Incontri del Sabato ciclo B-C
Condotti da Luigi
Bracco
Gv
XVII,25-II: “Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto e
questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato”
ciclo C - presso Casa di Preghiera:
(29.08.1993)
“e questi”
Nino: Quelli
che il Padre gli ha dato, li ha tratti dal Padre. Gesù dice: “Nessuno può venire a Me se non è attratto
dal Padre”.
Franca: “Questi” sono coloro che sono vicini a
Gesù, che sono attratti dal Padre.
Luigi: Cosa
si intende per vicinanza?
Franca: La
vicinanza è la conoscenza. Uno è molto dentro ad una cosa quando è pratico di
quella cosa, nel campo dei segni. Nel campo dello spirito, per vicinanza si
intende quando uno è tutto preso da Gesù.
Luigi:
Siccome dice “questi”, cioè vicini,
vuol dire che ci sono anche coloro che sono lontani.
Franca: Il
mondo sono coloro che sono lontani, che non hanno conosciuto; invece quelli che
sono vicini sono coloro che riferiscono tutto a Dio.
Luigi:
Quando Gesù dice che il regno di Dio è
vicino, cosa vuol dire quel vicino?
Franca:
Accessibile, che è possibile, che è dato.
Luigi: E
allora quando qui dice “vicino” cosa
vuol dire?
Franca: Qui
Gesù dice che “questi hanno conosciuto”
non che hanno la possibilità di conoscere. Allora sono già dentro?!
Luigi: Per
essere dentro devono aver già ricevuto lo Spirito Santo.
Franca:
Hanno già fatto lo spazio per Dio.
Luigi: Non
sono loro che fanno lo spazio.
Franca:
Hanno già collaborato, perché è il Figlio che fa questo spazio per lo Spirito.
Luigi: Il
regno di Dio è vicino in quanto è possibile, in quanto è accessibile. Dicendo “questi” evidentemente si tratta di
anime che sono vicine. Aa alcuni Gesù dice: “Non
sei lontano dal regno di Dio”, oppure ad altri dice: “Sei vicino al regno di Dio”; ma questa vicinanza o questa
lontananza, da che cosa è determinata?
Franca:
Dall’interesse che hanno.
Luigi:
Quand’è che il regno di Dio è vicino? Tu dici: quando è accessibile! ma questa
accessibilità è data dall’interesse, interesse che è attrazione. Quando uno
è attratto è già vicino. Se sei lontana l’attrazione si attenua; la forza di
gravità stessa si attenua.
Franca:
Quando uno desidera già appartiene. Appartenenza quindi vicinanza.
Delfina: Questi sono tutti quelli che sono in condizione
di accettare la parola e che possono confrontare con il fine che hanno
interiorizzato.
Luigi:
Dicendo “questi” dice una vicinanza,
una prossimità che fa pensare che siano vocine a chi parla e a che ascolta,
quindi sono in situazione di vicinanza. Questa vicinanza, siccome non siamo
ancora a Pentecoste, non è data da quella che è la conoscenza dello Spirito. Ce
lo farà capire dopo.
Antonio: Qui
siamo nel contesto dell’ultima cena.
Luigi:
Questa è l’ultima preghiera che Gesù fa, nella quale affida al Padre questi che gli sono vicini.
Antonio: Questi sono gli undici discepoli, perché
Giuda se ne era già andato.
Luigi: Gesù
parla di questi non soltanto limitato
a quel tempo e a quel luogo. La parola di Dio, essendo universale, si deve
sempre estendere su tutti gli uomini. Però dicendo questi Lui fa una distinzione tra “tutti” e “alcuni”. Però la
parola di Dio non possiamo soltanto limitarla a quel luogo e a quel tempo,
all’ultima cena (quella è scena), ma per tutti gli uomini. E quando Gesù dice questi, si riferisce ad una certa
categoria di anime di tutti i tempi, di tutti i luoghi, che sono giunti ad un
certo livello tale da. Quando dice: “Io
non prego per il mondo, ma per quelli che Tu mi hai dato”. “Quelli che Tu mi
hai dato” non sono tanto quegli undici o quei dodici, sono tutti quelli che
il Padre gli dà. Ma “anche per quelli che
la loro parola crederanno in Me”. Come vedi include tutti.
Antonio:
Secondo me si riferisce ai dodici, poi se si vuole fare un’applicazione
pratica…
Luigi: Non
si tratta di un’applicazione pratica, perché la parola di Dio è universale,
non si tratta di applicarla, si tratta di intenderla. Ha un valore
universale, e se ha un valore universale, anche il concetto di questi, detto dalla parola di Dio, ha un
valore universale. Allora dobbiamo chiederci: universalmente, in tutti i luoghi
e in tutti i tempi, cosa intende la parola di Dio per questi? Perché se tu intendi i dodici apostoli, allora non hai
capito niente! Perché riferisci la parola di Dio soltanto a quel gruppo; e noi
che siamo lontani duemila anni, non ne siamo coinvolti.
Antonio: Ma
poi quel gruppo di dodici avranno il compito di estenderla a tutti gli uomini.
Luigi: Si,
ma non si tratta di estendere, si tratta di intendere la parola di Dio. La parola di Dio, in quanto è parola di
Dio, e Dio non fa preferenze di persona, è per tutti. Allora dobbiamo
chiederci: chi sono questi? Se
riteniamo che siano gli undici apostoli, escludiamo tutti gli altri e non
entriamo più in quella dinamica che è propria della parola di Dio che ci vuole
condurre, e che vuole condurre tutti gli uomini allo Spirito Santo, alla
conoscenza della verità che viene dal Padre. Altrimenti noi potremmo pensare
che
Franco: Questi sono quelli che l’hanno seguito
fino a questo punto.
Luigi: Anche
il concetto di “seguire” può essere localizzato nel tempo. Prima abbiamo detto
“spazio”, adesso abbiamo detto “tempo”. Evidentemente se la parola di Dio è
universale, offre ad ognuno di noi la possibilità di far parte di questi. Quel “coloro che Lo hanno
seguito” dobbiamo estenderlo anche alle nostre categorie, alle situazioni in
cui noi ci troviamo.
Quand’è che
l’abbiamo seguito? È fino al punto in cui Lui dice “questi”?
In modo da
capire che “questi” si riferisce ad
ognuno di noi. Noi dobbiamo parlare in modo che chi ascolta possa dire: “io mi
trovo in “questi”; oppure: “non mi
trovo in questi”.
Franco: Noi
ci troviamo in “questi” se abbiamo
assimilato tutte le sue parole.
