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Dispensa n°8

Incontro n° 207

Domenica 19.08.1979  

                                                                      

 

 

Gv 6,7: «Filippo gli rispose: “Duecento denari di pane non basterebbero perché ciascuno ne possa avere qualche pezzetto”».

 

 

Illogicità della risposta

 

Esposizione di Luigi Bracco:

                                

Oggi approfondiamo questo versetto: “Filippo gli rispose: Duecento denari di pane non basterebbero perché ciascuno ne possa avere qualche pezzetto”.

Abbiamo già notato l’incongruenza tra la domanda che fa Gesù e la risposta che dà Filippo; perché pone il problema: “Dove potremo comprare del pane per sfamare tutta questa gente?”, Filippo non risponde al “dove” ma al “come” fare perché ognuno ne possa avere qualche pezzetto. È come se noi ci trovassimo in un paese straniero e chiedessimo a un passante dove poter comprare del pane e lui ci rispondesse che per comprarlo ci vuole tanto denaro. La risposta sarebbe illogica! C'è un’incongruenza tra la domanda e la risposta. Qui ci sono due argomenti da tenere presente.

Il primo argomento è che Filippo va fuori tema e non risponde all’interrogazione di Gesù. Gesù chiede: “Dove possiamo trovare del pane?”.

La volta scorsa abbiamo detto che Gesù parla sempre nel pensiero del Padre, quindi quel “dove” in Gesù, non poteva intendersi altro che il Padre. Sapendo ciò che stava per fare, Gesù interroga i discepoli per portare il pensiero, soprattutto nei riguardi di Filippo, dei suoi apostoli presso il Padre.

Dice San Bernardo: “La parola di Dio è la sorgente di tutto; la lezione provvede il cibo”. Cioè la parola di Dio provvede il cibo.

Gesù chiede “Dove troveremo noi del pane?”, poco prima Lui aveva detto alla gente “Non preoccupatevi del mangiare e del vestire ma cercate prima di tutto il regno di Dio”. E loro stavano cercando il regno di Dio, stavano seguendo Lui; per cui adesso Gesù non può fare il discorso di preoccuparsi di dove trovare il pane, il mangiare, il vestire.

Siccome lo spirito di Dio è uno solo, con quel “dove” intendeva sollecitare, anzi provare il pensiero dei suoi apostoli, se i suoi apostoli erano nel pensiero che Lui aveva affermato. Se fossero rimasti nella parola di Dio i discepoli avrebbero dovuto dirgli: “Ma come mai tu prima ci hai detto di non preoccuparci del mangiare e del vestire, adesso ci vuoi preoccupare del mangiare?”, oppure: “Tu ci hai insegnato che a chi cerca prima di tutto il regno di Dio tutto il resto gli viene dato in soprappiù, quindi non ci preoccupiamo”. Evidentemente qui erano scivolati dalla parola sul piano umano, e quindi salta fuori il problema del denaro: duecento denari.

Il secondo argomento è questo: Filippo rivela un’impotenza.

L’uomo constata l’impotenza a soddisfare il suo bisogno principale. Anche noi constatiamo che con tutti i nostri mezzi, non possiamo soddisfare la fame dell’uomo.

L’uomo porta con sé una fame essenziale che nessun mezzo, nessun argomento umano né sociale, può riempirgli l’anima. L’uomo ha fame di assoluto, essenzialmente vive di assoluto.

Abbiamo questi due temi da tenere presente:

·       prima di tutto l’illogicità della risposta rispetto a quello che chiedeva Gesù;

·       e poi il tema dell’impotenza umana nel soddisfare la fame dell’uomo.

 

Questa tanta folla è l’espressione della tanta fame di uno solo, di ogni uomo. Perché la quantità è per esprimere la qualità che ogni uomo porta in sé di qualche cosa.

Dio estende in orizzontalità, moltiplica in quantità quegli argomenti che sono in verticalità. Siccome gli argomenti che sono espressi in verticalità, in qualità, noi siamo duri ad intenderli, ecco che Dio moltiplica in massa.

Quante volte a noi sfugge un avvenimento singolo, non ci fa riflettere! Se invece quello stesso avvenimento tocca milioni di persone ci impressiona. Presso Dio non dovremmo avere questa grossolanità di mente, di cuore, da aver bisogno che un fatto interessi milioni di persone per colpirci; altrimenti non ci colpisce se interessa soltanto una persona singola. Questo è per esprimere che data la nostra grossolanità di mente, il Signore moltiplica i fatti, li ripete per molte volte, per molte persone, in modo da preoccuparci, in modo da interessarci.

Basterebbe un filo d’erba per aprirci all’interesse per Dio, invece Dio deve creare distese infinite di fili d’erba per colpire il nostro pensiero.

