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Incontri del Sabato (ciclo C)

condotti da Luigi Bracco

presso Casa di Preghiera

 

 

Gv XVIII,19: «Il sommo Sacerdote interrogò Gesù circa i suoi discepoli e il suo insegnamento»

 

presso Casa di Preghiera

 

 (25.09.1993)

 

                                                                                                                  Il sommo Sacerdote

 

Luigi: Cosa rappresenta personalmente per noi il sommo sacerdote?

Nino: Rappresenta un’autorità che dovrebbe essere la più vicina a Dio, però non è detto che lo sia.

Luigi: Ma in noi cosa può significare questa somma autorità?

Nino: La somma autorità in noi è soltanto il Pensiero di Dio, è solo Dio. Però noi possiamo avere altre autorità.

Luigi: Ma questa somma autorità che interroga Gesù?

Nino: La somma autorità che interroga Gesù è il il nostro pensiero, che è un pensiero non idoneo per interrogare Gesù; non può ottenere una risposta.

 

Franca: Il sommo sacerdote misurò Gesù, voleva misurarlo con il suo metro.

Luigi: E’ evidente. Sto chiedendo chi è in noi questo sommo Sacerdote che interroga, quindi che vuole misurare.

Franca: E’ il pensiero del nostro io a cui facciamo riferimento. Noi possiamo misurare dal punto di vista del nostro io o dal punto di vista di Dio. Interrogare vuol dire giudicarlo, misurarlo.

Luigi: No, interrogarlo non vuol dire ancora misurarlo. Qual è questa somma autorità in noi che interroga? E perché si interroga? Cosa vuol dire interrogare?

Franca: Interrogare vuol dire chiedere per sapere.

Luigi: Perché gli animali non interrogano? Perché la persona interroga?

Franca: Perché la persona ha bisogno di stabilire un rapporto. Misurare vuol dire stabilire un rapporto.

Luigi: Perché hai bisogno di stabilire un rapporto?

Franca: Perché la persona ha bisogno di sapere, ha bisogno di una giustificazione, sapere per giustificare le cose.

Luigi: Tu interroghi per giustificare la cosa. Ma quando dici di giustificare, come la giustifichi? Quando una cosa per te è giustificata?

Franca: Quando la vedo giustificata in un principio, perché la luce avviene sempre in un rapporto…

Luigi: Un principio, un punto fisso di riferimento. Allora qual è questa massima autorità che interroga?

Franca: E’ il pensiero dell’io?!

Luigi: No.

 

Sandra: Se ho Gesù che ho fatto imprigionare e l’ho legato e lo interrogo …è un rapporto.

Luigi: Sto chiedendo perché si interroga?

Sandra: Per sapere.

Luigi: E cosa vuole sapere questo sommo Sacerdote?

Sandra: Vuol sapere chi è Gesù.

Franca: Vuol giustificare Gesù.

Luigi: Abbiamo già visto che giustificare vuol dire rapportare. Rapportare vuol dire avere un punto fisso di riferimento. Qual è questo punto fisso di riferimento? Qui abbiamo il sommo Sacerdote, che è una somma autorità, che interroga, ha un punto fisso di riferimento. Qual è in noi questa somma autorità che ci fa interrogare per misurare?

        La persona umana interroga perché vuole ricondurre tutto all’unità. L’unità è il suo punto fisso di riferimento.

Noi non sopportiamo che ci siano diversità; essendo persone abbiamo bisogno di unificare. Quando tu vedi che c’è una cosa diversa dal tuo principio, sei costretto ad interrogare per scartare o per unificare, appunto perché hai la passione di unità, in quanto sei persona. Allora qual è in noi questa somma autorità che ci fa interrogare?

 

Delfina: Penso che sia un motivo di orgoglio: lui voleva trovare un motivo di condanna; non penso che volesse sapere.

Luigi: Voleva un motivo per poter condannare.

Delfina: Perché gli dava fastidio.

Luigi: Qui c’è una strana sentenza, uno strano processo, in cui si decide la condanna prima di avere dei motivi. Prima hanno deciso la condanna, poi vanno a cercare dei motivi per giustificare. Se siamo attenti ci accorgiamo che questo modo di fare avviene sempre nella nostra vita. Noi prima condanniamo e poi cerchiamo delle ragioni, dei motivi per giustificare.