Luigi: E’
capire le parole che ti conduce a far parte di “questi”, perché ti rende sempre più vicino a quel punto in cui ti
porta via dal mondo; perché fintanto che tu sei nelle categorie del mondo, sei
lontano. Se tu ascolti la parola di Dio, prima di tutto essa ti porta via al
mondo, poi ti fa penetrare sempre di più nel cielo di Dio, fino a quel punto in
cui c'è questa vicinanza spirituale; affinità spirituale, per cui c'è poi
la possibilità (come per quelli di allora) di accedere. Perché soltanto coloro
che appartengono a quel “questi”
possono entrare nel regno dello Spirito, possono essere affidati al Padre.
Osvaldo: Questi sono le creature che sono rimaste
nelle sue parole, che sono sulla soglia.
Luigi: Sono
sulla soglia, sono giunti alla possibilità di essere affidati al Padre. Perché fintanto
che tutto non è stato sottomesso al Figlio, non c'è la possibilità di essere
affidati al Padre. Perché “quando
tutto sarà sottomesso al Figlio, allora il Figlio consegna il regno al Padre”.
Allora evidentemente quando dice questi,
intende coloro che hanno sottomesso tutto al Figlio e che quindi sono giunti in
quel luogo in cui si può dire questi.
Si sta scalando una montagna: c'è chi parte e chi si ferma subito, c'è chi ne fa
un tratto e poi si ferma. Questi
arrivano molto vicini alla vetta. Ecco “questi”!
Osvaldo: Ma
anche a questo punto serve la dedizione, perché Dio non ti salva senza di te.
Luigi: Ma la
dedizione sta appunto in questo: tu hai il pensiero disponibile per il Padre.
Cioè hai talmente sottomesso al Pensiero di Dio; e quella è opera del Figlio,
perché il Figlio, parlando con te, ha sottomesso tutto di te all’interesse per
conoscere il Padre. Quando tutto è sottomesso, in te si è formata la capacità;
perché ciò che non è sottomesso ti rende incapace di poter restare con il
Padre, di essere affidato al Padre per ricevere poi dal Padre lo Spirito, lo
Spirito di verità, lo Spirito Santo, viene soltanto dal Padre, per opera del
Figlio, ma soltanto dal Padre. Ora, fintanto che tutto non è stato sottomesso,
tu non ti trovi nella possibilità, il che vuol dire che non appartieni ancora
al numero di questi, sei lontano.
Quando tutto è sottomesso sei in questi,
perché questi sono “coloro che io ti
sto affidando”. E’ vicino al Figlio colui che ascolta, ciò vuol dire che è
nella possibilità di essere affidato. Quindi si appartiene a “questi” in quanto si ha la possibilità
di essere affidati al Padre.
Osvaldo: Ma
la creatura quando è a questo livello ha la possibilità del ripiegamento
dell’io?
Luigi: La
possibilità c'è fintanto che non si entra nel cielo di Dio, nella vita eterna.
Perché non sei una rotella di un ingranaggio, non lo sarai mai! C'è sempre
una partecipazione consapevole.
Giovanna: “Questi” sono coloro che sono vicini, ma
non basta che mi impegni a capire questo.
Luigi: Se tu
lo sai appartieni, se tu non lo sai non appartieni. Quindi sottolineo
l’importanza del capire, perché è il capire che mi fa appartenere.
Giovanna:
Non basta saperlo.
Luigi: E’ il
capire! Perché tu per arrivare a capire, ti devi dedicare tanto da appartenere.
Certe cose ti sono annunziate, ma non le capisci. Per arrivare a capire
bisogna dedicarsi molto. Dedicandoti cosa succede? Avviene in te una
purificazione al punto tale che quando capisci appartieni. Ci vuole tanto
interesse per capire, ma quel tanto interesse ti libera da tutto il resto;
a poco per volta avviene una purificazione, quindi un’appartenenza, per
arrivare a quella vicinanza, a quella affinità spirituale, di pensiero, tanto
affine che, tutto sottomesso a-, diventa un pensiero unico. Per cui il
Cristo, parlando con la creatura, poco per volta, forma in lei se stesso,
Pensiero unico del Padre. Quando c'è questo pensiero unico del Padre che si
è formato nella creatura, per opera del Figlio, il Figlio la affida al Padre,
perché la creatura possa ricevere dal Padre quello che Lui, Figlio, riceve dal
Padre.
Pinuccia A.:
Fintanto che non entriamo, che non riceviamo lo Spirito Santo, non entriamo nel
cielo di Dio?
Luigi: Si.
Teresa: Si è
tra “questi” in quanto si conosce.
Luigi: Si,
però approfondendo abbiamo visto che si è tra “questi” in quanto si è sottomesso tutto al Figlio. Quindi in
quanto si è fatti pensiero unico del Padre. Cos’è il “non sottomesso”? Quando portiamo
pensieri diversi dal Figlio, quando non attribuiamo tutto a Dio, abbiamo in noi
altre realtà, altre cose. Il Figlio, parlando con noi, sottomette tutto
all’unico suo Pensiero, che è il Pensiero del Padre. Lui guarda tutto dal
Padre, quindi trasfonde in noi se stesso, ci fa pensiero unico. Quando ci
ha fatto pensiero unico del Padre, abbiamo la possibilità di essere affidati
dal Figlio al Padre, per ricevere dal Padre quello Spirito che viene soltanto
dal Padre.
Il passaggio
obbligato è questo: essere affidati al Padre. Per cui il Figlio si
ritira, ma prima di ritirarsi ha formato in noi quella capacità di essere
affidati al Padre.
Questa
preghiera è la preghiera dell’affidamento con cui il Figlio ci affida al Padre.
Perché ci affida? Per quale motivo non ci tiene con sé? Evidentemente perché
c'è ancora qualche cosa che deve perfezionarsi. E quella cosa che deve
perfezionare non viene dal Figlio, ma viene dal Padre.
Rita: “Questi sanno…”, soltanto questi?
Luigi: Si,
soltanto questi. Questi in quanto
hanno sottomesso tutto al Pensiero di Dio, che è questa riduzione all’unità. Quando
si è effettuata nell’anima dell’uomo questa riduzione all’unità di pensiero,
allora c'è la capacità; altrimenti non c'è la capacità.
Noi siamo in
continuo movimento. Nella molteplicità siamo in continuo movimento. Soltanto
quando si è formata questa riduzione, questa unità di pensiero, si può essere
affidati.
Pinuccia B.:
Quello che hai detto è la sintesi del versetto 8, quando dice: “Le parole che hai dato a me, io le ho date
a loro, essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno
creduto che tu mi hai mandato”. Qui
spiega chi sono “questi”, che hanno
accolto la parola….
Domenico: Lì
c'è un passaggio successivo, perché lì “hanno
creduto” invece qui “hanno
conosciuto”.
Pinuccia B.:
“Sanno veramente che sono uscito da te”
è diverso dal sapere che Lui è mandato?!
Luigi: Lo
precisa in questo versetto: è un passaggio.