Allora, se nel primo argomento abbiamo l’illogicità nella risposta, questa evasione di Filippo in quello che è l’argomento, dobbiamo cercare di capire quale sia il suo significato. In sostanza ci chiediamo: come mai l’uomo può sbagliare?

Qui rivela che lo sbaglio dell’uomo sta nel non rispondere al Pensiero di Dio.

Ogni giorno siamo interrogati da Dio, Dio pone a noi dei problemi. Dio per noi è una fonte di problemi, però noi rispondiamo evadendo il problema. Come può avvenire questo? E che cosa si richiede affinché noi restiamo nel pensiero di Dio, nell’interrogazione che ci fa Dio, coerenti cioè con quello che ci chiede Dio?

Qui si rivela la possibilità dell’uomo, di Filippo, quindi di ognuno di noi, di non rispondere al problema o di rispondere male (ed è poi la stessa cosa). Come mai Dio ci interroga su qualche cosa, ci pone il problema, e noi evadiamo, rispondiamo malamente, cioè non rispondiamo?

In un primo tempo, avevamo detto, siccome Dio continuamente ci fa delle proposte, rispondiamo “si” oppure “no”. Invece qui approfondiamo il fatto che il nostro “no” assume una sfumatura diversa; è un po’ il “no” di Filippo che risponde evadendo; crede di rispondere ma è una risposta evasiva, cioè non coglie il pensiero.

Abbiamo detto che prima che l’avvenimento avvenga, il Signore ci mette alla prova, per insegnarci ad interrogare il suo pensiero, a chiedere qual è il suo pensiero, non a rispondere secondo il nostro pensiero. Qui Filippo risponde secondo il suo pensiero, non risponde secondo il pensiero di Gesù. Ecco, noi abbiamo la possibilità di sfuggire al Pensiero di Dio.

L’errore nasce in noi dal fatto che non interroghiamo il pensiero di Dio, non cerchiamo il pensiero di Dio e affermiamo il nostro pensiero.

Filippo aveva un certo suo pensiero, ed era il pensiero del denaro: per avere del pane bisogna comperarlo. Perciò risponde secondo il suo pensiero. Non ha chiesto a Gesù. Perché se avesse chiesto avrebbe incentrato la sua attenzione sul “dove”. “Dove poter ottenere, dove poter comperare tanto pane per…”. Avrebbe potuto dire: “Ma io non capisco cosa vuoi dire”, poteva anche non capire il pensiero di Gesù; o poteva capirlo, ma per capire avrebbe dovuto uscire dal pensiero di se stesso.

Dio parla a noi un linguaggio umano, usa dei segni, però attraverso questi segni pone a noi il problema di sé. In quel “dove” c'è il problema del Padre, il luogo in cui abita il Figlio.

Il Figlio vive del Padre, ottiene dal Padre il cibo di vita. Ogni figlio di Dio ha il suo cibo di vita dal Padre. Ed è la parola di Dio che provvede il cibo all’uomo. Gesù lo precisa nella tentazione quando dice a Satana che non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio. Ecco il luogo: la bocca di Dio è il luogo dove noi possiamo trarre il cibo di vita. E questo è Gesù che lo dice chiaramente.

 

Conversazione:

 

Teresa: Filippo pensava al denaro, quindi era nel pensiero del suo io.

Luigi: Ognuno di noi, senza accorgercene, di fronte agli argomenti che propone Dio, risponde sempre secondo i suoi argomenti. Dio ci propone una cosa e noi pensiamo ai nostri mezzi, o a come noi siamo. Dio non ti sta chiedendo di arrivare alla meta, Dio ti sta chiedendo che tu faccia conto su di Lui per quello che ti propone. Dio ti propone argomenti di fede, cioè ti propone che tu faccia conto su Dio. “Signore, io non so fare assolutamente niente, ma se tu mi proponi questo, fai Tu, io non metto ostacoli”.

Bisogna imparare a fare conto su Dio: questo è l’argomento della fede. Dio ci propone questo! Nient’altro!

Teresa: Ci chiede di fare un salto nel buio.

Luigi: Ma Dio non è il buio! Sia ben chiaro! Il buio è in noi. Dio non è il buio, perché Dio è luce e far conto su Dio non far conto sul buio! Quando tu fai conto sul denaro, fai forse conto sulla luce?! No, fai conto sul buio! E sarai smentita.

Teresa: Noi facciamo conto sulle nostre sicurezze.

Luigi: Le nostre sicurezze sono sempre fasulle. E un giorno Dio ci smentirà in tutte le nostre sicurezze. E’ logico. Qui Filippo sarà smentito dall’opera che Dio sta per fare. Evidentemente qui il Signore ci educa ad imparare che la vera sicurezza noi la dobbiamo mettere in Lui. Quindi Lui deve essere la nostra sicurezza, Lui deve essere colui su cui facciamo conto.