 

Domenico: Una volta hai detto quando sant’Agostino chiede a suo figlio cosa vuol dire interrogare…

Luigi: No, chiedeva perché si interroga; e lui risponde: “si interroga per insegnare”.

Domenico: Il sommo Sacerdote è l’uomo quando è intriso di una certa religiosità, di uno schema religioso; allora rapporta tutte le novità a questo schema religioso.

Luigi: Qui abbiamo il sommo Sacerdote che vuole insegnare a Gesù. Se interroga vuol dire che vuole insegnare; allora cosa vuole insegnare?

Domenico: il Sacerdote gli dice: “tu che sei uomo ti fai Dio”.

Luigi: No, lui vuole insegnare.

Domenico: Gli vuole insegnare che deve sottostare alla volontà dell’autorità religiosa.

Luigi: Allora torniamo al principio: qual è questa somma autorità in noi che vuole insegnare?

Domenico: E’ l’autoritarismo.

Luigi: Siccome tutte le cose hanno un riferimento personale, ci deve essere anche in noi questa figura di questo sommo Sacerdote, di questa autorità.

Domenico: Lui vuole fare rientrare tutto quello che non entra, quindi condanna chi contraddice questo suo punto di vista personale.

 

Franco: Anche se uno è sacerdote porta la presenza di Dio in sé, in quanto uomo, quindi non può fare a meno di tentare di unificare per la passione di assoluto. Questa è l’autorità che vuol far sottostare tutto a-

Luigi: Certo.

Franco: E c’è il rischio di non unificare in Dio, ma in una regola. Si interroga per insegnare, però nella vera interrogazione si insegna all’altro che non si sa.

Luigi: Cioè, interrogando si insegna il proprio punto fisso di riferimento. Interrogando non vuoi fare altro che affermare il tuo punto fisso di riferimento, perché misuri su-.

Franco: Però la vera interrogazione insegni che hai bisogno

Luigi: Hai bisogno di unificare perché hai un punto fisso di riferimento in cui qualcosa non entra. Qui evidentemente Gesù non entrava in quel punto fisso di riferimento del sommo Sacerdote; non entrava, dava fastidio. Una cosa ti dà fastidio in quanto sei convinto di una cosa e poi invece trovi che…

Franco: C’è bisogno di assoluto.

Luigi: E’ la passione di assoluto che ti porta lì, però la passione di assoluto assume tante facce.

Franco: Quindi è questa l’autorità?

Luigi: Cos’è questa autorità in noi? La passione di assoluto si esprime in-; e in noi acquista una certa autorità, ha un certo volto. Cos’è?

Franco: Questa passione di assoluto, questa autorità può essere...

Luigi: Non è amore della verità, quindi non è intelligenza, perché se fosse intelligenza cercherebbe il punto fisso di riferimento. Qui invece impone. Allora cosa c’è in noi?

Franco: E’ il pensiero dell’io che si erge ad autorità. Ma c’è anche il Pensiero di Dio. In verità la vera autorità in noi è il Pensiero di Dio, se si è aperti.

Luigi: Sì, ma se si è aperti. Guarda se negli uomini la vera autorità è il Pensiero di Dio?! Evidentemente tra gli uomini la vera autorità non è il Pensiero di Dio. Allora qual è la vera autorità tra gli uomini?

 

Giovanna: Questo Gesù dà fastidio?

Luigi: Certo.

Giovanna: Quindi quello che in noi ci fa fare tutti gli sbagli e ci procura tutti i problemi è il Pensiero di Dio?

Luigi: Certo.

Giovanna: Una volta hai detto che tutti interroghiamo Dio, quindi o interroghiamo per sapere o per sottometterlo alle nostre autorità.

Luigi: Sì, perché dà fastidio. Due autorità dentro di noi non ci stanno, quindi una delle due va fatta fuori.

Giovanna: In noi c’è sempre una di queste due autorità: o Dio o l’io.

Luigi: E cos’è che noi mettiamo prima di tutto?