“hanno
conosciuto”
Luigi: “Il mondo non ti ha conosciuto…; io ti ho
conosciuto… (che sarebbe: io ti conosco); questi hanno conosciuto…”
Nino: Questi
hanno conosciuto per sentito dire dal Figlio; non sono ancora diventati
pensiero puro del Padre, hanno ancora un cammino da fare.
Luigi: Ma
prima abbiamo detto che la categoria di “questi”
comprende tutti coloro che hanno sottomesso tutto, altrimenti non li
affiderebbe al Padre, perché non avrebbero la capacità di essere affidati al
Padre.
Quello che
dà la possibilità di essere affidati al Padre, è l’essere ridotti a pensiero
unico.
Loro ascoltando il Figlio, per opera del Figlio sono diventati uguali al
Figlio. Loro non lo sanno, non possono saperlo. Però ascoltando cosa è
successo? Che il Figlio ha travasato nelle loro anime tutto se stesso, tutto il
suo punto di vista, il punto di vista del Padre, per cui loro sono diventati
tutto pensiero del Padre.
Nino: Là
sono un passo più avanti.
Luigi: Eh
si! Sono un passo più avanti di quello che già diceva all’inizio; cioè: “Hanno ascoltato le mie parole…”,
perché ascoltando le sue parole sono diventati tutto pensiero del Padre, Lui
ha operato questo per poterli affidare al Padre.
Franca:
Questi sono coloro i quali il Figlio ha formato in loro se stesso.
Luigi: Cioè,
si è formata in loro una certa conoscenza.
Franca:
Perché Gesù ha detto: “Io ti conosco ma
il mondo non ti ha conosciuto…”?
Luigi: Si,
qui fa questa distinzione: “il mondo non ti ha conosciuto in quanto io ho
parlato ma il mondo non ha accolto le mie parole; quindi non mi ha conosciuto”.
Il Figlio conosce il Padre, il mondo non conosce; “questi” hanno conosciuto. Come hanno conosciuto? In quanto hanno
sottomesso tutto il loro mondo a quello che Gesù comunicava loro.
Quindi per
conoscere si deve sottomettere, cioè: sottomettendo si conosce. Possiamo
anche capire perché il mondo non conosce: perché il mondo non sottomette.
Quando io
dico “ho i buoi, i campi, la moglie…”,
appartengo al mondo e mi impedisco di partecipare alla cena. La cena è la
conoscenza, quindi mi impedisco di arrivare alla conoscenza. L’obiezione che
faccio alla parola di Dio, che è una proposta, mi crea un muro che mi impedisce
di arrivare alla conoscenza.
Franca:
Adesso capisco meglio il fatto che il mondo ha come punto fisso di riferimento
l’io.
Luigi: Ecco,
quel punto di riferimento ti impedisce la conoscenza. La parola di Dio, in
quanto viene, ti fa la proposta di sottomettere; ma non è detto che tu
sottometta, anzi puoi non sottomettere, e se non sottometti non arrivi alla
conoscenza. Questa conoscenza è quella che ti dà il Figlio.
Perché non
siamo ancora arrivati allo Spirito Santo, che è presenza; qui siamo ancora nel
campo della conoscenza intellettuale comunicata dal Figlio.
Franca: E’
la conoscenza che si ha mentre l’Altro mi parla.
Luigi: E’
una conoscenza fondata sulla fede; ma l’anima deve aver accettato questo
discorso del Figlio, deve averlo condiviso. Essi sono sulla soglia di essere
affidati al Padre.
Delfina: C'è
differenza tra conoscenza e riconoscenza? Conoscere è quando uno ha intenzione
di imparare e riconoscere è quando…
Luigi: …uno
ha già conosciuto. Riconosci in quanto ritrovi una cosa che già sapevi, che
avevi già dentro di te. Se tu cerchi di conoscere, cerchi di capire; mentre un
riconoscimento è un ripiegamento su una cosa che già portavi dentro di te e che
poi hai trascurato. “Ah, era vero!”.
Franco:
Prima Cristo aveva detto: “Io non prego
per il mondo, ma per questi che hanno ricevuto le parole e che hanno veramente
compreso che Io sono venuto da Te e che hanno creduto che tu mi hai mandato”.
Qui prega per questi” che hanno
conosciuto.
Luigi: Qui
il mondo è lontano; questo mondo è molto lontano. Cristo in un primo tempo
viene per il mondo, “Dio ha tanto amato
il mondo da mandare suo Figlio…”. E nel mondo cosa fa? Dice a tutti: “Non preoccuparti del mangiare, del vestire,
cercate prima di tutto il regno di Dio”. Questa è la prima proposta che
Cristo venendo fa a tutto il mondo, a tutti. Per cui il mondo resta giudicato
da queste parole: “Metti prima di tutto
Dio, impegnati a conoscere Dio, perché Dio ti ha creato per questo”. Questa
è l’intenzione del Padre, Dio vuole essere conosciuto, tu devi impegnarti a
conoscere Dio. Questo lo dice a tutti e il mondo resta giudicato da queste
parole. Adesso, di fronte a queste parole, non tutti quelli del mondo partono,
non tutti mettono Dio prima di tutto, l’interesse per Dio prima di tutto. Cosa
succede? Che si crea una selezione. C'è qualcuno che mette Dio prima di tutto. Coloro
che mettono Dio prima di tutto vengono presi dal Figlio e condotti in alto, e
si arriva su certe vette! Il mondo a questo livello è molto lontano, perché
tra il mondo e queste vette c'è tutto un cammino fatto dietro a Cristo; ma
fatto in quanto uno è stato attratto dal Padre, ha messo il Padre prima di
tutto, l’interesse per Dio prima di tutto.
Franco: Con questi c'è stata un’ulteriore
maturazione rispetto a quelli?!
Luigi: Si,
ma la maturazione è continua. Nella stessa preghiera sacerdotale c'è un
crescendo, perché dice: “Ho fatto
conoscere…. Lo farò conoscere affinché l’amore…”. Vedi?! C'è un crescendo,
perché lo Spirito lavora. E qui c'è tutto un movimento nell’anima che sta
seguendo lo Spirito, per cui la parola successiva presuppone quello che ha
detto precedentemente, ma aggiunge qualche cosa, e ti prepara per la
successiva. Il salto di qualità sta nel fatto che tutto è stato sottomesso a
questa unità, a questo unico pensiero, questo unico interesse; perché è proprio
la sottomissione a questo unico pensiero che forma la capacità.
Noi siamo
incapaci in quanto siamo nella molteplicità: tanti nomi, tanti interessi, tanti
amori. Man mano che si semplifica in noi, soprattutto nel pensiero, quindi un
pensiero che va portato al di sopra di tutto, si forma la capacità di un ordine
stupendo; si forma in noi un ordine, non in quanto abbiamo tanti pensieri,
tanti fini, perché prima metti una cosa, poi l’altra, ma in quanto hai un
pensiero unico. Allora hai la possibilità (ecco la capacità) di ordinare tutto.