Siccome Lui non è mai noi, non dobbiamo mai identificarci con Dio; si richiede sempre da parte nostra questo superamento del pensiero di noi stessi e di tutto quel mondo sperimentato dal pensiero del nostro io; come il denaro, che rappresenta tutte le nostre sicurezze.

Dio, ponendoci dei problemi, parlando con dei segni nel nostro mondo, parlando con segni umani, ci invita a fare questo superamento, a passare al suo Spirito, che è divino. Noi corriamo sempre il rischio di fermarci ai segni e di rispondere secondo il nostro io; è lì che evadiamo dal problema. In sostanza noi diciamo “no” alla sua questione. Perché Lui ci propone di superare il pensiero di noi stessi per guardare Lui. Soltanto guardando Lui noi possiamo capire che la fonte del non sbagliare (in termini teologici si chiama la “inerranza”), sta nel guardare Dio. Ma se noi non guardiamo Dio, di fronte a tutti i problemi che Lui ci pone, il nostro io diventa il “non guardare Dio”.

Il nostro io di per sé non guarda Dio, ma guarda se stesso, e questa è la fonte dell’errore, la fonte dell’evasione dal problema. Per cui noi rispondiamo in modo sbagliato, cioè diciamo di “no”.

Come sta facendo Filippo, che evade col problema del “dove”. Gesù lo sta impegnando seriamente sul “dove”, gli richiede un impegno, un superamento di tutti i suoi schemi, perché gli sta imponendo un problema che a Filippo pareva misterioso. Avrebbe dovuto ricordarsi delle lezioni precedenti di Gesù; sia la lezione del pane, sia che il vero pane ci viene dato da Dio. Ma questo è possibile soltanto se uno resta nelle parole del Maestro; ma per restare bisogna superarsi continuamente, altrimenti si scivola nell’io. Gesù chiedeva a Filippo questo impegno.

Quindi Dio ponendo a noi un problema, pone a noi un impegno di superamento per restare nelle sue parole precedenti che sono quelle che ci illuminano sull’argomento che Lui oggi ci sta proponendo. In caso diverso usciamo dall’impegno e rispondiamo come Filippo, che facilmente risponde: “Duecento denari…”, ma non si impegna nell’argomento che Dio gli pone.

Nino: E Dio ci dirà che abbiamo risposto di “no”, ma noi gli diremo: “Quando?”, perché non ce ne siamo resi conto.

Luigi: Certo, perché noi evadiamo il problema, l’essenza del problema, senza rendercene conto.

Eligio: Penso che ci sia una certa responsabilità da parte nostra anche se non ce ne rendiamo conto pienamente.

Luigi: Noi rispondiamo di “no” mentre crediamo di aver risposto di “si”.

Teresa: Diciamo di “no” quando non ci impegniamo a conoscere Dio.

Nino: Prima di rispondere a Dio dobbiamo chiedergli: “Dio, qual è il tuo pensiero?”.

Luigi: Perché se non facciamo questo scivoliamo, evadiamo dall’essenza del problema; per cui alla domanda di Gesù rispondiamo che la soluzione è il denaro. Crediamo che Gesù ci ponga un problema affinché noi lo risolviamo materialmente, con i nostri mezzi umani.

Nino: Alla base di questo errore c'è la poca fede che abbiamo in Dio.ù

Teresa: Alla base di tutta c'è l’ignoranza.

Luigi: No, non è l’ignoranza che può giustificare la nostra riposta errata.

Cina: E’ tanto facile evadere…

Luigi: Ma certo, naturalmente noi evadiamo, in continuazione. Perché per restare ci vuole il Pensiero di Dio. Nel pensiero del nostro io, per natura, siamo degli evasori, sfuggiamo l’impegno. Da soli non possiamo restare, ci vuole il Pensiero di Dio. Noi corriamo sempre, saltiamo da una cosa all’altra.

Nino: Filippo risponde evadendo, ma non lo fa con malizia, non si rende conto di essere nel pensiero del suo io.

Luigi: Certo. A volte capita di parlare con delle persone che saltano da un argomento all’altro e ti viene di dire loro: “Fermati un momento!”, e noi profondamente siamo così nei riguardi di Dio. Sfuggiamo sempre da quello che è l’impegno essenziale, l’unica cosa necessaria e opponiamo sempre altri impegni, altri lavori, altre giustificazioni. E non ci accorgiamo che stiamo dicendo di “no” a Dio. Ogni giorno Dio ci propone un’essenzialità, una cosa sola. Se noi non cerchiamo il Pensiero di Dio, evadiamo il problema.