 

Silvana: Il sacerdote in noi è appunto il nostro prima di tutto, il nostro punto fisso di riferimento a cui tutto rapportiamo; se rientra lì bene, altrimenti dobbiamo farlo fuori.

Luigi: Giustificare?

Silvana: Sì, farlo fuori. Il sommo Sacerdote è il nostro interesse principale.

Luigi: Certo.

 

Pinuccia A: La massima autorità è quello che per noi è più importante.

Luigi: Certo. La cosa più importante per essere Dio è avere l’amore per la Verità al di sopra di tutto. Tra gli uomini non c’è l’amore per la Verità.

Pinuccia A: Non possiamo avere tanti punti di riferimento?

Luigi: No, oggi anche se tu fai tante cose, se vai a fondo ti accorgi che…

Pinuccia A: Rientra tutto in un punto solo.

Luigi: Sant’Agostino diceva che due amori hanno fatto due città: l’amore al nostro io ha costruito la città di satana e l’amore di Dio ha costruito la città di Dio.

 

Pinuccia A: Non possono coesistere.

Luigi: Non possono coesistere perché l’amore è unificante. Amare vuol dire unificare, sottomettere tutto a-, non si può sottomettere a due cose diverse.

 

Osvaldo: Il fatto che noi siamo costituiti dal “io sono” di Gesù, mettendoci in opposizione a Gesù, il sommo Sacerdote che è in noi…

Luigi: Perché ci mettiamo in opposizione? E cosa ci fa mettere in opposizione?

Osvaldo: Non riconoscere la Verità.

Luigi: E perché certi uomini riconoscono la Verità e certi altri no? Perché c’è questa difficoltà a riconoscere la Verità? Non dovrebbero essere tutti attratti dalla Verità?

Osvaldo: Perché diamo spazio alle cose del mondo. La porta è stretta e sottomettersi alla Verità costa.

 

Rita: Il principio è sempre quello: si diventa figli di ciò a cui si dedica il pensiero. Quindi o mi apro e mi dedico al Pensiero di Dio, e allora accetto tutto da Dio…

Luigi: Cioè sottometti tutto

Rita: Sì. L’amore è una scelta. O faccio questa scelta oppure ne faccio un’altra inevitabilmente.

Luigi: Il tempo è selettivo, ti costringe a scegliere.

Rita: Scegliere quello che ritengo più importante. Allora quello diventa per me il sommo Sacerdote.

Luigi: Ed è quello che ti fa poi ragionare, giudicare, osservare…

 

Pinuccia B.: Pensavo che ci sono due modi di interrogare. Dio fa tutto per farci interrogare. La funzione della parabola è quella di condurci ad interrogare; però noi possiamo prima eleggere la Verità, sottometterla e legarla: è assurdo.

Luigi: Interrogare vuol dire insegnare quello che per noi vale più di tutto. Chi interroga, lo fa perché ha già un suo punto fisso di riferimento; altrimenti non interrogherebbe.

Pinuccia B.: Quindi rivela il punto fisso di riferimento.

Luigi: Ha un suo punto fisso di riferimento e cerca di interrogare per unificare, per sottomettere; quindi sta insegnando il suo punto fisso di riferimento.

Pinuccia B.: Se il suo punto fisso di riferimento è Dio, naturalmente non lo interroga legandolo. Qui interrogare uno che è già legato è interrogare la Verità dopo averla legata e sottomessa; ed è proprio assurdo.

Luigi: Sì, ma è quello che facciamo tutti. No?!

Pinuccia B.: Magari vogliamo sapere.

Luigi: Quel voler sapere è una cosa che ti dà fastidio.

Pinuccia B.: Perché non possiamo farla rientrare nel nostro punto fisso di riferimento.

Luigi: Quando tu ti trovi con una cosa che non rientra, la devi odiare, non puoi farne a meno; perché l’odio, come l’amore, è una passione di unità. Quindi quando una cosa non rientra in quello che per te è prima di tutto, necessariamente devi odiare. Il mondo deve odiare chi mette prima di tutto Dio; non bisogna stupirsi, lo deve odiare, non può farne a meno. Sarebbe un assurdo se amasse.

Pinuccia B.: Perché non riesce a capire.