Ora, Cristo
parlando forma in noi il suo pensiero unico posto al di sopra di tutto. Man
mano che tutto di noi viene sottomesso a quest’unico pensiero, si forma questa
capacità di-, che è una potenzialità che si forma in noi, che poi diventa
trasparenza sul Padre.
Quindi Gesù
ti affida al Padre in quanto in te si è formato quel pensiero unico, quella
trasparenza, capacità di infinito.
Alma: Quella
che abbiamo con il Figlio è una conoscenza intellettuale.
Luigi: Si,
perché il Figlio sta parlando con il tuo intelletto, con il tuo pensiero, con
il pensiero di Dio che è in te.
Alma: Questa
è una potenzialità, perché è come se si vuotasse il vaso. La conoscenza di Dio
viene solo da Dio. Cristo è la sintesi di tutta la creazione, però Dio non si
trova fuori.
Luigi:
Cristo è ancora un segno che vedi e tocchi, ma è un segno che ci parla di Dio;
e ci parla di Dio in modo talmente caratteristico che non c'è nessuna creatura
che parli di Dio come parla Cristo. Cristo è la sintesi, perché porta a
compimento tutto quello che è seminato nella creazione. Tutto quello che è
seminato nella creazione dà un certo frutto; questo frutto è il Cristo, che è
la sintesi della creazione. Tutta la creazione è fatta in Cristo, cioè è
fatta in questo Verbo unico. Infatti tutta la creazione ti dice: “Cerca Dio prima di tutto”, non ti può
dire altro. Tu puoi interrogare tutto intorno a te le creature, fare tutte le
scelte di questo mondo, all’ultimo ti diranno sempre: “Cerca Dio prima di tutto, alza gli occhi, supera noi stessi perché
noi non siamo Dio”. Quando ti ha detto tutto questo, non possono
dirti altro, perché non possono darti Dio. Cristo stesso, quindi tutta la
creazione, forma in te questa capacità. Poi ad un certo punto ti dice: “Me ne vado. Me ne debbo andare altrimenti
lo Spirito non può venire”. Però ha formato in te la capacità di elevarti
al Padre, di guardare al Padre, di essere affidata al Padre, per poter ricevere
dal Padre, in quel pensiero unico che il Figlio ha formato in te.
Quindi le
creature formano in te tanti pensieri, tanti interessi; dal filo d’erba al
fiore, dalla montagna all’acqua, ogni cosa che tu vedi crea in te una corrente
di desiderio; desiderio di appropriartene, di capirla, di conoscerla. Noi
abbiamo, in conclusione, l’opera del Cristo che raccoglie tutta questa
dispersione di pensieri, di desideri, in un unico pensiero, in un unico
desiderio; e man mano che tutti i nostri pensieri passano dalla
molteplicità alla singolarità, vengono potenziati all’infinito, perché nell’Uno c'è l’Infinito. Lì c'è il
passaggio dalla creazione al Creatore. Altrimenti noi siamo sempre di qua. E’
come se tu cercassi di staccarti dalla terra con una potenzialità inferiore
all’attrazione che esercita la terra: ricadi sempre in terra; farai dei salti
ma non riesci a lanciarti. Con Dio è lo stesso: bisogna arrivare ad una
potenzialità tale da poter partire.
Alma:
Sovente mi viene da pensare ai missili che partono dalla terra e...
Luigi: Però
se non arrivano a una certa velocità, non si staccano dalla terra, ricadono
sempre in terra. Sono tutte lezioni per noi. Anche noi facciamo tanti
tentativi, ma ricadiamo sempre giù fintanto che non acquisiamo quel potenziale
tale da poter salutare la terra.
Fabiola: Lo
scopo finale di questa preghiera di Gesù è di affidarci al Padre.
Luigi: Lui
ci sta affidando al Padre attraverso questa preghiera, infatti si rivolge tutto
al Padre. Addirittura non dice agli uomini: “Siate
tutti una cosa sola”, ma si rivolge sempre al Padre, per farci capire che
Lui riceve tutto dal Padre. Gesù dice: “Fintanto
che Io ero con voi, ci pensavo Io, a mantenervi, a custodirvi, adesso ci pensa
il Padre; vi affido al Padre; guardate al Padre per essere custoditi”. “Padre custodiscili Tu”.
Fabiola:
Essere affidati al Padre vuol dire entrare in relazione diretta con Padre?!
Quindi non aver più bisogno delle creature?
Luigi: No, a
questo punto le creature non ti possono dare più niente di ciò cui tu hai
bisogno.
Fabiola:
Però un po’ ci portano a Dio.
Luigi: Ma
quello avviene molto prima. Tutto ti porta a Dio se credi in Dio Creatore.
Tutta la creazione è buona, è cosa buona; non è che la creazione sia cattiva,
tutto ti aiuta! Se guardi un fiore e credi in Dio, quello ti fa pensare a Dio;
un avvenimento storico, se credi in Dio, ti fa pensare Dio. Ma tutto questo è
sul piano terreno. Di lì, pensando Dio, incominci a dire: “Come
Se soltanto
Dio è questa singolarità che rivela se stesso e nessun altro, cosa succede?
Deve formare
in te l’attrazione per giungere a tu per tu con Dio, per ricevere da Lui quella
conoscenza che nessuna creatura ti può dare. Le creature te l’annunciano, tutte
le creature ti dicono: “Noi non siamo Dio!”; in un modo o nell’altro te lo
dicono; non fosse altro perché muoiono. Dicendoti questo ti dicono: “Alza gli
occhi a Dio, non fermarti a noi, non vivere per noi. Vivi per Dio!”. Perché
soltanto elevando il tuo pensiero a Dio, con quella purezza che ci richiede
Dio, tu puoi ricevere da Dio quello che Lui solo vuole e può donarti.
Quindi c'è
una conoscenza che fa sentire il suo bisogno in noi, ma che ci viene soltanto
da Dio. Ora, quando abbiamo capito, per grazia di Dio, che il dono ci viene
soltanto da quella Fonte, evidentemente è soltanto quando arriviamo a quella
fonte che riceveremo quel dono. Il processo sta lì.
Il Figlio
stesso ci affida al Padre perché Lui non porta a compimento l’opera, perché chi
porta a compimento l’opera è il Padre stesso. Quindi c'è qualche cosa che
il Padre ha da donare a noi, che il Figlio non può donare, perché Lui stesso lo
riceve dal Padre. E se Lui lo riceve dal Padre, e vuole fare di noi una cosa
sola con Sé, deve portare anche noi a quella capacità di ricevere dal Padre
quello che Lui riceve; perché soltanto ricevendo dal Padre quello che il Figlio
riceve, facciamo una cosa sola con Figlio.
Fabiola: E’
un po’ difficile…
Luigi: Il
problema non è facilità o difficoltà, il problema è se è vero o non è vero.