Teniamo presente che qui è Filippo, è un discepolo, questo è impressionante. I discepoli sono coloro che avevano lasciato tutto. E qui sbagliano, E vedremo quante volte sbaglieranno, Pietro, Giuda. Non basta essere discepolo di Gesù. Infatti Gesù dirà: “Sarete veri miei discepoli…”; vuol dire che si può essere anche discepoli fasulli.

Non basta lasciare tutto per essere discepoli di Gesù. “Sarete veramente miei discepoli se resterete nelle mie parole”. Ecco ciò che caratterizza il vero discepolo. Il vero discepolo non è vero perché ha lasciato tutto per seguire Gesù, non è quindi per un aspetto negativo. Il vero discepolo è colui che resta nelle parole del Signore.

Quando parliamo di vita e di vera vita è perché ci può essere una vita fasulla. Così si parla di falso discepolo e di vero discepolo; cioè si può ritenere di essere discepoli e poi si prendono delle cantonate. Allora la fonte dell’errore è nel non tener presente Dio, nel non restare nelle parole di Dio. Quando non restiamo immediatamente apriamo in noi la sorgente dell’errore.

La sorgente della Verità, cioè della possibilità di cogliere lo Spirito di Dio nelle cose, sta nel passare sempre dal pensiero nostro o delle cose che abbiamo presente al Pensiero di Dio. E’ il Pensiero di Dio in noi la sorgente della Verità. Se in noi non c'è la presenza del Pensiero di Dio, in noi c'è una fonte inquinata, che ci fa travisare le cose, ci fa evadere dal problema, ci fa rispondere in modo sbagliato. Per cui ci troviamo con delle parole sbagliate, che poi ci condurranno, perché diventiamo figli delle parole che abbiamo detto, all’errore, all’affermazione falsa. Siccome la parola di Dio può essere intesa soltanto con lo Spirito di Dio, se non lo teniamo presente nasce la fonte dell’errore. Da quell’errore al peccato il passaggio è rapido.

Teniamo presente che Adamo ed Eva non hanno cominciato il loro peccato commettendo un assassinio (come l’ha commesso Caino; l’assassinio è avvenuto dopo il peccato, non è stato la fonte del peccato), ma il peccato è stato nel non tener conto di Dio, nel pensare a se stessi. Quello è stato l’inizio, poi è stato commesso l’assassinio. L’assassinio viene dopo. Dobbiamo sempre tenere presente questo fatto: la fonte del peccato: è quasi sempre “innocente” il fatto di non riportare, il fatto di non trasferirci dal pensiero del nostro io al Pensiero di Dio. “Sarete simili a Dio”, Dio li ha creati per diventare simili a Lui; “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”, quindi il pensiero è quasi identico, perché il demonio propone loro di essere simili a Dio. Invece loro pensano a se stessi, ed è finita! Lì comincia l’errore e di conseguenza si arriva all’omicidio.

Nino: Direi che non c'è nemmeno bisogno di pensare a se stessi: non pensare Dio già ci porta fuori, c'è l’automatismo.

Luigi: Il non riportare a Dio già ci impedisce di-. Per questo diciamo che presso Dio non c'è automatismo, perché si richiede sempre questa presenza di pensiero che in noi non è naturale, perché è una presenza attuale che richiede una partecipazione di pensiero. In caso diverso scivoliamo nel pensiero dell’io. Ed è un impegno, uno sforzo, un superamento. Ecco perché parlo di evasione, perché scarto un lavoro con una scusa.

Ora, Dio dandoci un lavoro e mettendoci alla prova, ci propone sempre un impegno, un lavoro. Ed è questo il vero lavoro per il quale è stato creato. L’uomo può lavorare da mattina a sera, sudare sette camicie, faticare tutta una vita e poi sentirsi dire da Dio: “Hai fatto niente per tutta la vita perché senza di me non potete fare niente”. Tutto quello che facciamo è niente. D’altronde: “Il Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre”. Allora tutto quello che facciamo senza vederlo fare dal Padre è niente; e toccheremo con mano che abbiamo fatto niente. Qui si comincia a scoprire la vera fatica: “Guadagnerai il tuo pane con il sudore della tua fronte” è questa la fatica! Per cui quello che sta in una trappa, in un monastero a cercare il Signore, a pensare il Signore, fatica, suda con la fronte, per il suo pane, molto di più di chi fatica da mattina a sera per fare dei proseliti o per conquistare il mondo. Anche in nome di Dio! Perché il vero lavoro sta lì.