Luigi: Capire cosa vuol dire? Capire vuol dire fare entrare; non riesce a fare entrare, non c’è una ragione con cui lo possa fare entrare. Ecco per cui c’è l’odio del mondo verso Dio. Perché Dio è uno che non entra nel mondo. Se tu entri nel mondo, il mondo ti batte le mani.

Pinuccia B.: Quindi il sommo Sacerdote che interroga Gesù in noi è il nostro interesse principale, quello che per noi è un valore, il nostro punto fisso di riferimento.

 

 

interrogò Gesù

 

Nino: Tutti interroghiamo Gesù in qualche modo.

Luigi: Cosa vuol dire interrogare Gesù? Prima abbiamo visto cosa significa il sommo Sacerdote in noi personalmente. Adesso cerchiamo che cos’è Gesù in noi. Perché se questa somma autorità in noi interroga Gesù, vuol dire che Gesù è presente in noi. Dà fastidio, perché evidentemente non collima con la somma autorità, allora: cosa può significare Gesù interrogato dal sommo sacerdote?

Nino: Gesù interrogato dal sommo sacerdote è una persona che non entra nella concezione…

Luigi: Certo, se interroga è perché non entra.

Nino: Vedo quest’uomo che sta cercando qualcosa per arrivare a condannare Gesù, non riesco a vedere altro.

Luigi: Qui ci fa capire che in ognuno di noi c’è una somma autorità e c’è anche Gesù, perché se interroga vuol dire che c’è una realtà, e una realtà che contraddice la nostra somma autorità. Qual è questa realtà che contraddice, per cui interroghiamo per condannare?

 

Franca: Questo Gesù che io cerco di interrogare e che non riesco a fare entrare…

Luigi: Non che “non riesco”, non entra! Chi è questo Gesù che non entra? Chi è Gesù?

Franca: E’ il Pensiero di Dio.

Luigi: Allora questa realtà è il Pensiero di Dio?!

Franca: E’ il Pensiero di Dio in noi che vogliamo sottomettere alla nostra autorità e non riusciamo.

Luigi: C’è questo Pensiero di Dio in noi, è una realtà; non sappiamo cosa sia, ma c’è e non collima con il nostro interesse principale; e da lì scatta il giudizio, l’interrogazione.

Franca: Noi vogliamo misurare l’infinito con le nostre misure, però non riusciamo.

Luigi: L’infinito non entra, tu non puoi fare entrare il mare in un secchiello. Abbiamo due termini: o noi facciamo entrare la nostra somma autorità in Gesù o altrimenti dobbiamo far fuori Gesù, perché Gesù non entra nella nostra somma autorità, non può entrare.

Ritornando all’esempio del secchio: o tu butti il secchio nel mare o ti rendi impossibile fare entrare il mare nel secchio; quindi è impossibile. Se per te il secchio è più importante del mare, certamente cerchi di fare entrare il mare nel secchio, non puoi farne a meno. Il processo è unico: noi siamo un bisogno di unificazione.

Se per te la cosa più importante è il secchio, tu devi fare entrare il mare nel secchio. Se per te è più importante il mare, tu devi fare entrare il secchio nel mare. Tu sei una passione di unità, quindi devi unificare, non puoi farne a meno, a costo di renderti la vita insopportabile, impossibile (come te la renderesti impossibile se cercassi di fare entrare il mare nel secchio). Ma tu sei costretta ad unificare. Ad un certo punto per tenerti il secchio devi annullare il mare, devi dire che il mare non esiste; ma tu devi farlo entrare nel secchio, in qualche modo, con la menzogna, ma devi farlo entrare.

 

Domenico: Resta da vedere quando il sommo Sacerdote può interrogare Gesù. Se il sommo sacerdote è il nostro interesse principale…

Luigi: Interroghiamo sempre, perché Dio è uno che ci dà fastidio; per cui è un termine che non entra, e una cosa che non entra ci dà fastidio. Fintanto che non riusciamo a farlo fuori ci dà fastidio.

Domenico: Perché uno possa darmi fastidio bisogna che sia venuto da me a propormi un qualcosa.