Fabiola: Ma
cosa vuol dire “quello che ci dona il Figlio” e “quello che ci dona il Padre”?
Luigi: Il
Figlio, parlando con noi, ci parla del Padre, perché Lui riceve tutto dal
Padre, ed essendo Figlio del Padre è Figlio del Padre anche con noi, quindi ci
parla del Padre. E di cosa ci parla? Ci parla di quello che Lui riceve dal
Padre. Ma fintanto che Lui dice a noi quello che riceve dal Padre, noi lo
riceviamo per sentito dire dal Figlio; non possiamo attingere direttamente dal
Padre. Soltanto se possiamo attingere dal Padre “come” Lui attinge dal Padre,
allora Lui ci eleva a quel livello. Ad esempio: se tu vai a scuola da un
professore che ti insegna tante cose, queste le impari dal professore; ma se il
professore ha interesse per te, tanto da portarti al suo livello, cosa farà? Ti
porterà ad attingere la sua scienza dallo stesso punto da cui lui la attinge,
in modo che non ci sia più dislivello tra te e lui.
Fabiola:
Però un conto è andare da un professore che ti spiega una lezione, un conto è
con Dio dal quale si riceve una rivelazione personale.
Luigi: Si,
certo! Quella della classe e del professore sono esempi, sono segni di un fatto
che si deve realizzare, perché tutto ci insegna ad avere il nostro rapporto
con Dio; noi siamo in rapporto col Padre. Però evidentemente si intuisce
che fintanto che non giungiamo ad attingere la cosa nel suo principio, questa
l’abbiamo per sentito dire da altri che sono arrivati a quel principio.
Se io trovo
una sorgente di acqua fresca e incontro te che hai tanta sete, ti posso indicare
la sorgente, ma fintanto che tu lo senti dire da me non ti disseti. Soltanto se
do a te la possibilità di arrivare alla sorgente e di attingere personalmente
alla sorgente tu ti disseti. Ora, l’opera del Cristo è questa: non di
mettersi in mezzo, ma di portare anche noi alla Sorgente dalla quale Lui
attinge tutto il suo essere (tutto il suo essere il Figlio lo attinge dal
Padre), affinché possiamo fare una cosa sola.
Ora, per
“fare una cosa sola” noi potremmo anche dire: “Vogliatevi bene, fate una cosa sola”,
quindi esortare le creature, gli uomini ad unirsi. Cristo questo non lo dice,
perché la Sorgente vera dell’unità è il Padre. Il vero amore non è metterti in
mezzo, ma è dare all’altro la possibilità di attingere personalmente quello che
tu attingi. Ora, questo è il grande dono che Dio ci fa. Soltanto che per
attingere personalmente a quella Sorgente dobbiamo arrivare a quella Sorgente.
Ora, per
attingere alla sorgente infinita del Padre, a questo eterno assoluto da cui
viene tutto, che ha in se stesso la ragione di tutto, dobbiamo essere fatti
capaci. Noi, che non siamo capaci di restare in un pensiero più di cinque
secondi, che siamo portati via da tutte le cose, dobbiamo essere fatti capaci
di restare con Dio per l’eternità, eternamente, a guardare tutte le cose dal
suo punto di vista. Quella è l’intenzione di Dio, quella è la vita eterna! E
questa è l’opera che il Figlio fa con ognuno di noi; ci sta preparando, sta
formando in noi la capacità di poter restare sempre con Dio in modo da vedere
tutto con Dio, di vedere tutta l’opera di Dio. Anche la creazione di Dio è da
vedere tutta in Dio senza essere portati via da niente.
Pinuccia A.:
L’opera del Figlio è quella di portarci a restare con il Figlio eternamente, di
formare in noi questa capacità. Ma non poteva già predisporci per questo?
Luigi: Lui
ci ha predisposti, perché Dio ha fatto bene tutte le cose, solo che succede, e
succede in ognuno di noi, che ci fermiamo a metà strada. Tu mi chiederai:
“Perché ci fermiamo a metà strada”? Perché siamo indolenti a pensare, facciamo
fatica a pensare. Noi ci giudichiamo in quanto ci troviamo già nei pasticci.
Implicitamente, nel disegno puro di Dio, per noi era una gioia pensare, non era
fatica pensare. È faticoso pensare.
Quando ti
accorgi che è faticoso pensare? Quando vorresti capire una cosa e non sai dove
sbattere, non sai a chi rivolgerti. Perché si viene qui? Perché ci si
accorge che è un aiuto per pensare, allora vuol dire che il pensiero attrae.
Dio ci ha
fatti talmente bene che il pensare diventa gioia, e quando si capisce qualche
cosa, si prova gioia. Il primo effetto della luce è la gioia. Il sole che
splende! Tutti i colori! Che gioia! Se tutto diventa grigio: ecco la tristezza!
Questo vuol dire che la prima conseguenza della luce è la gioia. Ma alla luce
tu arrivi soltanto pensando perché è col pensiero che noi vediamo le cose dal
punto di vista di un altro. Noi siamo portarti a fermarci nel vedere le cose
dal nostro punto di vista: è il blocco dell’io. “Se una cosa io la vedo così, è
così perché lo dico io; perché io la vedo così”. Smetto di pensare. Io divento prepotente dicendo: “Io la vedo così, quindi la cosa è così!”.
No, poco o tanto bisogna sempre superare tutti i nostri punti di vista perché
bisogna imparare a guardare le cose dal punto di vista di Dio. Tu entri nel
regno della verità, non in quanto guardi le cose come le vedi e le tocchi.
Certo, c'è un mondo che vediamo e tocchiamo, un mondo apparente, un mondo
sensibile, un mondo che sentiamo, che esperimentiamo ed è il mondo in cui viviamo.
Se tocchiamo la stufa ci bruciamo, facciamo un’esperienza e ci adeguiamo a
questa; se ci sediamo all’ombra di un albero sperimentiamo il fresco e ci
adeguiamo a questa conoscenza; ma se ci fermiamo a questo non arriviamo a fare
il collegamento per cercare di capire il significato delle cose, il pensiero
delle cose, al perché le cose sono così. Una donna trova un uomo che le piace,
lo sposa e adesso vive per quello e viceversa: ci fermiamo alle impressioni,
non pensiamo più. Quando poi ci troviamo nei pasticci, non siamo più in grado
di pensare, perché è fatica pensare.