Il vero lavoro sta nel portarci sull’altra sponda per vedere le cose secondo lo Spirito di Dio: questa è la vera fatica che Dio chiede all’uomo e per il quale l’uomo è stato creato. È diventato un lavoro faticoso in conseguenza del peccato. Mentre all’inizio era una gioia poter pensare Dio, colloquiare con Dio, riferire tutto a Dio, unificare tutto nel Pensiero di Dio. Ed è una gioia che noi verifichiamo ancora adesso quando, superata una certa fatica, superato tutto il nostro mondo, le nostre sicurezze, cominciamo a scoprire qualche cosa in Dio. E’ una gioia che ci fa cantare. Ed era la gioia che era all’inizio in Adamo, prima del peccato, quando c’era il Verbo che colloquiava.

Il Verbo colloquia ancora adesso, però noi abbiamo altre presenze, per cui è richiesta una fatica, in conseguenza di questa colpa. “Guadagnerai il tuo pane con il sudore della tua fronte”. Prima no, perché Dio ha creato tutte le cose per la gioia.

La partecipazione alla vita di Dio è tutta una festa. Siccome diventiamo figli delle nostre colpe, avendo detto una parola sbagliata, per rimangiarcela c'è una fatica. E questo ci porta lontano. È come andando in montagna: se si fa un bel scivolone, si fa poi una certa fatica a ritornare in cima. Così è lo stesso. Però quando si è sulla Vetta, contemplando il panorama, si prova una grande gioia.

Superando la fatica, quando in noi si forma un po’ di luce su qualche problema che il Signore ci ha posto, la nostra anima prova gioia. E questa è la vera gioia. Questo ci fa capire qual è il lavoro essenziale che Dio chiede a noi. Per cui è giustificata Maria nei riguardi di Marta, perché Maria fa il vero lavoro, il lavoro essenziale; mentre Marta, agli occhi di Dio, fa meno. Eppure lei chiedeva aiuto a Maria, credendo di far di più di Maria. Ecco per cui Gesù si rifiuta di ubbidire a Marta, o di autorizzare Maria. Perché Maria sta facendo un lavoro più grande, più impegnativo di quello che sta facendo Marta.

 

Pinuccia B.: Dobbiamo approfondire quale sia questo fraintendimento in noi.

Luigi: Si, sostanzialmente quale è la fonte dell’errore in noi, per cui noi evadiamo da quello che è la prova che Dio ci mette, dal problema che Dio ci pone. E noi magari crediamo di rispondere a questo problema invece evadiamo dal problema; cioè rispondiamo in termini umani e non ci accorgiamo invece che non rispondiamo al problema che Dio ci propone.

Dio ci propone Se stesso, noi invece pensando ad un nostro modo di essere ci mettiamo a correre, pensando che Dio ci dica di correre. Non ci rendiamo conto di quello che Dio ci sta ponendo. Per cogliere questo dobbiamo pensare Dio, altrimenti non cogliamo il Pensiero di Dio.

Eligio: Secondo me il Signore avrebbe dovuto dire a Filippo: “Non ti ho chiesto quanto occorre per comprare il pane, ma ti ho chiesto dove potremo trovare il pane. Non uscire dall’argomento!”.

Luigi: Lui richiamerà con i fatti.

Nino: Perché Gesù ci impegna a pensare.

Luigi: Filippo è un discepolo, e non risponde con malizia, né mettendosi in contrasto, anzi crede di essere sulla linea. Però se approfondiamo, vediamo che è tutt’altro che sulla linea di Gesù. Questo per dire con che facilità noi usciamo dal problema che Dio ci propone.

Stai attento perché tu sei sempre in una situazione di risposta a Dio. Non sei tu che devi scegliere la prova, perché è Dio che inizia e, iniziando, ti mette alla prova, ti propone qualche cosa. L’iniziatore di tutta la nostra attività è sempre Dio. Direi che tutte le nostre scelte, tutte le nostre iniziative (che crediamo siano nostre iniziative) sono sempre risposte a problemi di Dio. Quando diciamo: “Adesso mi è saltato in mente”, no, non ci è saltato in mente ma è Dio che ci sta interrogando. Sollecitati da Dio, evadiamo sempre dall’essenza del problema se non cerchiamo il pensiero di Dio di fronte al problema che Dio ci pone. L’essenza ci sfugge se non interroghiamo Dio.

Pinuccia B.: L’essenza del problema è un richiamo a pensare a Lui.

Luigi: Stiamo in questo argomento. Se quello che ci spinge a fare una scelta (ad esempio andare fuori a cena con la propria moglie) è motivato da Dio, stiamo rispondendo al problema di Dio. Dobbiamo convincerci che noi continuamente siamo interrogati dal Signore. Questa interrogazione da parte del Signore, in noi si afferma come problema. In questo problema Lui ci sta proponendo Se stesso, l’essenziale, la cosa principale. Per poter cogliere quello che Lui ci propone, dobbiamo cercare il suo pensiero; in caso diverso noi evadiamo dal suo problema. In conseguenza di questo diamo delle risposte errate; da queste risposte errate ne derivano tutte le conseguenze.