Luigi: E’ dentro di te! Il Pensiero di Dio è dentro di te. La presenza in te di una persona è come la presenza di una persona nella stessa stanza; non hai bisogno che ti interroghi, ti dà fastidio.

Domenico: Bisogna che qualcuno mi faccia capire che siamo in due perché l’altro mi dia fastidio.

Luigi: Se nella stessa stanza siete in due, tu non puoi ignorare l’altro, in quanto c’è. Il Pensiero di Dio è già in noi, volenti o nolenti c’è. Tu puoi far finta di niente, però Quello c’è e ti dà fastidio. Fintanto che non lo unifichi, lo sottometti a te…; però Quello non si lascia sottomettere. Devi sottomettere tutto di te a Lui.

Tutta la vita tra marito e moglie è lì: uno dà fastidio all’altro e c’è uno che cerca di sottomettere l’altro a sé; e quando l’altro è sottomesso la cosa va benissimo. Oppure uno può sottomettersi all’altro; ma fintanto che non c’è l’unificazione, perché siamo passione di unità, l’altro dà fastidio.

 

Franco: Ci rivela che ci sono il sommo Sacerdote e Gesù, due persone; vuol dire che in noi, persone, create per conoscere Dio, c’è la presenza di un’altra persona.

Luigi: Ci sono due persone.

Franco: La presenza di Dio in noi: Persona. Il sommo sacerdote interroga per far sapere che ha un altro punto fisso di riferimento…

Luigi: Facciamo l’esempio di marito e moglie: la somma autorità è il marito. Primo tentativo: il marito tende a sottomettere la moglie, quindi interroga per cercare di fare unità, di sottometterla al suo punto fisso di riferimento. Secondo tentativo: la moglie tende a sottomettere. A meno che ci sia Dio come somma Autorità nell’uno e nell’altro. Questo sarebbe l’unico modo per poter unificare. Altrimenti non c’è possibilità di unificazione, nel modo più assoluto. L’altro non entra e non si può farlo entrare nel proprio punto fisso di riferimento, perché non essendo universale non si riesce.

Franco: Ma nell’ipotesi che l’uomo sia talmente aperto alla Verità di Dio, al Pensiero di Dio, quindi non interrogherebbe nemmeno perché non avrebbe bisogno di far sapere che lui ha un altro punto fisso di riferimento.

Luigi: Con Dio si unifica dialogando, c’è rispetto.

 

Giovanna: Noi siamo passione di unificazione. Perché non facciamo entrare il secchiello nel mare, ma vogliamo far entrare il mare nel secchiello?

Luigi: Perché il punto fisso di riferimento, il nostro interesse principale è il secchiello.

Giovanna: Ma perché tutti facciamo questo errore?

Luigi: Perché noi abbiamo un punto fisso di riferimento nostro. Tu tocchi una cosa e in quanto l’hai toccata la ritieni già tua, dici: “questo è mia”; se un altro te la porta via, dici che te l’ha rubata. Ogni cosa che tocchiamo viene macchiata da noi, dal pensiero del nostro io, “questo l’ho fatto io”. Il nostro io qualunque cosa guardi, tocchi e faccia, tende a metterci il sigillo del possesso: “è mio”.

Giovanna: Sembra quasi impossibile.

Luigi: Senza Dio è impossibile perché macchiamo tutto.

Giovanna: E’ Dio che ci dà questa possibilità di macchiare.

Luigi: Ci fa persone. In quanto persona tu non puoi farne a meno. Quando guardi una cosa per prima, è finita, l’hai guardata tu per prima, l’altro non ha più diritto di guardarla. E’ tutto impostato lì sopra: l’economia, tutti i lavori. Se non si riporta a Dio e si cerca il Pensiero di Dio, naturalmente scatta questo rapporto tra la cosa e il tuo io; per cui tu non puoi ignorare che in quella cosa ci hai messo le mani.

Giovanna: E’ sempre questo “naturalmente”.