Ognuno di
noi diventa pratico in quelle cose in cui si applica molto (es. in
cucina). Un contadino, nella sua scienza, vale più di un professore. Tutto
questo per farci capire che più ci dedichiamo ad una cosa, tanto più la cosa
diventa facile per noi, diventa addirittura gioiosa. Ora, per noi Dio
diventa tanto difficile non perché sia difficile, ma perché noi ci dedichiamo
poco a Dio e ci dedichiamo tanto ad altre cose. Se noi dedicassimo a Dio il
tempo che impieghiamo a scrivere a macchina, ad esempio, saremmo già nella vita
eterna. Noi dedichiamo pochissimo a Dio e quando qualcuno ci propone di
dedicarci a Dio ci lamentiamo che è troppo difficile. Ma dicendo che è
difficile implicitamente denunciamo che per noi Dio è un estraneo, che
l’abbiamo trascurato tanto. Invece di dire che non abbiamo tempo, diciamo
semplicemente che Dio non ci interessa, che non abbiamo amore per Lui, che
abbiamo altri amori.
In campo
dell’amore se uno ti dice che non ha tempo per venire da te è perché ha già un
altro amore. Questi sono soltanto dei paraventi che si mettono, mentre il
problema è tutto un altro. Quindi non è che Dio abbia fatto male le cose, siamo
noi che ad un certo momento ci fermiamo a quelle cose che creano in noi certi
sentimenti. Per cui quella cosa che provoca piacere, ottiene da noi tanta
dedizione, perché “mi piace”, sentimento. Non andiamo a cercare il vero. E’ per
questo che Dio ce lo rendiamo molto difficile, addirittura impossibile; certe
volte per noi Dio diventa assurdo, diventa impossibile.
Pinuccia A.:
Per noi è possibile vivere per quello che è vero?
Luigi:
Dobbiamo, dobbiamo vivere per quello! Dio ci ha creati per quello! Tu capisci
che dicendo che è impossibile vivere per Dio finisci per offendere il Signore?!
Perché Dio ci ha creati per conoscere Lui. Come può non essere possibile?!
Sarebbe assurdo. Presso Dio non c'è questa assurdità. Diremmo che Dio ha fatto
male le cose.
Se Dio ci ha
creati per conoscerlo ha anche proporzionato in noi tutto in modo da poter
realizzare questa conoscenza. Ci accorgiamo che tutto è fatto ed
è fatto molto bene, perché quando ci dedichiamo a Dio ci accorgiamo che il
mondo diventa intelligibile; nel rapporto con Dio ci accorgiamo che le cose
vanno tutte a posto, che sono come dei tasselli di un mosaico che si ordinano
in un disegno stupendo. Certo, bisogna dedicarci; senza dedizione ci si trova
nel disordine: “Ah, non ci capisco niente. Se Dio ci amasse perché c'è la
guerra…”. Invece se tu cerchi Dio, ti accorgi che tutte le cose sono fatte
molto bene, perché siamo talmente distanti, talmente in opposizione a Dio, che
c'è da stupirsi se Dio ancora non annulla tutto. Ci mantiene ancora in vita, e
provvede ancora dandoci delle lezioni severe e dure pur di salvare qualche cosa
di noi.
Ricordati
solo un fatto: Dio ha predisposto bene le cose. Dio parla,
sì, ma ci ha fatto anche l’orecchio, ci ha fatto gli occhi per captare la luce,
tutto è rapportato.
Il più
grande stupore per Einstein è che l’universo sia intelligibile. E cosa vuol
dire? Che abbiamo la possibilità di intendere qualche cosa dell’universo, vuol
dire che è tutto proporzionato in relazione a noi, perché soltanto quando c'è
una proporzione tu riesci a capire.
Domenico: “…e questi hanno conosciuto”: se questi
sono coloro che hanno sottomesso tutto al Pensiero di Dio, questa conoscenza
intellettuale di cui hai parlato, è precedente al “tutto sottomesso” o è una
conseguenza?
Luigi: Tutto
sottomesso è la condizione per arrivare ad essere affidati al Padre.
Domenico: “… e questi hanno conosciuto”: tu hai
parlato di conoscenza intellettuale. Quando si era parlato di deduzione si è
detto che la deduzione è una conoscenza intellettuale e che la deduzione
viene dal Padre non viene più dal Figlio...
Luigi: …per
fede.
Domenico:
Allora questo “hanno conosciuto” è
una conoscenza intellettuale = deduzione, conseguenza dell’aver già sottomesso
tutto al Figlio?
Luigi: Si,
soltanto sottomettendo tu deduci, altrimenti non puoi dedurre.
Rita: “questi hanno conosciuto”. Quindi sanno;
e che cosa sanno? Sanno ciò che il Figlio parlando loro ha detto fino a questo
punto.
Luigi: No,
sanno “che Tu mi hai mandato”, lo
vedremo dopo.
Rita: Gesù
ha risolto una parte del mistero di Dio…
Luigi: …che
non si capisce.
Rita: La
scrittura dice che non c'è nessun mistero che non debba essere rivelato; a
questo punto Gesù ci ha rivelato delle cose che non sono più un mistero.
Pinuccia B.:
La stessa domanda di Domenico. Con Franca hai parlato di una conoscenza
intellettuale che viene dal Figlio, perché ho sottomesso tutto a Lui, ho
assimilato tutte le sue parole; quando sono affidata al Padre, dal Padre ricevo
un’altra conoscenza intellettuale, un’altra perché è progressiva...
Luigi: Dal
Padre ricevi lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo non è più una conoscenza
intellettuale, perché è conoscenza reale, presenza.
Pinuccia B.:
Hai detto che è il Padre che rivela se stesso.
Luigi: Si,
certo!
Pinuccia B.:
Allora è importante che il Padre riveli se stesso prima, e poi riveli la
generazione di suo Figlio e poi in ultimo lo Spirito Santo. No?!
Luigi:
Certo!
Pinuccia B.:
Allora questa conoscenza che il Padre mi dà di sé, dopo l’affidamento del
Figlio, è una conoscenza dedotta dal Padre, ma è intellettuale.
Luigi: Si
capisce.
Pinuccia B.:
Che è una conoscenza in più su rispetto a quella che ho ricevuto dal Figlio.
Luigi:
Certo.
“che Tu mi hai
mandato”
Nino:
Gesù non fa altro che parlare del Padre, che è totalmente motivato dal Padre, per
Lui l’interesse unico è il Padre. Lui è il Maestro in quel campo.
Luigi:
Qui dice: “hanno conosciuto che Tu mi hai
mandato”.
Nino:
Mandare significa motivare.
Luigi:
Quindi loro hanno capito che il Figlio è tutto motivato dal Padre?!
Nino:
hanno capito che è uno che non parla che del Padre, che vuole portarci al
Padre, che vuole farlo conoscere.
Luigi:
Cioè hanno capito intellettualmente cosa vuol dire essere “Padre”.
Franca:
Il mondo non può ignorare di trarre vita da ciò per cui vive. Qui hanno capito
che il Figlio è mandato dal Padre, che il Padre lo ha mandato. Questo sapere è
capire cosa vuol dire essere Padre?
Luigi:
Si, nello spirito.
Franca:
Padre nello spirito è colui che ti motiva in tutto.