Nino: Ad esempio se uno lascia nel testamento che vuole lasciare la casa in beneficenza, e i parenti contestano, bisogna cercare quale sia la volontà di Dio.

Luigi: Abbiamo in aiuto la parola chiara del Signore: “Se uno vuole contendere con te l’abito tu dagli anche il soprabito”. Questo è l’argomento più convincente per chi non si preoccupa di fare la volontà di Dio. Perché se uno contende, esalta la loro distrazione a Dio, testimonia che quello è il loro vero bene. Se Gesù ha detto quello è perché è l’argomento migliore per aiutare il fratello, non per aiutare noi. Dobbiamo aiutare questi nostri fratelli che non capiscono, fanno pena…

Pinuccia B.: Dio ci chiede di non giudicarli.

Teresa: Anche questo è un modo per dare testimonianza.

Luigi: Certo, ogni giorno, se noi teniamo presente il Pensiero di Dio, Dio ci presenta delle occasioni per dare testimonianza. E se noi stiamo attenti alla parola di Dio, rispondendo alla parola di Dio, diamo la vera testimonianza e anche il migliore aiuto per il fratello.

Nino: Uno potrebbe anche decidere di rinunciare all’eredità per non avere delle noie, ma a motivo della parola di Dio.

Luigi: Certo. Eppure è necessario fermarci a tavolino, lo dice Gesù stesso: “Fate bene i conti a tavolino”. Abbiamo visto che quando siamo su questa riva e Dio ci propone l’altra riva, si può arrivare all’altra riva solo col pensiero. Quindi siamo a tavolino. Perché è proprio fermandoci a pensare nel silenzio, come si svolge la vita, diversa da quella in cui ci troviamo, che prepariamo il nostro animo per la nostra vita futura. Ma se non ci prepariamo in precedenza, ci troveremo spaesati sull’altra sponda. Come ci si trasferisce sull’altra sponda? Solo con il pensiero, perché il mondo attuale è diverso.

Le vergini sagge sono state intelligenti nel prevedere quello che sarebbe avvenuto. E come potevano prevederlo? Con l’intelligenza, col pensiero. Mentre le vergini stolte non hanno previsto; nella pratica c'è tutto: c'è la verginità, c'è la fede, c'è l’andare incontro allo sposo, c'è tutto. L’unica distinzione è che alcune hanno previsto, mentre le altre non hanno previsto. Cosa vuol dire prevedere? Pensare l’avvenimento, come sarà secondo Dio la vita sull’altra sponda. E questo è espressione di amore. Perché quando uno ama precede i tempi. Proprio questi tempi anticipati rendono la nostra anima capace di vivere sull’altra sponda, rendono l’anima intelligente di intendere lo Spirito di Dio e di non uscire da quello che è il dialogo di Dio con noi, dal problema che Dio ci pone. Altrimenti diventa un dialogo tra sordi, perché Dio propone e noi rispondiamo un’altra cosa.

Noi non evaderemo mai dalla volontà di Dio, perché Dio arriva anche nell’inferno; però risponderemo sempre in modo sbagliato nei riguardi dell’interrogazione di Dio. Dio ci dice: “Sta fermo” e noi capiamo che dobbiamo correre. Anche chi corre cammina nel regno di Dio, però non fa la volontà di Dio; perché Dio ha detto di stare fermo.

Per rimanere nello Spirito di Dio bisogna rispondere ai problemi che Dio pone, non rispondere secondo le nostre impressioni, i nostri pensieri, i nostri desideri, i nostri schemi. Per questo si richiede sempre questa attenzione. Perché Dio sta parlando con te. E tu dove sei?

 

Pinuccia B.: Tutti i problemi che Dio ci pone sono sintetizzati in quel “dove?”.

Luigi: In tutti i problemi che Dio ci sta ponendo, sta proponendo a noi Se stesso, per insegnarci a vivere con Lui, nel suo Spirito, nel suo Pensiero. Da noi si richiede la percezione dell’essenzialità: la vita nostra è Lui, è in Lui; che è quel “dove” che Lui propone.

Pinuccia B.: Chi muore è già arrivato a quel “dove”?

Luigi: Non sappiamo, non possiamo dirlo.

 

Teresa: Non abbiamo parlato del versetto 8.