Luigi: Naturalmente, perché Dio è soprannaturale, non lo vedi e tocchi; invece le cose tu le vedi e le tocchi. Se tu pianti un fiore e chi ti passa dietro lo pesta, tu ti senti offesa “naturalmente”. Tutte le cose del mondo tu le vedi e le tocchi, e in quanto le vedi e le tocchi, tu le leghi. Dio non lo vedi e non lo tocchi, ecco per cui il “naturalmente”. Per cui c’è una natura che va superata. Gesù parla di strada larga che conduce alla perdizione, per cui se vivi naturalmente, secondo i sentimenti, tu vai alla perdizione. Dio è trascendente, non è natura, quindi richiede il pensiero. Vivendo “naturalmente” tu vai a finire dove vai a finire.

Giovanna: Se il fiore lo riporto a Dio dico: “io calpesto i fiori che Dio ha piantato”.

Luigi: Sì, ma anche se tu pianti un fiore e l’altro ti calpesta il fiore, non ti offendi, e dici: “Signore perché mi hai mandato uno a rovinare quel fiore che tu mi hai fatto piantare?”, e cerchi il Pensiero di Dio che ti fa superare la cosa. Perché Dio ti ha fatto piantare il fiore e adesso ti rovina il fiore: “Signore perché?”. E abbiamo la questione di Giona che, ad un certo momento, interroga Dio: “Ma come? Prima mi fai crescere la pianta di ricino e poi dopo me la secchi, cosa stai facendo?”.

 

Pinuccia A: Se noi ci vediamo ai raggi x siamo brutti, perché vediamo uno scheletro, quindi…

Luigi: …non ci innamoreremmo di nessuno.

Pinuccia A: Però Dio non ci presenta lo scheletro, ci presenta l’aspetto esteriore, ci spalma di miele una creatura e poi ci dice che non è il caso.

Luigi: E’ lì la fregatura.

Pinuccia A: Ma perché ci deve far tribolare così? Ci dà una natura e poi dice di non vivere per la natura, ci presenta una cosa bella e ci dice di non attaccarci alla cosa bella; ma perché? Non dovrebbe farci amanti del bello.

Luigi: Dio ha fatto le cose belle, buone, vere. Il bello e il buono passano; conseguenza: vero prima di tutto. La Verità va messa al di sopra di tutto. Nel buono e nel bello c’è il pensiero del tuo io. Più ti allontani dalla Verità, man mano che ti allontani dalla Verità, più cresce il pensiero del tuo io. Soltanto nel pensiero della Verità il tuo io non entra; ma nella bontà e nella bellezza il tuo io entra eccome. Il bello piace, tu ti lasci guidare dal piacere, prova a ragionare sul piacere e poi vedi dove vai a finire.

Dio è vero, bello e buono; siccome Lui è così, tutte le sue opere sono vere, belle e buone. Siccome Lui solo è, Lui in tutte le sue opere non ha fatto che significare se stesso. Quindi Lui è verità, bellezza e bontà in tutte le sue opere. Ogni creatura, anche quella più brutta, se tu la osservi vedi che c’è qualcosa di bello e di buono, ma per poco che tu faccia prevalere la bellezza e la bontà, ti innamori di- e poi resti fregata. Bisogna mettere la Verità al di sopra per giustizia.

 

Domenico: Questa presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi viene scoperta come tale solo se noi dedichiamo pensiero.

Luigi: Senza pensiero non scopri niente. Dio non puoi ignorarlo, non puoi dimostrare che non c’è; puoi dubitare, ma non puoi dimostrare che non c’è. Anche il più grande degli atei non può dimostrare, il tormento è tutto lì. Quindi non puoi unificare.

Domenico: C’è questa Persona presente in noi, ma che è altro da noi.

Luigi: Basta il filo d’erba: non sei tu che lo fai, e chi lo fa?

 

Pinuccia B: Noi non possiamo evitare di interrogare colui che abita con noi, perché anche se noi lo trascuriamo, lo dimentichiamo, viviamo come se non ci fosse, subiamo gli effetti di questa Presenza. Tante volte hai detto che tutti i nostri problemi personali dipendono proprio da questa Presenza di Dio in noi di cui non riusciamo a prendere consapevolezza. Quindi tutti i problemi sono segno di questa Presenza trascurata; e noi subiamo questo. Sono questi stessi problemi che ci fanno interrogare, soltanto che corriamo il rischio (se non abbiamo Dio come punto fisso di riferimento, se il nostro sommo Sacerdote è altro), anziché cercare di capire questi problemi e dialogarli con Dio, di negare la verità. Cosa vuol dire interrogare Dio a quel punto? Vuol dire cercare di annullarlo e di giustificarci?!

