo, Lui ci rende partecipi del suo Essere. Allora la nostra vita incomincia ad essere e acquista significato da Dio.

 

Luisa: Siamo ancora nel seno materno.

Luigi: Si, siamo in gestazione.

Luisa: Questa gente che ha conosciuto, sperimentato, che ha lasciato tutto, che ha vagato per tre giorni nel deserto…

Luigi: Perché Dio sovrabbonda di doni, ci inonda di doni; ma tutti questi doni li dobbiamo sempre riportare a Lui. Guarda i dieci lebbrosi: di tutti e dieci uno solo è ritornato: e quello ha avuto la vita. Perché la vita inizia nel ritorno da Colui dal quale arrivano i doni; perché è soltanto nel ridonarli a Lui che si illuminano, e si illuminano di vita eterna, cioè acquistano significato.

 

(?): Ci vorrebbe un tesserino per stare tranquilli.

Luigi: Stai tranquilla, dormi tranquilla, c’è Dio che pensa a tutto.

Papa Giovanni dormiva tranquillo, perché è lo Spirito Santo che guida la Chiesa non è il Papa. Sapendo questo dormiva tranquillo. Anche la morte è opera di Dio, bisogna fidarsi di Dio. “Laudato sii, o mio Signore, per sorella morte corporale”.

C’era un Sacerdote che aveva paura della morte e cinque anni prima di morire, scrive sotto dettatura di Gesù; è Gesù che parla e dice: “La sera addormentati tra le mie braccia, è così che morirai e giungerai in Paradiso, al momento del grande appuntamento con Me”.

Quando è morto, in un appunto al fondo del libro vi era scritto: “L’estate 1970 volge al termine, il 22 settembre, alla sera, padre Curtois, scrive nel suo quaderno le ultime espressioni che abbiamo riportato; poi traccia una linea; quella sera sta meglio di tante altre sere; dopo cena si ferma un po’ in famiglia, con il suo sorriso cordiale. Poi si ritira nella sua stanzetta dopo aver augurato la buona notte. In quella notte il Signore viene a cercare il suo servo fedele”. L’hanno trovato morto; e lui cinque anni prima aveva scritto: “Addormentati tra le mie braccia: è così che morirai. Egli scriveva come sotto dettatura di Gesù il 18 ottobre 1964, sei anni prima. Questa morte serena, senza ombra di agonia, in pieno sonno, sopraggiunta circa sei anni dopo che quelle parole furono scritte, non appare come altro segno del valore del suo messaggio?!”.

Questo per dire che bisogna fidarsi, perché Dio conduce tutte le cose. Non è detto che ci debba essere sofferenza, perché anche la morte è una sorella.  

 

 

 

 

 

 

 

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N.B.: Il testo, tratto da registrazione,

         non è stato rivisto dall'autore e mantiene lo stile discorsivo.

 

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