Luigi: Siamo ancora nel versetto 7, dobbiamo ancora considerare il secondo argomento che tratta dell’impotenza dell’uomo. Oggi abbiamo trattato l’argomento in cui l’uomo ha la possibilità di deviare dal problema che Dio pone, qual è la fonte dell’errore.

 

Nino: Dovremmo trovare il modo, per tutta la settimana, di capire quando sono nel Pensiero di Dio e quando nel pensiero dell’io.

Pinuccia B.: Bisogna trasformare il “come” in “dove”.

Nino: Ma possono essere solo parole. Proviamo a pensare quando facciamo qualcosa se lo facciamo nel Pensiero di Dio o nel pensiero dell’io.

Teresa: Vorrei sapere perché evadiamo.

Luigi: Evadiamo perché non cerchiamo il Pensiero di Dio ma ci affidiamo subito a quelli che sono i nostri impulsi, i nostri sentimenti, le nostre convinzioni, i nostri modi di giudicare, le nostre sicurezze.

Nino: Si, perché noi evadiamo senza rendercene conto.

Luigi: Infatti qui Filippo non ha detto “io voglio evadere”, ma evade nolente lui.

Teresa: Per evadere ci giustifichiamo.

Luigi: Ah, ma ci giustifichiamo noi, non è Dio che ci giustifica. Se è un’evasione Dio non ci giustifica, perché la giustificazione avviene nel Pensiero di Dio.

Teresa: Comunque vediamo che anche gli altri discepoli non rispondono alla domanda di Gesù secondo il Pensiero di Dio.

Luigi: E Gesù, come conclusione, non discute (e qui si vede la pazienza che ha Gesù), ma dice: “Fateli sedere”; quasi a dire che se gli uomini si fermano il pane arriva. Il pane non arriva perché gli uomini si agitano. Siamo sempre in agitazione.

Dicendo queste parole Gesù sta per dimostrare loro la realtà di quello che Lui aveva proposto; cioè che il pane viene da Dio. E intanto prepara il grande discorso: Io sono il pane della vita”. E’ quel “io” che troviamo più avanti nella resurrezione: “Io sono la resurrezione e la vita. Dio ci sta proponendo se stesso in tutte le cose e noi invece scivoliamo sempre sui mezzi. Bisogna arrivare a quel “io”, perché soltanto cogliendo l’io di Dio, noi troviamo il pane che sfama veramente, la resurrezione dalla morte, la vita, troviamo tutto.

 

 

Pensieri conclusivi:

 

Cina: Chiedo al Signore di guarire da questa evasione, di stare più attenta a Lui.

Luigi: Dobbiamo tenere a mente questa lezione; ricordarci cioè che continuamente Dio ci pone dei problemi, ci mette alla prova. Però se non cerchiamo il suo pensiero, non ce ne accorgiamo nemmeno che Dio ci sta mettendo alla prova. E la prova è sempre un testimoniare la validità e la Verità delle parole, delle lezioni che precedentemente Lui ha detto a noi. Quelle parole attraverso le quali Lui ci proponeva l’essenziale: sul prima di tutto, sul vero cibo, sul non preoccuparsi del mangiare e del vestire; l’uomo non vive di solo pane ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio, questo agganciarci allo Spirito. E lo Spirito è un Essere personale.

 

Pinuccia B: È un impegno a non dialogare più con le cause seconde, ma dialogare con Dio. Per cui anche i nostri sbagli, se li dialoghiamo con Dio, diventano positivi.

Luigi: Tutto diventa positivo nel Pensiero di Dio, tutto. Anche i nostri peccati diventano positivi. Dio converte tutto in bene. È meravigliosa l’opera di Dio, perché Dio ha la possibilità di trasformare tutto in positivo; anche la nostra massima negatività, se la prendiamo da Lui, Lui la trasforma in massima positività. Se non lo prendiamo da Lui anche la nostra positività diventa negatività, anche le cose più sante, virtuose, quelle che noi riteniamo più valide verso Dio, diventano negative per noi.

Pinuccia B.: Diventano negative per noi e anche per gli altri.

Luigi: Ma se gli altri prendono da Dio la nostra negatività, anche questa diventa positiva, perché gli altri non si possano dannare per colpa nostra. La colpa è sempre personale. Per cui l’errore che io faccio, lo scandalo che io do, se l’altro lo prende da Dio, è positivo. Perché non c'è il negativo nel regno di Dio. Dio trasforma tutto in positivo. È vincolo di maggior unione. Il male procede dall’interno dell’uomo. Se l’altro lo vede, deve accoglierlo dalle mani di Dio, perché in quanto è avvenuto, lo deve accogliere dalle mani di Dio. Se non lo accoglie dalle mani di Dio, indubbiamente ne subisce il danno, ma la colpa sta nel non tenere presente Dio.