Luigi: Teniamo presente che interrogare vuol dire insegnare, insegnare vuol dire affermare un proprio punto fisso di riferimento.

Pinuccia B: Anche su una realtà che tu subisci, proprio perché non puoi capirla, la leghi e vuoi farla fuori. Noi non possiamo evitare di interrogare Colui che è con noi o coscientemente o incoscientemente.

 

Franca: Noi abbiamo bisogno di farlo fuori questo Gesù, perché ci dà fastidio, non rientra.

Luigi: Se tu hai il tuo punto fisso di riferimento diverso da Dio devi farlo fuori, altrimenti no.

Franca: Però noi tutti abbiamo bisogno di passare attraverso l’esperienza dell’assenza, perché non siamo intelligenti. Gesù dice: E’ necessario che il Figlio dell’uomo se ne vada”.

Luigi: Lo uccidiamo, uccidiamo il Figlio di Dio.

 

 

circa i suoi discepoli ed il suo insegnamento

 

Nino: Lui ha già giudicato Gesù e ha già giudicato i discepoli. La sua è una curiosità ipocrita che nasconde proprio quel voler sottomettere al suo punto di vista.

Luigi: Lui andava a cercare delle ragioni per darsi ragione; lui voleva aver ragione e andava a cercare delle ragioni per poter aver ragione.

 

Franca: Questo sommo sacerdote in me, questo punto fisso di riferimento interroga Gesù, cioè interroga questo Pensiero di Dio, che è presente in me, riguardo ai discepoli e al suo insegnamento. Cosa vuol dire in me? Interrogo questo Pensiero di Dio riguardo a cosa?

Luigi: A tutto quello che dipende da Lui.

Franca: Ma tutto dipende da Lui. Non capisco cosa vuol dire dentro di me a livello personale.

Luigi: Prova a sposarti: il matrimonio è una scuola stupenda. Se Dio ha messo il matrimonio è perché serve molto alla maturità dell’anima, perché capisci cosa vuol dire interrogare l’altro circa tutte le cose che fa e che dice.

Franca: Allora capisco che…

Luigi: Vedi che serve il matrimonio.

Franca: Sì, a livello di segno, però poi dall’esterno devo entrare nell’interno.

 

Delfina: Questo sommo Sacerdote magari agiva male per il fatto della paura degli altri, del mondo, della sua posizione. Forse dentro di sé, chissà…

Luigi: Avevano già sentenziato che dovevano mandarlo a morte, avevano già deciso.

Delfina: Era il popolo più che loro.

Luigi: No, erano loro, il Sinedrio. Avevano deciso che dovevano mandarlo a morte, e adesso andavano a cercare delle ragioni per giustificare, davanti al popolo e davanti a Pilato, la loro decisione. La decisione era stata presa prima delle ragioni.

 

Franco: C’è un preconcetto.

Luigi: Noi prima abbiamo il preconcetto e poi andiamo a cercare delle ragioni per sostenere il nostro preconcetto; qui non c’è amore per la Verità.

Franco: Si vuole affermare il proprio punto di vista.

Luigi: Certo, per cui siamo disposti a falsificare tutto pur di darci ragione, lì nasce la menzogna.

 

Giovanna: E’ proprio questo bisogno di unità, perché potrei anche fregarmene degli altri, invece voglio che tutto rientri…

Luigi: Se tu ti sposi, puoi fregartene del marito? Voglio vederti…

Giovanna: Questo in tutte le cose. Se vedi uno che non fa le cose come vuoi tu, ti sembra che…

Luigi: E’ tutto lì il problema. Anche nelle piccolissime cose, se l’altro non fa le cose come vuoi tu, è finita. Soltanto con Dio tu riesci a comprendere e quindi a sopportare le diversità; ma senza Dio no.

Giovanna: Sopporti le diversità perché in Dio rientra tutto.

Luigi: Appunto! Addirittura ti giustifica le diversità.