Luigi:
Il nostro vero padre è il nostro movente; nel campo dello spirito è
quello.
Franco:
Che differenza c'è tra il “credere che Tu
mi hai mandato” e il “conoscere che
Tu mi hai mandato”?
Luigi:
Tu conosci quando hai in te la ragione di una cosa. Tu credi in quanto la cosa
ti viene detta, ma non la capisci ancora, non hai in te la ragione della cosa.
Però proprio in quanto ti viene detta e tu non capisci, sei tenuto a cercare di
capire, a non rifiutare. Tu puoi fare l’atto superbo e dire: “non capisco”;
oppure “quella cosa non l’ho mai vista, quindi la rifiuto!”; sarebbe un atto
superbo. Invece puoi dire: “Non capisco. Desidero capire”; lì fai l’atto di
fede.
Tu fai l’atto di fede in quanto
aderisci ad una cosa che ancora non capisci per desiderio di capire. Quando
capisci, cioè quando hai in te la ragione della cosa che hai creduto, hai
conosciuto.
Franco:
Qui equivale a conoscere la generazione del Figlio?
Luigi:
No!
Franco:
Però è già una conoscenza superiore.
Luigi:
Si, è un concetto di paternità nel campo dello spirito, ma non è che partecipi
alla generazione. Perché la generazione viene dalla conoscenza del Padre;
conoscendo il Padre partecipi di quello
che il Padre opera, ed è per la natura del Padre che tu, conoscendo la natura
del Padre, partecipi a quello che genera il Padre.
Noi abbiamo un concetto di padre
sentimentale. Diciamo che è padre colui che genera un figlio; ma nel campo
dello spirito cosa vuol dire? C'è un passaggio da quello che è il livello
sentimentale di conoscenza, dal dire che padre è colui che mi ha dato la vita,
e dal dire chi è padre nel campo dello spirito. Bisogna passare al concetto
dello spirito, perché Dio è spirito e
vuole adoratori in spirito e verità; Dio non vuole conoscenza sentimentali
rapportate ai nostri corpi, vuole conoscenze intellettuali in conseguenza delle
quali si attinge alla verità di Dio. A Dio si arriva con l’intelletto, non
con il cuore, non con i sentimenti; quindi non dobbiamo proiettare su Dio i
nostri sentimenti.
Franco:
Pensavo che questa conoscenza l’avessero avuta prima, in seguito alla sua
parola.
Luigi:
Certo, le cose sono dette, ripetute; man mano che vengono dette e ripetute c'è
tutto un progresso di conoscenza. Man mano che Lui parla ti conferma quello
che ha detto prima, nello stesso tempo ti fa scoprire qualche cosa di nuovo:
è una conoscenza progressiva che conferma, che assorbe tutto il precedente e
aggiunge qualche cosa di nuovo.
Osvaldo:
Quindi la conoscenza dei primi discepoli che dicono “Abbiamo trovato Colui di cui hanno parlato Mosè e i Profeti” è di
tipo sentimentale?
Luigi:
No, non possiamo dire che sia nel campo del sentimento, perché non hanno
trovato il loro padre, non hanno trovato i loro fratelli, ma Hanno trovato
colui di cui hanno parlato Mosè e i Profeti; quindi hanno trovato sulla
parola di Dio che era stata scritta nell’Antico Testamento. Con questo
rivelano che loro avevano avuto interesse alla parola di Dio, che attraverso
Se
viene fuori il problema del perché, non si tratta di un fatto sentimentale. È
il desiderio di capire il significato di questo perché. Perché c'è questa
giostra che gira intorno al sole su cui noi saliamo per un certo numero di anni
e poi ad un certo momento siamo invitati a scendere, ed è finito tutto, chiuso?
Ecco, lì si forma il bisogno. Ora, questo bisogno diventa un punto
interrogativo fintanto che non incontriamo uno che risponde a quel perché.
“Ho
incontrato Colui di cui mi hanno parlato…”. Quindi parlando hanno
formato in te un bisogno, un perché. Adesso questo perché ti conduce a scoprire
quell’uno che risponde al tuo perché; allora dici: “Ho trovato!”. Se tu maturi
il desiderio di salire sul Monte Bianco, cerchi la guida che ti sappia portare
sul Monte Bianco. Ma cos’è che ti fa dire “Ho trovato”? E’ il bisogno che si è
formato dentro di te di salire sulla cima del Monte Bianco. Quindi tutta la
creazione di Dio, che è tutta scrittura di Dio, tende a formare in te questo
bisogno, di capire il significato delle cose, il senso della vita, di qualcuno
che ti parli delle ragioni di tutto questo, per che cosa bisogna vivere, per
dare un senso a tutte le cose. Incontrando il Cristo che ti parla di questo,
dici: “Ho trovato!”.
Giovanna:
Pensavo come è lungo il cammino per uno che è alla ricerca di Dio: dall’esperienza
dei primi discepoli alla preghiera di affidamento al Padre e poi al tradimento…
è lungo. È troppo lungo…
Luigi:
Accorcialo un po’
Cris:
Il cammino è lungo e poi non si vede qualcosa già nell’immediato. Ad esempio,
andando a scuola si vedono subito i risultati.
Luigi:
Oh, santa pazienza! La prima immediatezza è questa: perché sei qui? Più
immediato di questo…
Cris:
Perché c'è in me un desiderio di conoscere, di capire il significato delle
cose.
Luigi:
Questo desiderio di capire non è già un’immediatezza?! Questo desiderio di
capire è una realtà. Poi, in secondo luogo, perché non sei a Torino, non sei al
mare? Sto arrivando all’immediatezza. Cos’è questo bisogno ti fa fare delle
selezioni? Questo è un dato immediato: perché ti trovi qui? Perché si parla di
Dio! Il fatto di trovare questo luogo di incontri nel quale si parla del nostro
bisogno essenziale, non è già una risposta?!
La
prima immediatezza è il bisogno, il sentire il bisogno; la seconda
immediatezza, quindi è un dato che si fa toccare, c'è qualche cosa che risponde
(non dappertutto, ma in qualche luogo risponde), aiuta a vedere le cose secondo
il punto di vista di Dio, che quindi soddisfa il bisogno dell’anima. Quindi è
immediatezza se soddisfa, se impari qualche cosa. Capire certe cose è un dato
immediato che uno constata.
La
risposta è l’immediatezza. La risposta ad un problema che uno porta dentro è
un’immediatezza.
Fabiola:
…
Luigi:
Si, certo, più diamo tempo a Dio e più Dio ci ricompensa profumatamente. Una
delle più grandi ricompense di Dio è questa: ti attrae sempre di più. Più
tu conosci qualche cosa di Dio più resti attratta, e questa attrazione è la
prima ricompensa di Dio. Attraendoti succede che ti libera da tante altre
attrazioni, da tante cose inutili. Quando tu non sei attratta da una cosa al di
sopra di tutto, da una cosa valida, finisci di riempirti la casa di
soprammobili e finisci di vivere per dei soprammobili, ed è una noia infinita.