 

Teresa: Se noi vediamo un bambino che fa una domanda sconveniente, lo distogliamo subito proponendogli un’altra cosa, perché non abbiamo la capacità.

Luigi: Invece Dio convoglia perché Dio è fedele. Dio lavora unitariamente con noi. Tutta la creazione, tutto l’universo è terribilmente logico. E’ tutto un Pensiero che si svolge, un Pensiero unitario. Siamo noi che siamo infedeli, incoerenti. Scopriamo nell’universo delle leggi, che non sono altro che la coerenza di Dio, perché Dio crea senza distruggere niente. Noi saltiamo da una cosa all’altra. Quando un bambino fa una domanda non conveniente, cerchiamo di distoglierlo, in sostanza facciamo un salto da una cosa all’altra cercando di far fare un salto anche al bambino. Invece il Signore non opera per salti, Dio opera confermando tutto quello che ha fatto, perché tutto è buono. Quindi ogni giorno della creazione è cosa buona, all’ultimo giorno riconobbe che tutto era molto buono; quindi ha visto tutto in sintesi, tutto raccolto, confermato il buono di ogni giorno. E ha confermato il tutto, la totalità come cosa molto buona. Quindi abbiamo un’unità di pensiero, di coerenza.

Questa sera abbiamo constatato che la natura umana di per sé è incoerente, evade, salta. Il Signore pone un problema, fa un’interrogazione e la creatura scivola, salta da una cosa all’altra. Questa è la natura umana che non è capace ad essere fedele. Solo Dio è fedele. Più noi ci avviciniamo a Dio e più noi diventiamo fedeli. Ma per noi è una beata illusione essere fedeli; noi siamo infedeli perché non siamo capaci a restare nelle sue parole, a continuare in un pensiero. Grattiamo un pochino un pensiero e poi ci fermiamo, non siamo capaci ad andare avanti, è la paralisi. Invece Dio, da qualsiasi argomento da cui Lui parta, sarà l’acqua, sarà il vino, sarà il fuoco, il sole, ad un certo momento ci apre a degli abissi di luce. Con la Samaritana, partendo da una richiesta quasi illogica, perché Dio non ha bisogno dell’acqua della creatura, eppure si abbassa a chiedere l’acqua, e intesse un dialogo attraverso il quale arriva a dire: “Sono io che parlo con te”. E’ la rivelazione attraverso cui capiamo che Dio personalmente in tutte le cose parla con noi.

Dio attraverso tutta la creazione, dialoga con noi come dialogò con la Samaritana, per condurci a questa meta, a scoprire che è Lui che parla con noi personalmente. È una conversazione quella che Lui fa. Converge senza distruggere nulla.

 

Nino: Devo cercare di non staccarmi dal suo Pensiero.

Luigi: Per cui io non potrò mai dire: “io non sapevo”, ma dire: “Signore, io non ti ho tenuto presente, non ho tenuto presente quelle parole, quelle lezioni che Tu mi hai dato”; perché le parole, le lezioni Lui le aveva date. Filippo non si poteva giustificare, perché: “Signore, io lo sapevo che il pane viene da Te! Tu me lo avevi detto come avrei dovuto rispondere. Non mi sono ricordato”.

Pinuccia B.: Avrebbe potuto dire che non aveva capito la domanda.

Luigi: Se non ha capito è perché non ha tenuto presente le lezioni precedenti. All’inizio loro stessi hanno chiesto: “Maestro, dove abiti?”. “Venite e vedete”, hanno veduto, quel giorno hanno visto. Quando Gesù moltiplica il pane, il giorno dopo si ricordano che non hanno preso il pane materiale, perché si sono dimenticati di quello che è avvenuto il giorno prima. E quello è segno di quello che avviene in noi. Dio fa dei miracoli con noi ogni giorno e noi continuamente ci dimentichiamo. E ad ogni prova siamo spaventati come se ci trovassimo con un ignoto. Dio ci interroga sapendo che ha già posto in noi la risposta. La sua proposta è sempre conseguente ad una sua parola già seminata. Lui semina la parola e poi la sviluppa attraverso i problemi che ci pone. Ma bisogna rimanere nelle sue parole.

Pinuccia B.: E per rimanere come si fa?

Luigi: È il terreno profondo. È solo dialogando con Dio che si rimane nel Pensiero Dio, che si rimane nella parola che Dio ha seminato nel nostro terreno.

 

Eligio: Bisogna stare attenti al suo parlare e capirne lo spirito. 

 

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N.B.: Il testo, tratto da registrazione

non è stato riveduto dall'autore e mantiene lo stile discorsivo.

 

 Descrizione: http://www.pensierisudio.com/flrw11.gif

 

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