 

Silvana: Quindi qui in noi c’è il Pensiero di Dio, e Dio ci fa arrivare una parola, ed è questa parola che ci mette in conflitto con il nostro punto fisso di riferimento.

Luigi: Ci sono le opere di questa Presenza che non coincidono con le nostre opere, e quindi ci danno fastidio.

Silvana: E’ questo che in qualche misura dobbiamo giustificare.

 

Pinuccia A: Quando cerco delle ragioni, dei motivi per giustificare il mio preconcetto, in fondo in fondo so che non sono nel vero, cioè me ne rendo conto; e anche se trovo delle ragioni, non sono abbastanza plausibili.

Luigi: Certo, però non le molli.

Pinuccia A.: Rimango sulla mia posizione.

Luigi: Tu stessa dici di aver torto marcio, ma non molli. Tolto Dio, c’è una forza dentro di noi che ci impedisce, è una forza terribile.

Pinuccia A.: Ma Dio ci ha dato questa forza perché noi la usassimo per Lui.

Luigi: Certo, c’è un legame enorme; se c’è un rapporto con la Verità diventa un legame immenso; tolta la Verità ti fa sbagliare tutto.

Osvaldo: Loro qui sanno benissimo che stanno barando, perché il nostro io o si giustifica in Dio, altrimenti… In questo caso loro cercano di sorreggersi a vicenda.

Luigi: Tu ti trovi con uno che ti dà fastidio, in fondo in fondo vuoi ucciderlo, farlo fuori, ti dà fastidio. Perché lo vuoi fare fuori? Perché ti dà fastidio, solo quello. Il problema è sempre quello. Ad esempio, se trovi una pietra sul sentiero che ti dà fastidio, la togli. In ogni campo cerchiamo sempre di togliere da attorno a noi quello che ci dà fastidio. Invece il problema con Dio è non togliere, non modificare la realtà anche se ci dà fastidio; il problema è comprendere. Con Dio c’è vita, senza Dio c’è morte.

Noi crediamo di riuscire a realizzare la nostra vita in quanto ci togliamo tutto ciò che è contrario a noi e non ci accorgiamo che togliendo quello che è contrario a noi ci suicidiamo. Il problema non è togliere, il problema è comprendere, soprattutto comprendere perché l’altro è contrario, perché ci dà fastidio; ma quello lo si può fare soltanto con Dio.

Osvaldo: Ma in questo caso chi decide della morte di Gesù è un gruppo di persone che cercava di giustificarsi dicendo che Gesù era un bestemmiatore e cose del genere.

Luigi: Profondamente perché dava fastidio.

Osvaldo: Ognuno di questi sacerdoti sapeva benissimo che stava barando.

Luigi: Però si giustificava dicendo: “io sono il sommo Sacerdote, sono l’autorità”. In guerra il disertore viene ucciso. E come lo si giustifica? Come un uomo giustifica di mandare a morte l’altro? Dicendo “l’altro ha disertato e io ho l’autorità”.

Osvaldo: Ma questa autorità non c’è ancora bisogno di farla derivare…

Luigi: Con Dio l’autorità è un servizio. Ma senza Dio l’autorità è un’imposizione e si giustifica con la propria autorità.

Osvaldo: L’autorità è un assurdo.

Luigi: Certo, l’autorità è solo Dio, è la Verità.

 

Alcuni pensieri conclusivi:

 

Sandra: Non siamo noi che interroghiamo Gesù, ma è Gesù che interroga noi.

Luigi: Certo, noi siamo interrogati da Lui: “Che prezzo mi fai? In che posto mi metti?”. Siamo tutti i giorni interrogati.

 

Silvana: Se si ha Dio come punto fisso di riferimento si è aperti all’infinito, altrimenti ci si chiude.

Luigi: Con Dio si è aperti all’infinito anche verso quello che contraddice, quello che dà fastidio, sempre; c’è quell’apertura. Mentre senza Verità quello che dà fastidio si tende a farlo fuori.

Pinuccia B: Bisogna lasciarsi interrogare dalla Verità.

 

 

***

 

N.B.: Il testo, tratto da registrazione

non è stato riveduto dall'autore e mantiene lo stile discorsivo.

 

 

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