Invece il primo dono che ti fa Dio è che non ti fa più vivere per dei
soprammobili; ti fa vivere per qualche cosa, ti fa tribolare, però non ti fa
più vivere per cose inutili. E questa è immediatezza.
Pinuccia
A.: Prima si parlava di conoscenza intellettuale e sentimentale. La conoscenza
non è tutta intellettuale, essendo a livello del pensiero?
Luigi:
Si, la conoscenza è nella realtà del pensiero, però quando si parla di
conoscenza intellettuale, si intende che viene dimostrato in base al principio.
Ad esempio: Dio è il Principio di tutto, quindi quella conoscenza che ti
giustifica la cosa in quanto Dio è Principio di tutto, è una conoscenza
intellettuale. Io la accolgo, l’accetto perché ho stabilito un legame logico:
Dio Principio e un’opera di Dio. Riconosco che è vero, ma non conosco ancora
chi è Dio. Riconosco che Dio è Principio, non lo posso negare, perché non sono
io il Principio; non so però chi è questo Principio, perché è Principio.
Tu hai veramente la conoscenza quando
hai in te stessa la ragione della cosa. Allora lì è vera conoscenza, e non in
quanto accogli una cosa solo perché non la puoi smentire.
Pinuccia
A.: La conoscenza intellettuale derivante da Dio, per fede.
Luigi:
Ecco, la conoscenza intellettuale è dedotta da Dio per fede. Si è nel campo
della fede quando tu non puoi smentire, perché credi che ci sia un Creatore,
che ci sia un Dio perché c'è la creazione. Tu vedi un’opera, la creazione non
l’hai fatta tu, se non l’hai fatta tu, né gli uomini, chi è questo essere che
fa le cose, che ti presenta le cose?
Conoscere un essere in quanto ci sono
delle opere, dei fatti, è conoscenza per fede, non è conoscenza dell’essere.
Aderendo a questo Essere, che tu dici Principio di tutte le cose che vedi e che
tocchi, deduci da Questo. Tu deduci per fede perché conosci Dio come principio
di quelle cose che vedi e tocchi. Ora, la conoscenza di un essere per le opere
che fa è una conoscenza per fede, non è la conoscenza dell’essere in Sé.
Pinuccia
A.: Non mi sembra di dedurla.
Luigi:
Deduci in quanto non puoi negare che ci sia un Principio. Se c'è il Principio
tutte le cose sono opera di quel Principio, tu deduci. Per cui ti capita un
incidente nella giornata: è Dio che l’ha fatto. Non conosci ancora il perché,
però sai che è opera di quell’Uno che fa tutte le cose, perché Lui è il
Principio. Quindi per essere coerente con il Principio di tutte le cose, devi
accettare tutte le cose che ti accadono per opera di quel Principio. Quello lo
fai per fede.
Pinuccia
A.: Invece se capisco l’intenzione di Dio?
Luigi:
No, se capisci chi è questo Dio, questo Dio in sé, poi ne capisci anche l’intenzione,
perché l’intenzione è la conseguenza della conoscenza di quell’Essere. La
conoscenza dell’Essere in sé, non è più conoscenza per le opere che fa, ma per
quello che è: “Ah, Lui è così allora fa queste opere!”. Allora qui abbiamo la
conoscenza.
Domenico:
“Questi” sono coloro che hanno
sottomesso tutto al Pensiero di Dio. Il Pensiero è trasparente e unico, ma su
che cosa? Sul significato di che cosa è il Padre nello Spirito.
Luigi:
Non sul significato. Nell’unità, quando è tutto sottomesso, tu puoi essere
affidato, quindi puoi ricevere la comunicazione.
Domenico:
Diventa il Padre trasparente come soggetto.
Luigi:
Il Padre diventa trasparente come soggetto.
Domenico:
Soggetto di che cosa? Del pensiero in me che lo sta pensando. E seconda
deduzione: il pensiero non è mio ma è il suo Pensiero. Perché è lì il passaggio
a ricevere poi quel luogo, per ricevere dal Padre lo Spirito Santo
Luigi:
Certo.
Pinuccia
B.: E lì è vera conoscenza?! Quando il Padre rivela se stesso, è ancora sempre
per fede, perché fintanto che non arriviamo allo Spirito Santo la conoscenza è
per fede.
Nei versetti precedenti leggiamo “affinché il mondo creda” e poi “affinché il mondo sappia”; e anche per
questi discepoli il Vangelo dice “affinché
credano” e poi “affinché sappiano”
quindi c'è un crescendo dal credere al sapere.
Pensieri
conclusivi:
Nino:
C'è una conoscenza per fede e una conoscenza che viene per logica, in quanto le
cose senza di Lui non hanno senso, non hanno significato, perché Lui è la
Verità. E non è la conoscenza intellettuale, dedotta dal Padre, che non dipende
dalla creazione.
Luigi:
Fintanto che noi conosciamo Dio perché c'è una creazione è una conoscenza per
fede.
Fabiola:
Se ascoltiamo Cristo abbiamo la possibilità di fare unità tra noi.
Luigi:
Certo, è Dio che unisce, non siamo noi che ci possiamo unire. Più tu ti
interessi di Dio e più Dio ti unisce. Prima di tutto unisce te stessa, unisce i
tuoi pensieri, le tue facoltà, mette ordine, e poi ti dà la possibilità di
unione con tutte le altre creature; addirittura anche con i nemici, perché ti
fa vedere che anche i nemici sono per te. In quanto vedi nel nemico un’opera di
Dio per te, tu hai la possibilità di amare anche il nemico, ma questa è tutta
opera di Dio.
Cris:
Bisogna affrettarsi perché il cammino è molto lungo.
Luigi:
Sapendo che il cammino è lungo affrettiamoci.
Silvana:
Cristo ci vuole portare ad una meta, quindi bisogna seguirlo in tutte le tappe.
Pinuccia
A.: Sapendo che c'è Qualcuno che può rispondere al mio problema, ho quasi risolto
il problema.
Luigi:
Se tu formuli bene il problema, per metà è già risolto. Cerca solo di
formularlo bene, perché il fatto di sentire che c'è un problema già ti rivela
che c'è la soluzione a portata di mano. Un cane non sente certi problemi.
Quindi vuol dire che la soluzione è molto vicina a noi.
Teresa:
___?___
Luigi: La
prima deduzione è questa: Dio è il Creatore, allora tutto è opera sua. Tutto!
Quindi Dio non è il Creatore soltanto di certe cose, oppure è stato il Creatore
soltanto di certi momenti. No, se Dio è il Creatore è il Creatore di tutto.
***
N.B.:
Il testo, tratto da registrazione
non è stato riveduto dall'autore e mantiene lo stile
discorsivo.